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Napoli: la settimana nera della sanità

Scritto da Marcello D'Ambrosio Il . Inserito in A gamba tesa

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Affrontare il tema della sanità in Campania è compito arduo per chi fa informazione. Nella nostra regione il settore sembra affetto da una patologia cronica che non conosce colore politico né per il quale sembra esservi una cura miracolosa. Una ipotesi verosimile, per quanto dolorosa da accettare per cittadini e addetti, è che si tratti di un fenomeno sistemico ed endogeno che rende ogni tentativo di estirparne le radici impossibile.

In questa fase ci sta provando il governatore Vincenzo De Luca il quale sta verificando di persona gli ostacoli, a volte insormontabili, che si incontrano quotidianamente o, se tali li si vuole considerare, che provengono direttamente dal Governo. Nel primo caso ci si trova, purtroppo non di rado, di fronte a quelli che vengono “archiviati” sotto la voce malasanità: errori medici, a volte eclatanti, che pur rappresentando un fenomeno fisiologico proprio del settore e statisticamente nella norma, anche confrontato con altre regioni d’Italia, spesso per l’enfasi che i media utilizzano nel presentarli a lettori, spettatori o fruitori di qualunque altro mezzo di comunicazione, internet su tutti, contribuiscono a generare allarmismo nell’opinione pubblica e rassegnazione e sfiducia da parte dei cittadini verso strutture pubbliche, procedure e addetti e la loro efficienza ed efficacia. A ciò va a sommarsi una serie di indagini e inchieste senza soluzione di continuità che riguardano aspetti economici: il comparto della sanità pubblica, di competenza della regione Campania, è il primo per risorse finanziarie impegnate, seguito dai trasporti pubblici con uno scarto enorme. E anche sotto questo aspetto è inevitabile, tralasciando facili tentazioni di contestualizzarli sotto l’aspetto geografico, storico e culturale della nostra terra, da cui però nemmeno si può prescindere, che non vi siano enormi interessi e pressioni “esterne” ed “interne” su queste colossali somme di denaro pubblico immesse nel sistema economico attraverso investimenti in ricerca, realizzazione di nuove strutture, macchinari spesso da costi esorbitanti o spese ordinarie come forniture di ogni genere, manutenzione di strutture già esistenti, meccanismi legati a proliferazione di strutture organizzative come ad esempio la clonazione di reparti in alcuni casi finalizzata semplicemente a incrementare e distribuire posizioni e incarichi, nella maggior parte dei casi apicali, spesso con remunerazioni elevatissime e ancora criteri di premialità in termini di bonus (nei casi più comuni sotto forma di straordinari, consulenze o progetti) rispetto alle retribuzioni ordinarie che, dati alla mano, sono in grado di scatenare la “creatività” di personale medico e paramedico pur di accedervi. Inchieste recenti e meno recenti confermano in pieno questo quadro.

Infine ci sono i numeri, impietosi nella loro crudezza, che forniscono dati su bilanci e qualità delle prestazioni sanitarie. Una premessa del genere è doverosa prima di arrivare all’attualità e ai fatti che stanno investendo il mondo della sanità campana e napoletana. E restringendo il campo solo all’ultima settimana ecco un elenco di ciò che accade a cadenza quasi costante a Napoli e in Campania. 12 aprile: ASL Napoli 1 (l’ASL più grande d’Europa, 1 milioni di assistiti, seimila dipendenti, 1 miliardo e mezzo di euro di spese previste solo per il 2017, oltre 890 milioni di euro solo per l’acquisto di servizi sanitari), i finanzieri del nucleo di polizia tributaria acquisiscono documenti di numerosi appalti tra il 2012 e il 2017. Quattro persone indagate per turbativa d’asta: Loredana Di Vico, dirigente settore acquisto beni e servizi dell’Asl; il suo compagno Vincenzo

