Elezioni: per una ripresa economica duratura del Sud serve un voto utile a sinistra
Come votare, per quale partito o raggruppamento, chi gode di maggiore reputazione e perciò offre migliori garanzie agli elettori orientati a sinistra? In particolare, chi potrebbe dare un impulso vigoroso e continuo all'economia del Mezzogiorno?
Qualcuno osserverà che queste domande sono premature. Non lo sono però per due motivi: perchè la campagna elettorale da tempo è già cominciata, diciamo dalla fine dell'estate in poi, e perchè all'apertura dei seggi elettorali mancano poco più dei due mesi di gennaio e febbraio.
Il quadro delle forze in campo perciò è già chiaro. Personalmente dico e ripeterò nei prossimi giorni ad amici e compagni che voterò con convinzione per il Partito democratico ritenendo che questa forza politica è la più affidabile, specie per i cittadini che risiedono nel Mezzogiorno, un territorio ancora flagellato da segnali di malessere sociale, da una stagnazione dell'economia che si è aggravata in questi ultimi sette anni, dal 2010 ad oggi, e, nonostante la ripresa avviatasi di recente, stentiamo ancora ad affrontare irreversibilmente la disoccupazione dei giovani e la povertà largamente diffusa.
Il Mezzogiorno non ha bisogno della luna nel pozzo, di proposte demagogiche che vengono dalla destra, come la combinazione di sussidi ai poveri e di una tassazione regressiva qual è la tassa proporzionale che è favorevole ai ricchi, come la vorrebbe Berlusconi. Non ha neppure bisogno del reddito di cittadinanza sbandierato dai seguaci di Beppe Grillo, i quali immaginano di addolcire la mancanza di lavoro dei meridionali con un sussidio universale che sarebbe però un premio all'inerzia e alla passività sociale.
I nostri concittadini necessitano di una politica economica che irrobustisca e potenzi i germogli di attività produttiva che sono affiorati a Sud negli ultimi tempi nell'industria dell'accoglienza, della ristorazione, nei settori legati all'afflusso di turisti, nelle iniziative commerciali orientate all'esportazione. Al tempo stesso occorre promuovere e rafforzare le imprese di nuova formazione, le imprese innovative, la cosiddette start up, potenziando i servizi offerti a questi imprenditori nascenti nei cosiddetti incubatori, organismi agili, privi di regole rigide e oppressive, e favorendo la raccolta di risorse finanziarie fino all'offerta di capitale di rischio per le piccole e medie imprese innovative più promettenti.
Il Sud per uscire dalla crisi ha bisogno di inserirsi nella rivoluzione digitale che ha già lambito le regioni più sviluppate come Lombardia, Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna. Occorre che i nostri piccoli e medi imprenditori (e non solo le poche grandi imprese meridionali) realizzino investimenti nella digitalizzazione dei processi produttivi, nella robotica, nell'informatizzazione, nella conservazione dei dati e nel loro utilizzo. E soprattutto è necessario curare la formazione professionale di giovani dotati di nuove competenze nonché evitare l'espulsione traumatica dalla produzione dei lavoratori più anziani ma ancora validi.
Per difendere e per espandere l'occupazione perciò non sono necessari soltanto migliaia di posti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche locali, nei Comuni, e neppure gonfiare oltre misura gli organici nei servizi sociali come la sanità e l'istruzione di base.
Nella campagna elettorale i candidati al Parlamento nelle liste del Partito democratico sono i più qualificati a presentare proposte calibrate, di buon senso, proposte all'altezza delle sfide che l'economia globalizzata impone anche alle popolazioni del Mezzogiorno. Non servono le fughe in avanti, anzi all'indietro, come sono le nostalgie per l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. E neppure serve la gara a chi la spara più grossa pescando nei sogni di autogoverno sociale, sogni irrealistici in una società stratificata e dotata di istituzioni pubbliche diffuse, spesso sovrapposte, dunque da meglio coordinare.
Mariano D'Antonio, economista