Dalla Libera: "Ruggiero è un folle dal cuore grande"
Lunga chiacchierata col responsabile del settore giovanile del Cuore Napoli Basket Giovanni “Joe” Dalla Libera. Analizzando la sua carriera, il suo carattere, il suo modo di vedere il basket e di lavorare con i giovani. Parole di lode nei confronti del patron Ciro Ruggiero e dell’ex DS Pino Corvo e il commento positivo sulla cavalcata del Cuore Napoli Basket culminata con la promozione in A2.
Per la sezione BASKET della rubrica “Il Pallonetto” oggi abbiamo la fortuna di ospitare un grande uomo, un grande giocatore e oggi un grande allenatore come Giovanni “Joe” Dalla Libera.
Dagli esordi col Basket Mestre, passando poi agli anni di Napoli; le parentesi di Pozzuoli, Forlì e Avellino e Scafati. Dove credi di aver fatto meglio e dove pensi di aver lasciato il cuore?
“Io in realtà ho iniziato in provincia di Treviso, in serie B a 15 anni. Il mio presidente di allora non volle cedermi alla Benetton Treviso e trovò in Mestre miei estimatori. All’epoca avevo qualità fisiche più che tecniche, che avevano colpito Mestre. Un forte gemellaggio tra Mestre e Napoli ha fatto sì che mi trasferissi nel capoluogo campano poco più che 19enne. A Napoli il primo anno è stato di transizione, con molte difficoltà strutturali (il primo allenamento l’ho fatto al PalaErrico) presenti già allora. Il secondo anno è stato buono, ricordo un buon playout chiuso con 16 punti di media. A Napoli hanno avuto la pazienza e la voglia di credere in me e questo mi ha aiutato molto. Venne poi un periodo in cui tutti i miei compagni se ne andarono, ma il presidente De Piano si intestardì con me dicendo che dovevo essere la bandiera di Napoli. Io a Napoli stavo benissimo, però ci rimasi male perché vedevo tutti i miei compagni avere l’opportunità di andar via tranne me, nonostante importanti richieste soprattutto da Pesaro e Treviso. Questo mi ha fortificato molto, la gente mi vedeva come una vera bandiera, sono molto felice di questo. I 3 anni a Pozzuoli sono stati bellissimi. La squadra mi aveva affascinato per la sua aggregazione e per il gruppo coeso che si era creato tra i ragazzi, il presidente Lubrano è una persona di poche parole e tanti fatti, come credo di essere io; questo ha fatto sì che mi trovassi molto bene. A Forlì fu un anno molto intenso che mi ha fatto capire cosa significa sostenere allenamenti massacranti. Grazie a Sergio Mastroianni ho avuto la possibilità di approdare ad Avellino, esperienza arricchita da una promozione straordinaria. Come tutte le favole partiti con gli sfavori del pronostico siamo riusciti a sovvertire le previsioni in quella notte di Jesi. A Scafati è stato un altro anno positivo. A Caserta sotto gli ordini di Ciccio Ponticiello ci siamo tolti belle soddisfazioni, la ricordo come un’annata positiva; secondo anno un po’ più complicato per colpa di acciacchi fisici. Poi l’anno a Salerno con Andrea Capobianco, un allenatore completo e un vero e proprio precursore del basket totale che merita tutto il successo che sta avendo (attualmente capo allenatore della nazionale femminile). Per me è stato bellissimo chiudere la carriera a Pozzuoli. Non me ne vogliano le altre città dove ho giocato ma per me Napoli, Pozzuoli e Avellino sono le 3 realtà a cui tengo di più. La cosa anche più bella è che in tutte e tre le realtà ho allenato, questo mi fa molto onore e piacere.”
Appese le scarpette al chiodo, sei diventato un faro per i ragazzini con la passione per il basket; quanto ti gratifica questo?
“Penso di non essere un cattivo allenatore, soprattutto con i ragazzi. Cerco di farli crescere come uomini prima che come giocatori. Il merito non me lo devono dare gli addetti ai lavori, ma i giocatori e quando loro mi dicono «con te o con nessuno», bhe queste sono le cose che ti gratificano molto di più rispetto ad un giudizio positivo di un collega. Veder crescere ragazzi che probabilmente farebbero fatica a fare la U.I.S.P. e vederli sbocciare in realtà di livello superiore è molto bello. Poi ti ripeto, quello che dicono gli altri non mi interessa, vado avanti per la mia strada. Se avessi dovuto ascoltare gli addetti ai lavori avrei dovuto smettere di allenare, invece sono qui. La cattiveria non mi appartiene, bisogna sempre credere in se stessi. Sono 12 anni che alleno, cerco sempre di aggiornarmi e di capire le tendenze migliori, per migliorare la mia idea di gioco. Il lavoro che c’è dietro è molto duro. Importante in questo lavoro è lo staff, se lo staff è buono i risultati arrivano, se lo staff è scadente i risultati non arriveranno mai. Il tempo alla fine è sempre galantuomo, dà sempre ragione. Nel sociale ho collaborato 8 anni con Nisida. Capire il disagio sociale ti aiuta a crescere e a non giudicare. Anche sbagliando, le cose vanno fatte col cuore.”
