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Se i gay preferiscono Manzoni

Scritto da Mario Bianchi Il . Inserito in I Generi

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No, però che barba: mi dà noia il matrimonio normale, figuriamoci il resto. Preferisco la gioia che mi ha sempre procurato l’avere gli ormoni un po’ scombinati” ha detto Paolo Poli, l’ottantacinquenne attore fiorentino, in una recente intervista, in cui prosegue ricordando che “Un capolavoro come Madame Bovary comincia col matrimonio e finisce con il veleno. Bellissimo. È il contrario dei Promessi sposi”

Sembra dunque confermare l’immagine classica dell’amore omosessuale, un amore libero, senza regole, un amore non rinchiuso nella differenza sessuale.  Un amore disordinato allora? Chi sono io per giudicare. Ma il “disordine” non è un giudizio è un fatto, ditelo a me che ho sempre la mia roba sottosopra: voglio vivere così, disordinatamente.

Invece non è così per tutti i gay, molti preferiscono “I promessi sposi” di Manzoni.

E' del tutto evidente che ormai avanza sempre più e con forza, la richiesta di dare la possibilità alle persone dello stesso sesso di contrarre Matrimonio.

Non una mera richiesta di parità di diritti, che pure ha una sua ragione di essere, ma qualcosa di più. Se fosse solo una questione di diritti, basterebbe riconoscere a due persone dello stesso sesso le stesse prerogative che si vengono a costituire fra due persone che contraggono matrimonio, e cioè reversibilità della pensione, subentro nella locazione, diritto ad assistere il coniuge malato etc etc. Cosa c’è in più in questa richiesta?

Proviamo a leggere il nostro codice civile per capire di cosa stiamo parlando, quando diciamo matrimonio. L'art 143 nominato: Diritti e doveri reciproci dei coniugi. Così recita:

“Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.

Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia”.

Se questa è la legislazione in atto e se questa è la tipologia d’istituto cui si vuole accedere, mi sembra del tutto evidente che questa richiesta scaturisca dall’adesione alla visione e ai valori propri del vincolo matrimoniale, cioè: l’obbligo reciproco alla Fedeltà, e alla costruzione di un legame duraturo.

Se due persone dello stesso sesso preferiscono Manzoni a Flaubert perché impedirlo?

Siano le benvenute.

Tuttavia questo legame va costruito nella consapevolezza che c’è una differenza, quella biologica che non permette a due persone dello stesso sesso di generare figli, se non si utilizzino le pratiche e le tecniche oggi a disposizioni, fecondazione in vitro, madri surrogate, e quant'altro. 

Si tratta in questo caso di travalicare un limite biologico, e di coinvolgere non solo due persone ma una terza: il figlio. Il punto è in questo limite che deve essere ben chiaro e condiviso, così da arrivare a introdurre un istituto diverso da quello del matrimonio.

Alla diversità dei legami deve corrispondere una diversità d’istituti. Spesso ci viene ricordato che nella civiltà romana l’amore omosessuale era non solo consentito ma apprezzato. Dimenticando però che il Matrimonium è nato con il diritto romano. Sylviane Agacinnski, la filosofa femminista francese, scrive: ”La parola francese matrimonio segue la traccia del latino matrimonium, che ha per fine il rendere una donna madre (mater) ”. E aggiunge: ”Non è la sessualità degli individui che ha fondato il matrimonio o la parentalità, ma il sesso, cioè la distinzione antropologica degli uomini e delle donne”.