Colpe e peccati, questione ANM sempre aperta
L’opinione pubblica gli grida contro accusandolo di aver quasi consegnato un’importante azienda pubblica tra le grinfie dei privati; dal palazzo-simbolo di poteri e libertà giungono nuove capaci di affossare il morale dei lavoratori, e la sua cerchia fidata ha sparato tutti i colpi a disposizione per realizzare il disegno delicato di un dibattito con questi ultimi;
cosa fa, dunque, il primo cittadino per offuscare quella che attualmente risulta essere la grande macchia nera del suo troppo discusso mandato politico? Niente di più semplice che chiedere ai contribuenti tutti di credere, di credere che la futura ripresa è possibile, abbandonando il patetico “solo sopravvivere”.
Non è la trama di un film americano di recente uscita, ma la cronaca partenopea degli ultimi giorni; e i fatti non stanno esattamente così, anche se vi capiterà di leggere sicuramente cose simili.
Riallacciamo di nuovo il nastro e proviamo a individuare l’innesco, anzi a bloccare il momento preciso in cui il problema dei napoletani con ANM, è divenuto il problema dei napoletani con la giunta comunale e il suo principale rappresentante, Luigi De Magistris.
Forse non ha giovato la rinuncia da parte di Ramaglia al secondo mandato di amministratore delegato dell’azienda, nonostante le sollecitazioni del sindaco a perpetuare il suo lavoro nel piccolo consorzio napoletano di trasporti; e dopo che uno come Ramaglia, a cui nel 2013 era stata affidata dallo stesso De Magistris la grande responsabilità di creare l’utopico disegno di una forte e fiorente “società unica di trasporti”, oltre che la grande responsabilità di svincolare Napoli e la sua mobilità dall’interesse dei privati e dal pericolo di incursioni malavitose; dicevo, dopo che un uomo con un tale vaso di Pandora tra le mani lascia tutto dichiarandosi sconfitto e amareggiato, per chi provare rancore se non per il personaggio principale, lo stesso che aveva creato lo slancio per un’idea ambiziosa e bellissima?
Da quel lontano 2013 la storia di ANM è stata un continuo moltiplicarsi di scivoloni e inciampi, intervallati da fiochi indizi di ripresa in prossimità delle vacanze estive e degli eventi di maggiore spicco nella metropoli: controlleria parziale e talvolta negligente, per non parlare della mancanza di una copertura geografica globale in una città che si estende per un raggio periferico così vasto e variegato da richiedere almeno il doppio delle linee esistenti; numero di veicoli insufficienti a stornare almeno una parte di quell’infernale traffico urbano persistente, in un’annata storica che annovera l’esempio di Oslo, pronta a dire per sempre addio all’automobile in città. Insomma come non restare delusi di fronte a questo continuo pendere verso il basso? E come frenare la rabbia dei sindacati e dei lavoratori dopo l’ultimo atto sottoscritto a giugno dall’amministratore uscente Ramaglia, quello che proclamava gli imminenti 194 esuberi?
La quiescenza della bella stagione, il ben salutato arrivo dei turisti, il florido commercio all’ombra degli edifici del centro storico, le lunghe file per una pizza nel caldo della sera, l’atmosfera gaia che una languida estate lascia su tutti i cittadini, hanno fatto sì che si dimenticasse lo status quo, comprese tutte le polemiche dei mesi appena precedenti; si è tornati a cavalcare l’onda dell’entusiasmo per la metropoli rinata, presa di mira dai visitatori di tutto il mondo grazie all’operato del suo sindaco, lo stesso Luigi De Magistris citato sopra.
È ottobre ’17 e le cose sono cambiate di già. Scioperi e manifestazioni, sindacati e lavoratori sull’orlo di una crisi di nervi e la minaccia di nuovi esuberi a bussare alle porte di Napoli. Basta poco per seminare lo scompiglio tra i napoletani, basta ripetere che “il Comune non ha soldi da stanziare per l’azienda”, o solo ricordare le lotte tra quest’ultimo e il governo regionale per milioni di euro di fondi destinati “prioritariamente” alle aziende pubbliche partecipate della Regione Campania e solo in seguito a quelle comunali come la disastrata ANM (delibera della Giunta Regionale Campania del 18 luglio 2017 n.468, pubblicata sul BURC del 7 agosto, modifica dell'articolo 5 della Disciplina del Fondo per il Trasporto Pubblico Locale).
Ma se il punto di innesco dell’odio e della frustrazione scaricati su quell’unico personaggio politico, fosse proprio questo, una condanna già scritta per l’azienda di mobilità partenopea in seguito alla modifica dell’articolo 5; allora tutta la storia andrebbe rivalutata e forse anche la responsabilità delle parti in causa giudicata per come essa realmente è, e non per come appare.
Il 21 ottobre, dopo una notte di trattative, i sindacati riuniti con la sola giunta comunale non hanno avuto scelta che firmare l’ipotesi di protocollo presentata da quest’ultima. “Il nuovo accordo prevede l'allungamento degli orari di metropolitana e funicolari di Chiaia e piazzetta Augusteo fino alle 2,00 nel weekend e alle 00,30 nei giorni festivi. Per aumentare i ricavi ed evitare l'evasione i biglietti saranno venduti direttamente a bordo degli autobus. Dal 1° novembre i titoli di viaggio saranno acquistabili presso gli Anm Point che saranno installati in alcuni punti strategici della città. L'obiettivo è rendere reperibili i biglietti in ogni momento, eliminando le zone d'ombra del weekend”.
Dietro l’ennesima steccata del sindaco e dei suoi, si erge la manifesta volontà di patrimonializzare (aprendo le porte ai privati) quella che un tempo era nata come la “società unica di trasporti”, e c’è sicuramente un grande paradosso in tutto questo: c’è il fallimento di una grande idea, quella che i suoi propugnatori hanno visto sgretolarsi lentamente davanti agli occhi. Ma c’è anche la necessità di difendere ciò che resta dello scheletro della ANM, della mobilità napoletana e del futuro dei suoi cittadini.