Il 28 maggio 2017 sono diventato grande: Francesco Totti si è ritirato
“Quando un bambino prende a calci qualcosa per strada, lì rincomincia la storia del calcio”. Quanti ragazzi della mia generazione (fine anni 80’ inizio anni 90’) hanno ridato senso alla storia del calcio, come ci insegna Jorge Luis Borges? Più o meno tutti. E mentre noi prendevamo a calci un barattolo, una scatola o un pallone di spugna, Francesco Totti muoveva i primi passi sul rettangolo verde, per diventarne poi un Dio dell’olimpo calcistico.
Il ritiro di Francesco Totti sancisce, per le “mie generazioni” il definitivo, amaro e consapevole passaggio nell’età adulta. Il rito pagano che si è consumato domenica 28 maggio all’Olimpico di Roma, quando 90mila spettatori hanno pianto tutti insieme in un’atmosfera surreale e densa di significato il loro mito che diceva addio, segna l’abbandono definitivo della nostra adolescenza e post-adolescenza per entrare a piedi uniti in un nuovo momento della vita: siamo grandi ragazzi. Quasi dei “giovani vecchi”.
Perché Totti ha iniziato la sua carrierA mentre noi iniziavamo a capire. Avevamo più o meno 3 anni. Perché Totti era uno dei talenti emergenti del calcio mondiale, quando noi abbiamo iniziato a prendere a piedate il pallone con consapevolezza. Più o meno ad 8 anni. Perché Totti era il calciatore più forte d’Italia (ricordiamo il tacco ed il cucchiaio ad euro 2000, lo scudetto storico con la Roma) quando su campi spesso in terra battuta (forse gli ultmi) insieme ad altri 20 compagni ogni domenica mattina sognavamo la Champions, un posto fra i grandi del calcio. Avevamo più o meno 11-13 anni.
Perché Totti era diventato linguaggio comune. “Me gli faccio er chucchiaio”, le pubblicità della Nike, le barzellette, il pollice verso, il “ne prendi 4 e vai a casa”…
Totti era la bandiera di una squadra che non vinceva, ma vantava il giocatore più forte d’Italia. Avremmo avuto più o meno 14-16 anni. Totti era la stella infortunata di una nazionale poco in forma che poi ha vinto i mondiali. Era il 2006, avevamo 17 anni. Totti era “quello stronzo” che gioca contro il Napoli, ma meno stronzo degli altri. Totti era il burino che della sua “burinità” ha fatto un vanto, una virtù. Totti era il miracolo del giocatore anziano che fa la differenza, che inventa e si reinventa in ogni partita. Avremmo avuto più o meno fra i 20 e i 26 anni.
Totti era quel calciatore che faceva ridere anche da fermo. Il giocatore più vecchio a far gol in Champions. Totti era Totti. Il simbolo di una calcio che forse non c’è più, o che forse non smetterà mai di esserci. Totti era ed è Totti, ed ha accompagnato tutta la nostra vita, da campione avversario, nei sogni e nelle speranze di un bambino che desidera la vita da calciatore e si immagina in serie A. Totti è stato, arrivata la disillusione della nostra “non carriera”, l’immagine che balenava avanti agli occhi quando facevamo un bel gol a calcetto con gli amici in sovrappeso.
Il 28 maggio Francesco Totti si è ritirato dal calcio vero, e noi abbiamo preso atto che si chiude un capitolo di vita: perché cazzo, Totti si è ritirato. Lui ha detto addio al calcio vero, noi abbandoniamo l’età più bella di sempre. Ma lui continua a dar emozionare, noi semplicemente sapremo sognare ancora.
27 anni di vita, 25 anni di Totti.