fbpx

La morte di NIccolò Ciatti: la stupidità del male amplificata da You Tube

Scritto da Mariano Paolozzi Il . Inserito in Napoli IN & OUT

Ciatti

L'orribile ed insensata morte di Niccolò Ciatti può trasformarsi in una grande opportunità. La storia la conosciamo tutti: il ragazzo italiano era in discoteca a Lloret de Mar, Spagna, ed è stato ammazzato durante una rissa appena fuori dal locale.
Ad una vicenda già orribile, ci si è messa di mezzo una sorta di apatica follia collettiva: decine di persone tutt'intorno, nessuno è intervenuto. Una sorta di ring umano. Qualcuno ha filmato, altri fotografato i tre animali che hanno pestato Niccolò. Forse qualcuno si è fatto anche un selfie, non si sa mai. Si è chiesta giustizia fra indignazione e sgomento ma Ciatti è la vittima di un nuovo rito vuoto che rappresenta la cifra culturale di una generazione che si sballa con la rabbia. Il valore dialettico, che ricava positività dal negativo, è a portata di mano: spesso un'intuizione estetica, di un fatto particolare, diventa strumento per analizzare un fenomeno e denunciare una cattiva pratica.

Niccolò non va dimenticato: è la punta di un iceberg che è da tempo sotto gli occhi di tutti noi. Basta aprire Youtube e scrivere poche, brevi parole in inglese, incise con il fuoco sul più grande social di condivisione video: "best street knokout ever" oppure "street fight compilation" oppure e soprattutto "world star, best fight" e così via. Cioè compilation di risse, botte, litigi, pugni, cazzotti, coltelli e pistolettate. Migliaia di migliaia di video, quasi uguali a quello dello choc di Niccolò. Negli Usa, in Russia, Francia, Inghilterra. Ovunque. Il leitmotiv è più o meno lo stesso: persone che prendono a botte, a volte in gruppo a volte uno contro uno, donne, ragazzini, uomini. E attorno decine di persone che guardano, si esaltano, filmano. Gridano, spesso e volentieri, "World star". Stelle dal mondo. Viene quasi da pensare che ci si cerchi di uccidere di botte per poi postare su Facebook o Youtube il video. Tutti presi dall'ubriachezza dello sballo fine a se stesso, dal piacere di qualcosa di "diverso" forse, ma privo di qualsiasi movente, privo di qualsiasi idea che sottende ciò che si fa.

Al netto che la violenza è un campo oscuro, dove è difficile muoversi ed esprimere giudizi di ogni sorta, una questione legata alla nostra società e alle generazioni coinvolte, un ragionamento ampio e complesso va affrontato. Dare un cazzotto o mettere una bomba per un impeto ideologico, per un'idea, seppur sbagliata, che "giustifichi" l'azione compiuta ha un senso. Ha una sua dimensione, una tensione drammatica. Da condannare certo, ma ce l'ha. Questo genere di rito invece, che uccide e distrugge vite, non ha nessun orizzonte. Sembra uno sfogo di una imprecisata rabbia repressa, irrazionale. La Arendt titolerebbe "La stupidità del male". Chi ci governa dovrebbe perdere più tempo a ragionare su fenomeni del genere piuttosto che scervellarsi nel proporre riforme astratte e ricette per lo più inutili.

Il secondo ragionamento, è capire come mai su una piattaforma come Youtube, ma anche su altri social come Facebook e Twitter, attentissimi a censurare parolacce o seni prosperosi, sia permessa questa mattanza digitale che poi è digitale fino ad un certo punto, perché ammazza ragazzi e distrugge vite. Quasi come fosse una tribuna politica per violenti e repressi, ebbri di rabbia. I carnefici e le vittime ritratti nei video pieni d'esaltazione, condivisioni e like diventano semplicemente della marionette mosse da una giostra mediatica degna del medioevo 2.0 in cui siamo piombati. Che la tragica vicenda di Niccolò Ciatti non sia vana, ma la sua morte e la spettacolarizzazione del suo dramma diventi la lente con cui leggere da una prospettiva tutta nuova un fenomeno sempre più diffuso e mutevole. Prima che sia tardi.