Giacarta fa dietrofront: la legge sul sesso fuori dal matrimonio e i turisti
Come discusso dal precedente articolo sull’Indonesia, il Parlamento ha approvato un nuovo codice penale che, entrando in vigore tra tre anni, prepara il campo ad una slavina di politiche conservatrici e fortemente religiose, inclini ad una acritica applicazione della Pancasila e della sharia, senza introspezioni o raffronti col mondo.
In particolare, ciò che ha posto il discorso indonesiano sulla bocca della comunità internazionale, è certamente la legge che proibisce il sesso prima (o comunque al di fuori, quindi anche l’adulterio) del matrimonio, individuando il gesto come reato punibile col carcere, in particolare perché lo stesso principio, decisamente neutralizzato nel dialogo generalista, pareva non porre dubbi interpretativi: questa legge potrà applicarsi sia nei riguardi degli stranieri, dei turisti, dei cittadini, senza distinzione alcuna.
In merito a ciò sono ben presto intervenute le istituzioni indonesiane a chiarificare e – se così si può dire – minimizzare i rumors intorno alla manovra di prossima attuazione: la legge che criminalizza il sesso fuori dal contesto matrimoniale non può essere applicata nei riguardi di stranieri turisti, categoria che rappresenta eccezione ma anche regola in riferimento a tutti i restanti soggetti che invece rientrano nell’alveo di individui che devono rispettarla.
“Turisti stranieri venite in Indonesia perché non sarete accusati in base a questa legge”, così precisa Edward Omar Sharif Hiariej, viceministro per i diritti umani. Alla sua dichiarazione, segue anche quella di Wayan Koster, governatore di Bali, il quale ha specificato che questa legge non vuole avere ripercussioni sul turismo e infatti non saranno effettuati controlli da parte delle autorità locali sullo stato civile dei turisti stranieri, precisazione che ha il prezzo di milioni di persone che, invece, in quanto cittadine indonesiane, non subiranno il medesimo trattamento.