Dell’Accio e due suoi fratelli. Secondo l’accusa Dell’Accio gestisce più società fornitrici di apparecchiature elettromedicali e la sua compagna, la Di Vico, aggirando il codice degli appalti faceva in modo che quelle società fornissero in esclusiva le apparecchiature elettromedicali facendole pagare all’ASL il 300% del loro valore di mercato per una differenza di almeno due milioni di euro solo negli ultimi tre anni. Tra i prodotti acquistati a prezzi maggiorati figurano fibroscopi, radio bisturi, autoclavi a gas plasma. Le stesse società tra l’altro già quattro anni fa erano state coinvolte in un’altra inchiesta legata al doppio pagamento di forniture di siringhe, apparati per la rilevazione della pressione sanguigna e altri strumenti elettromedicali per diversi milioni di euro attraverso l’escamotage del factoring (la cessione di credito ad altre società). Nello stesso giorno i militari si sono presentati anche negli uffici dell’ASL di Caserta sulla base del sospetto che un meccanismo simile sia stato messo in atto anche nell’Azienda Sanitaria casertana. 15 aprile: ospedale Cardarelli, attraverso un’inchiesta interna attivata dalla segnalazione di una paziente alla quale sarebbe stata richiesta una prestazione post operatoria a pagamento all’interno della struttura (tra l’altro scontata di 10 euro per non aver emesso fattura…) vengono scoperti decine di referti radiologici contraffatti richiesti dallo stesso ortopedico che aveva effettuato la visita alla paziente. Secondo la struttura che ha condotto l’inchiesta è ipotizzabile che la produzione dei referti contraffatti possa aver causato un grosso danno economico all’azienda ospedaliera e a compagnie assicuratrici in quanto finalizzati a risarcimenti per falsi incidenti. Sempre al Cardarelli di recente 90 dipendenti coinvolti nello “scandalo” del cartellino. Domenica 16 aprile: sempre al Cardarelli scoperte cinquecentomila analisi di laboratorio svolte per pazienti inesistenti che risultavano, tramite un artificio contabile, in attesa di esami. Sempre da un’inchiesta interna, questa possibile truffa sarebbe stata messo in atto a partire dal 2016 e realizzata, come detto, attraverso un artificio informatico che caricava nel sistema dati di pazienti inesistenti e con la consegna di borsoni pieni di provette di sangue da esaminare. Secondo il gruppo che coordina l’inchiesta, il danno fino ad ora stimato, se tutto dovesse essere verificato, ammonterebbe a svariate centinaia di migliaia di euro. 18 aprile: pur non trattandosi di frodi ai danni di strutture sanitarie pubbliche, arriva l’intimazione del ministro alla Salute Beatrice Lorenzin ai medici campani su un aspetto etico della loro professione: “Basta ai selfie nelle sale operatorie”. Con una circolare alla Federazione nazionale degli Ordini de Medici, alle Federazioni dei collegi Ipasvi (infermieri), delle Ostetriche e dei Tecnici sanitari di radiologia medica, li si sollecita a intervenire al fine di “regolare” questa crescente “moda”.

Quello sanitario è un ambito delicato – si legge nella circolare – in cui simili comportamenti offendono i malati e compromettono l’immagine degli stessi sanitari. La maggior parte dei casi elencati hanno inizio, stando allo stato attuale delle indagini, in un periodo che può essere compreso tra il 2013 e il 2016. Il Cardarelli, oggi retto dal direttore generale Ciro Verdoliva, attraverso le inchieste interne e altre misure messe in campo sembra, nonostante i fatti già consumati, aver avviato una decisa marcia contro tutte le potenziali irregolarità, a tutti i livelli, all’interno della struttura. Così come è innegabile che il presidente De Luca si stia muovendo nella stessa direzione con misure strutturali da parte della Regione. In entrambi i casi sarà il tempo a fornirci i risultati della loro attività. Di certo è che il governatore campano ha ottenuto un risultato storico, ottenendo l’eliminazione del criterio anagrafico (che premiava le popolazioni più “anziane”) dal riparto dei fondi per la sanità erogati dal Governo alle regioni che penalizzava principalmente la Campania, che ha una popolazione molto giovane con un’età media molto bassa rispetto alle altre regioni. Per i cittadini campani questo si traduce in un aumento della spesa sanitaria pro capite che può garantire migliori servizi e prestazioni.