Oltre la verità
L’Oxford English dictionary ha proclamato il termine ‘post-truth’ ( post-verità) parola del 2016. A seguito della vittoria del Leave nel referendum britannico sulla permanenza nell’UE; dopo la clamorosa vittoria di Donald Trump, nelle presidenziali USA, durante il discorso di dimissioni di Matteo Renzi, il 4 dicembre, anche gli ascoltatori e i lettori più disattenti hanno risentito l’eco polemico della post- verità, additata come catalizzatore dell’ondata populista. Ma concretamente cosa significa?
Il termine è stato coniato, da diversi politologi ed esperti di comunicazione, per descrivere la manipolazione e diffusione di notizie e dichiarazioni, che non rispecchiano correttamente la realtà dei fatti, ma ne forniscono una visione fittizia seppur verosimilmente credibile.
Già, perché sarebbe facile ridurre una bufala del web o una dichiarazione mendace del politico di turno, a bugia. Ad una attenta analisi si nota che il motivo per cui determinate notizie, palesemente false, riescano a colpire l’opinione pubblica più della verità in sé, non sia la falsità della notizia, quanto il contesto verosimile in cui essa è incanalata.
Seguiamo un esempio molto semplice, secondo un protocollo di sicurezza acclarato, le massime cariche dello Stato devono viaggiare su aerei di Stato riservati esclusivamente ai loro spostamenti. Quindi il rifacimento o l’acquisizione di tali strutture risultano normali procedure di legge. Ora se un sito web a caso, per esempio Tze Tze, scrivesse: +++“Gentiloni compra aerei personali rubando i soldi ai contribuenti”+++ avremmo una notizia che parte da uno spunto reale, cioè l’acquisto (che effettivamente si è realizzato) e giunge a manipolarne le cause ritenendo tale azione un deliberato uso improprio di fondi pubblici, con la conclusione che il soggetto in questione ha commesso un illecito.
Dunque si è creata una notizia che non è semplicemente una bugia, bensì una diversa realtà dei fatti, costruita appositamente sul luogo comune che i politici rubino e che tale atto di fatto ne sia la prova. Ovviamente i lettori con spirito critico e razionale andranno a ricercare il riscontro della notizia con i fatti, analizzando la fonte e informandosi su svariati e diversi fronti di informazione, capendo che si tratta di una bufala ma ci sarà una parte di utenti che invece reputerà come vera tale notizia proprio perché vicina alle loro idee e credenze, che in questo modo saranno confermate.
Dunque, riprendendo la giornalista britannica Laurie Penny, è un errore proprio delle persone intelligenti presumere che un fatto acclarato, possa sconfiggere una facile e rassicurante bugia.
Infatti il tratto distintivo delle cosiddette “ bufale”, che diventano virali grazie alla capacità di diffusione pervasiva del web, è loro capacità di andare incontro alle emozioni e credenze personali degli utenti che in alcuni casi vogliono sentirsi dire ciò che pensano, non ciò che è reale.
Va da sé, che una tale manipolazione informativa diventa terreno di coltura di tesi populiste, anti establishment e in molti casi complottiste, come scie chimiche e teorie antiscientifiche contro i vaccini.
Sarebbe dunque diventato necessario, porre un freno ai danni causati da una tale proliferazione di idiozia conclamata, che in ogni caso influenza anche gli esiti elettorali di un paese. Nel totale rispetto della libertà di informazione e pensiero, notizie chiaramente diffamatorie necessitano di essere controllate e cassate da organi imparziali di garanzia, simili agli istituti in vigore per i tradizionali mass media.
Nigel Farage, leader dei conservatori, a favore della Brexit, soleva ripetere durante la campagna referendaria, che la Gran Bretagna avrebbe risparmiato 350 000 sterline a settimana, con l’uscita dall’Unione Europea,
tale cifra ovviamente era falsa e fu smentita anche dai tradizionali organi di stampa come BBC e News Channel, ma in ogni caso ebbe una forte presa sull’elettorato, contribuendo all’esito che oggi conosciamo. Durante un’intervista seguente la Brexit, fu chiesto a Farage dove prendere i famosi soldi di cui parlava, per investirli in sanità e istruzione, come da lui promesso, la risposta fu secca: “ il mio era solo uno spot elettorale, non è proprio così”. Dopo i confronti televisivi tra Trump e la Clinton, il famoso fact checking, cioè il controllo della veridicità delle argomentazioni usate nel dibattito politico, dimostrò che nell’80% dei casi Trump aveva affermato il falso. Purtroppo anche in America conosciamo gli esiti.
In conclusione in un’epoca in cui la diffusione mediatica è istantanea e globale, distorcere la realtà diventa un potente strumento politico, in grado di influenzare pesantemente l’opinione pubblica e capace di consegnare il potere politico oltre che economico, nelle mani di chi ne è capace e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.