La “street art” entra al PAN di Napoli con #OBEY di Shepard Fairey
Ultimi giorni per poter ammirare le opere dello statunitense Shepard Fairey, meglio conosciuto come Obey, uno dei maggiori esponenti della street art, in mostra al PAN (Palazzo delle Arti Napoli, via dei Mille 60) fino al 28 febbraio 2015. Dopo il successo della personale di Andy Warhol (recensita dalla nostra testata lo scorso 18 aprile 2014), con oltre 45.000 visitatori in soli tre mesi (aprile-luglio 2014), il museo partenopeo continua dunque il suo percorso di esplorazione dell’arte contemporanea attraverso l’opera di artisti considerati “di rottura”.
Infatti, volendo tracciare una liaison ideale, Warhol rappresenta il padre di tante tendenze artistiche oggi presenti, una su tutte l’arte cosiddetta “di strada”, che vede il suo maggiore esponente nel britannico Bansky. Tuttavia, se quest’ultimo ha sempre rifiutato di far delle sue iconoclaste immagini (dipinte abusivamente su proprietà altrui, il che lo ha portato ad essere uno dei maggiori ricercati dalla polizia inglese) un prodotto commerciale, Obey ha fatto della riproducibilità della propria arte un fattore chiave. Non a caso, deve la sua fama in buona parte all’immagine stilizzata in quadricromia di Barack Obama sovrapposta ai termini Hope (speranza), Change (cambiamento), Progress (progresso), divenuta simbolo della campagna elettorale del futuro presidente degli Stati Uniti d’America nel 2008. Con questo ritratto, definito dal critico d’arte del New Yorker, Peter Schjeldahl, “la più efficace illustrazione politica americana dai tempi dello Zio Sam”, Obey ha dato vita a un’icona pop contemporanea così come Andy Warhol aveva fatto con Marilyn Monroe, Mao, la Campbell’s soup e altro ancora.
La mostra ricostruisce il percorso artistico di Shepard Fairey (15 febbraio 1970), diplomatosi nel 1988 all’Accademia d’Arte di Idyllwild (California) e laureatosi nel 1992 alla Scuola di Design di Rhode Island, fucina di talenti come il designer Karim Rashid (autore della psichedelica Stazione dell’Arte Università della Linea 1 del metrò), il regista Gus Van Sant, il regista e sceneggiatore Seth MacFarlane, l’attore James Franco. In quest’ambiente stimolante e multiculturale, Obey nel 1989 elabora la campagna André the Giant has a Posse, ricoprendo i muri di Providence, capitale del Rhode Island, di adesivi raffiguranti il viso stilizzato di André The Giant, lottatore di wrestler francese attivo in quegli anni. La campagna ebbe un grande successo negli ambienti della sottocultura hip-hop e skate, diffondendosi rapidamente nel resto degli USA e poi nel mondo.
Se gli adesivi con il viso di André non avevano, come affermato dallo stesso Obey, un senso specifico se non quello di far interrogare su cosa fossero coloro che li guardavano, il lavoro di Shepard non è però privo di significati e di impegno, come spiega nel suo manifesto artistico del 1990 che si rifà alla fenomenologia di Heidegger. Prova di ciò è la campagna contro la guerra in Iraq del Presidente Bush, realizzata nel 2004 assieme agli street artists Robbie Conal e Mear One. Un percorso di antagonismo politico che troverà la sua massima espressione nei già citati poster Hope, creati per supportare la corsa alla Casa Bianca di Barack Obama nel 2008, e diventati immediatamente famosissimi in tutto il mondo. Il viso stilizzato del futuro Presidente, diviso fra il blu (colore distintivo del Partito Democratico negli USA) ed un rosso acceso, rappresenta un potente messaggio iconico di speranza e cambiamento, in contrasto con il grigiore guerrafondaio dell’uscente repubblicano Bush. Un concetto che verrà graficamente ripreso anche dal Time, che sceglierà proprio Obey per disegnare la copertina del numero che indicherà lo stesso Obama come persona dell’anno 2008. Dopo pochi mesi, la U.S. National Portrait Gallery di Washington acquisterà Hope come pezzo permanente della propria collezione.
L’esposizione al PAN, curata da Massimo Sgroi ed organizzata in collaborazione con l’associazione culturale Password Onlus e con l'Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, presenta per la prima volta in uno spazio museale italiano 60 opere di Shepard Fairey, senza però limitarsi al panorama statunitense. Infatti, vi troviamo anche la serie realizzata per la città di Venezia, Capitol hill, una monumentale tela, finora mai esposta, a cui si affiancano lavori provenienti da collezioni private.
Scopo della rassegna è dunque il consentire al visitatore di confrontarsi su tematiche sociali sempre attuali, come la guerra, la repressione, la propaganda, il razzismo, la difesa dell’ambiente e il rapporto con la musica e le icone del nostro secolo. Il fine per Obey è infatti di stimolare il fruitore a giungere a una propria interpretazione e riflettere sul senso di ciò che vede, in“un dialogo costante con l’osservatore; ciò che faccio è inviare uno stimolo e rispondere con un nuovo stimolo in base alla reazione ricevuta”.
Per maggiori informazioni:
- Sito tematico mostra #OBEY
- Pagina del sito dell’ufficio stampa CLP dedicata alla mostra
- Pagina del sito del Comune di Napoli dedicata al PAN
- Sito Password Onlus