L’anno scorso sei entrato a far parte della realtà del Cuore Napoli Basket, ci racconti qualche aneddoto su com’è andata la cosa? Aiutaci a capire meglio la personalità del presidente Ruggiero, personaggio secondo te giusto per la piazza di Napoli?
“Io se ricopro questo ruolo nella società lo devo a Pino Corvo e al presidente. Un grazie speciale va a Pino; giocando insieme, vincendo insieme tra di noi si è sviluppata una certa sintonia e poi un grazie anche al presidente che mi ha dato fiducia, facendo le dovute riflessioni. Di Ciro Ruggiero dico che è un folle dal cuore grande, un folle che crea empatia, un folle capace di creare un gruppo vincente. Se vince da 5 anni significa che è bravo. A Napoli non è facile creare entusiasmo, non è facile gestire situazioni scomode (PalaBarbuto). Sono state molte le società che non vedevano di buon occhio il nostro arrivo a Napoli. Però piano piano la gente si è ricreduta, è stata riconosciuta la bontà e la concretezza del progetto. Nella vita puoi riuscire a vendere fumo la prima volta, ma alla seconda non ci riesci. Il presidente ha creato un’empatia speciale tre tifosi, manager, giocatori, sponsor, comune. Come in tutte le cose, carta canta, i risultati gli hanno dato ragione. Anche a livello giovanile siamo riusciti a portare avanti una Under15 Elite e ti assicuro che non è stato facile. Io ho integrato la mia società, che tu conosci bene, con la realtà del Cuore Napoli Basket perché ho ritenuto opportuno avere almeno 2 squadre. Siamo riusciti a portare 2 giovanili a Napoli, però alla fine la caparbietà e il voler far capire a chi comanda la bontà delle nostre idee ci ha fatto raggiungere risultati molto positivi.”
Questa stagione è stata una cavalcata straordinaria, vi aspettavate questi risultati o si è raccolto più di quanto seminato?
“Tutte le situazioni devono avere i propri step. C’era molta diffidenza nell’ambiente. Passo dopo passo, grande merito va a Ponticiello, la gente ha capito il valore della squadra. I ragazzi sulla maglia celebrativa hanno scritto “It’s not luck” ovvero non è fortuna, io credo che nello sport la fortuna conti relativamente, se non arrivi preparato fisicamente ma soprattutto mentalmente non vinci. Il momento che ci ha fatto capire che eravamo sulla strada giusta è stata gara4 con Cassino. Eravamo sotto 2-1, con le spalle al muro. Vincere gara4 in trasferta con quell’indegna gabbia, ripeto INDEGNA, che non si vede nemmeno in Turchia o in Grecia ed è tutto dire. Quella vittoria ci ha dato la scossa decisiva. Mi ha dato fastidio durante le finali scudetto tra Venezia e Trento vedere i tifosi trentini con una vetrata davanti diciamo che è stato uno spettacolo poco edificante. Anche se io sono mezzo veneziano, queste sono cose che non si dovrebbero vedere. Ingabbiare le persone è una discriminazione che ferisce più di tante frasi e tanti cori che sentiamo negli stadi. Le parole, anche se fanno male, con tempo vanno via ma i fatti restano indelebili. Anche la marcatura a uomo delle forze dell’ordine nei confronti dei nostri tifosi a Montecatini durante le final4 solo perché un paio erano senza maglia mentre i supporters bergamaschi erano stati lasciati liberi di fare quello che volevano va sottolineato. Se certe persone hanno Daspo o cose del genere vanno escluse, ma questi pregiudizi così forti nel 2017 fanno capire che è in atto un involuzione cultuale molto pericolosa. Un ritorno al passato che non ci piace.”
I complimenti di grandi campioni come Marco Belinelli e Pietro Aradori vi gratificano ancora di più per il lavoro fatto, ma sai dirci qualcosa sull’anno prossimo?
“Io penso che ora bisogna calmare le acque. E’ stata una stagione bellissima, logorante. Dalla settimana prossima si avranno linee guida più precise.”
Dopo le conferme di Maggio, Visnjic e probabilmente Mastroianni, sai dirci qualcosa di più sul mercato? La situazione di Nikolic ad esempio?
“Ci sono questioni tecniche in ballo. La questione Nikolic non dipende da Napoli. Quando una cosa non dipende da te tutto può succedere, può restare come può andar via, questa è l’incognita. L’asse serba composta da Visnjic e Nikolic si è dimostrata come la più devastante del campionato. Un altro giocatore che mi ha impressionato è stato Toure di Orzinuovi. In quella partita, ora lo possiamo dire, Orzinuovi ha meritato la vittoria. Napoli ci ha messo il cuore, ha rimontato ma va riconosciuto il merito ad una squadra come Orzinuovi.”
La nostra chiacchierata è finita qui. Ti faccio i complimenti per quello che riesci a fare con i giovani e per i risultati che hai ottenuto nella tua carriera, sia come giocatore che come allenatore. Spero che queste tue caratteristiche umane, ancor di più di quelle tecniche, possano portarti lontano.