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La rivoluzione russa del 1905 (seconda parte)

Scritto da Antonio Capotosto Il . Inserito in Port'Alba

rosso 1905

Momento iniziale delle rivoluzione russa del 1905 si può definire la strage del 9 gennaio, quando un corteo di lavoratori (guidato dal pope Gabon) diretto al Palazzo d’Inverno per presentare una petizione allo zar fu disperso a fucilate, con centinaia di morti e di feriti: fu la cosiddetta ‘Domenica rossa’. Seguirono grandi scioperi a Pietroburgo e altrove: vi parteciparono 400000 operai.

Seguì il 17 gennaio l’uccisione del granduca Sergio, a Mosca. Nei mesi successivi intervennero altre forze politiche, come il movimento degli ‘zemstvo’ e più ancora le associazioni professionali, che in un congresso a Mosca propugnarono la creazione di un’Assemblea Costituente. Pure a Mosca si riunirono (maggio) i delegati dei contadini che diedero vita a una “lega panrussa”, fortemente influenzata dai social-rivoluzionari. Ma forse nessuna delle forze rivoluzionarie poteva confrontarsi con quella operaia, che istituiva, tra l’ottobre e il dicembre, un Soviet che a Pietroburgo fungeva da Parlamento operaio e, sotto la guida di Trotzki e d’altri socialdemocratici, esercitava un vasto potere, subendo anche l’influenza dell’esule Lenin. Il 14 giugno si era ammutinato a Odessa l’equipaggio dell’incrociatore ‘Potemkin’; più tardi si ebbero altri ammutinamenti nei porti di Kronstadt e Sebastopoli. Ma anche l’esercito si mostrava inquieto e malcontento.

Nel disorientamento generale, il governo imperiale rimase quasi inerte: ci si attendeva una reazione energica, si assisté a una politica confusa e indecisa. Solo nell’ottobre Nicola II, preoccupato per le agitazioni polacche, lituane, ucraine, bielorusse e baltiche, accettava l’idea di un Parlamento (‘Duma’). Trionfava così la borghesia con le correnti liberali; le speranze delle masse lavoratrici si spegnevano. In ogni caso, l’autocrazia zarista aveva rivelato la sua assoluta incapacità di risolvere i problemi della Russia.