"Namibia, viaggio nella memoria primordiale": mostra fotografica di Marco Menduni
Sabato 1 aprile 2017 si è tenuta l'inaugurazione della mostra fotografica di Marco Menduni dal titolo "Namibia, viaggio nella memoria primordiale" presso la sala Loft del PAN, Palazzo delle Arti di Napoli, in via dei Mille 60, in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura e Turismo del Comune di Napoli.
Gli scatti dal mondo raccontano in particolare, con approccio antropologico, uno dei Paesi africani più interessanti dal punto di vista naturalistico, faunistico e, come già evidenziato, etnologico, grazie alle numerose ed interessanti popolazioni autoctone: la Namibia. La Namibia, terra di forti contrasti, è infatti un luogo in cui la natura presenta il suo aspetto più estremo, in cui vivere esperienze ancestrali.
Luca Sorbo, docente di Storia e Archiviazione fotografica all'Accademia di belle Arti di Napoli, nonché presso la Scuola di Cinema e Fotografia Pigrecoemme, è il curatore della personale di Marco Menduni: "Quello di Marco Menduni è uno sguardo delicato e sensibile, profondamente indagatore, alla continua ricerca di istanti autentici. Non è fotografo di mestiere - spiega Sorbo -, ma la fotografia è diventata per lui una sua seconda pelle, un modo per vivere e condividere le proprie emozioni da semplice fotoamatore. Ha vissuto questo suo bisogno interiore a Calcutta in India, nelle regioni Himalayane del Tibet e del Ladakh, nel Centro America, in alcuni paesi del Maghreb e in molti altri luoghi in cui si è recato. Ha cercato questa esigenza fotografica ovviamente anche a Napoli, la sua città, esplorando le periferie e la vita degli immigrati, e giungendo a una ricerca visiva che è stata presentata già alla Sala Carlo V del Maschio Angioino.
L’Africa era una meta necessaria per proseguire questo percorso, un viaggio nello spazio, ma soprattutto un viaggio nel nostro passato più remoto, alla scoperta di una dimensione umana che la società tecnologica ha travolto. Fotografare è un’esperienza fisica, un confrontarsi con il mondo attraverso la mediazione della fotocamera e le immagini non sono altro che la traccia di questo incontro\scontro.”
L’attraversare il deserto del Namibia, uno dei più antichi del pianeta con le sue dune rosse, da cui prende il nome il paese, ha obbligato il fotografo e perdere i riferimenti estetici a cui era abituato e da questa epifania visiva sono nati alcuni del pregevoli paesaggi in mostra.
La Namibia ci fa scoprire gli elementi essenziali del mondo: il tramonto, il cielo stellato, il deserto, il mare. Annulla il rumore di troppe cose inutili che riempiono la nostra vita quotidiana e ci obbligano ad una vita di apparenze. Vivere il freddo, il caldo, il contatto con gli animali è un modo per interrogare le parti più profonde del nostro essere, per riscoprire la forza della nostra umanità. Il fotografo racconta di come tutti sorridano in Africa, in contrasto con le nostre città super organizzate piene di tensioni e insoddisfazioni, ma forse prive di senso umano.
Lo spettatore si perde nei colori intensi della Death Valley, tra gli animali della Riserva Naturale di Etosha, nell’incredibile Skeleton Coast Park, nei visi degli uomini e delle donne e in qualche modo anche noi scopriamo un nostro bisogno di viaggio interiore. Forse è questo il mal d’Africa, di cui tanto si parla: questo bisogno di autenticità, senza troppe mediazioni, questo bisogno di sentire la vita sulla pelle, senza troppe protezioni.
Attraverso queste esperienze il fotografo ritrova poi nuovi occhi per raccontare la sua città che riesce ancora a resistere all’omologazione crescente e che ha ancora bisogno di essere raccontata nelle sue tante contraddizioni e verità.
La mostra, che sarà visitabile fino al 19 aprile 2017, gode del patrocinio morale dell'AMREF (African Medical and Research Foundation), la più grande organizzazione sanitaria no profit presente attualmente in Africa.