Indonesia: il nuovo codice penale attanaglia le libertà fondamentali
Il Parlamento indonesiano ha approvato in modo unanime il nuovo codice penale che entrerà in vigore tra tre anni, sostituendo il precedente in vigore da metà anni novanta. All’interno la nuova legislazione rappresenta la concretizzazione di quello che in questi anni è stata un campanello d’allarme, man mano risuonante sempre più forte alle orecchie della comunità internazionale.
La prima bozza del testo di legge su proposta nel settembre 2019, ma immediatamente ritirata a causa dei moti di protesta che si propagarono per tutto il paese. Le manovre conservatrici del governo non hanno però trovato un freno e oggi, il nuovo codice, nasce in seno ad uno dei paesi più popolosi al mondo, con una comunità a maggioranza islamica, che vantava una tolleranza nei confronti delle diversità ideologiche, negli anni venuta sempre meno a causa di un’applicazione più rigida e quindi meno critica della sharia; non a caso la nuova normativa ha caratteri spiccatamente repressivi, in particolare nei riguardi della comunità LGBTQ+ che già da tempo è assoggettata a trattamenti discriminatori: i matrimoni omosessuali sono illegali, come lo è in alcune aree l’omosessualità stessa e nel dicembre 2019 è stato introdotto un test obbligatorio per i professori stranieri atto a verificarne l’orientamento sessuale.
Il codice si applicherà sia ai cittadini che agli stranieri e comprende varie leggi di natura “morale”, che strizzano l’occhio – volendo realizzare un parallelismo su fatti di recentissima origine – alle imposizioni della ben nota polizia morale iraniana recentemente abolita; un sistema da thinkpol orwelliana che si riversa nella realtà: divieto categorico, con pena fino ad un anno di carcere, per le coppie non sposate di fare sesso e di vivere insieme senza il matrimonio e per chi commette adulterio, tre anni di carcere spetteranno invece a chi esprimerà opinioni contrarie al pensiero della Pancasila, l’ideologia su cui si fonda lo stato indonesiano. «Stiamo tornando indietro. Le leggi repressive avrebbero dovuto essere abolite, ma il disegno di legge dimostra che la nostra democrazia è indiscutibilmente in declino», così Usman Hamid, direttore di Amnesty International Indonesia.