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Campania Segreta: Pollena Trocchia

Scritto da Luca Murolo Il . Inserito in Napoli IN & OUT

pollena

Partiamo alla volta di Pollena-Trocchia, per vedere i “conetti” vulcanici di Pollena, e ci imbattiamo in una lapide dedicata a Gaetano Donizetti. Vandalizzata. I borghi di Pollena e Trocchia hanno sempre avuto una storia molto simile ma distinta, fino a quando, nel 1811, Gioacchino Murat, con la grande riorganizzazione urbana, non li riunificò in un unico comune.

Entrambi di origine Etrusco, Sannitica ed Osca, devono i loro nomi, Pollena al dio Apollo, a cui era dedicato un grande tempio che qui sorgeva, in epoca romana ed addirittura pre-romanica. Trocchia è Trocla, da “trochlea”, (sorta di torchio) l’attrezzo per produrre il vino, in latino. Perché il villaggio era ricco di prodotti della terra, primo fra tutti l’uva. La famosa varietà “Lacrima del Vesuvio”.

Il territorio era, già in epoca romana, meta di turismo, per la salubrità del clima e le bellezze naturali. E lo rimase per secoli, lo testimoniano le numerose ville nobiliari, con i rigogliosi parchi e giardini che le circondano.

Fu abbandonata per un lungo periodo, nel 1631, in seguito ad una terribile eruzione. Fiumi di fango e lava sommersero letteralmente Trocchia, e causarono gravissimi danni a Pollena. Tra le tante ville non poteva mancare la casa dei fantasmi, al secolo Villa Quaranta, splendida costruzione del XIX secolo, con la caratteristica torretta ed un giardino con piante esotiche e tropicali, ben adattate al nostro clima grazie al fertile terreno vulcanico.

Poco distante Villa Caracciolo, dall’immancabile torretta, oggi sede dell’omonima casa di cura. Palazzo Cappabianca e Palazzo Pistolese, Villa Francone e Villa Gala-Trinchera. Pollena, in epoca romana, possedeva il suo piccolo anfiteatro, sulle cui rovine sorge il Palazzo Ducale. Purtroppo oggigiorno non sono visibili.

Attorno ai “conetti” vulcanici, sorge un piccolo parco naturale, dove domina la quiete ed un silenzio irreale. Al contrario della Solfatara, dove l’attività vulcanica è evidente, qui è silente, ma non estinta. Siamo sul monte Somma, che dopo un periodo in cui le due montagne mostravano una forma a punta unica, era più alto del Vesuvio. Superava i 2000 metri.

Dopo una serie di eruzioni, con conseguenti distruzioni delle rispettive cime ed accumuli di lava, le montagne giocavano a rincorrersi, come due ciclisti. Per secoli era più alta l’una, poi l’altra, fino a raggiungere oggi, la classica forma a due punte, e le altezze di m. 1132 il Somma e m. 1281 il Vesuvio.

Secondo gli studi fatti su alcuni “carotaggi” della lava, la formazione dei “conetti” risale a più di 17000 anni fa, più probabilmente tra i 39000 e i 25000 anni orsono. La lava, fuoriuscendo con violenza dalla camera magmatica, si è aperta un’altra strada, uscendo dal versante del vulcano e non dalla bocca principale.

La stessa cosa si è verificata recentemente sullo Stromboli, formando un’altra “sciara”. Il fascino del luogo è innegabile, i “conetti”, i “domi”,danno al paesaggio un aspetto vagamente infernale. Cicatrici di brufoli di gioventù sul volto della Terra.

Pasquale, un caro amico, è la mia guida in quest’avventura, e adesso mi porta, eccitato, a vedere una lapide dedicata a Gaetano Donizetti, posta di fianco ad un ulivo monumentale sotto il quale il musicista soleva sedersi. In meditazione. Ed ispirato dal paesaggio e dalla vista incantevole, pare che qui compose “ Lucia di Lammermoor.

Ci inerpichiamo per viottoli e stradine sterrate; tranne una laconica freccia marrone che reca la dicitura “Lapide di Donizetti”, non ci sono indicazioni.Ma neanche recinzioni vere e proprie. Davanti ad una catena, lenta, quasi adagiata sul terreno, il mio amico esclama:

- E’ qui, posteggia qui.

Fermata l’auto, mi fa strada tra filari di pomodorini “pizzuti” ed albicocche giganti.
Poi, all’improvviso, aumenta l’andatura. Quasi corre.

- No! – e poi, la voce strozzata – L’hanno rotta! Bastardi!

Non credo alla casualità della cosa.
La lapide si trova su di un terreno privato. Probabilmente i visitatori infastidiscono qualcuno. La soluzione potrebbe essere facile, fantasiosa, ma facile ed economica. Fondi non ce ne sono, neanche per restaurare chiese e monumenti, o per stipendiare guardiani che permettano l’apertura di siti, interessanti da visitare, ma perennemente chiusi, causa…mancanza di fondi.
La butto lì: sgravi fiscali o agevolazioni sulla vendita dei loro prodotti ai contadini che posseggono o semplicemente coltivano queste terre.

Ho detto una sciocchezza?!

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