Il mercato del lavoro a Napoli è liquido, mobile, spesso guastato dai politican
Come se la cavano i giovani napoletani che cercano un lavoro? Cosa fanno nel frattempo? Quali aspirazioni nutrono? Sono domande alle quali sono in grado di dare risposte solo in base alla mia limitata esperienza personale.
Non mi aiutano i documenti ufficiali, i dati dell'Istat, né i rapporti dei responsabili dei Centri per l'impiego, organizzazioni lasciate per anni nel letargo senza avere personale sufficiente, sedi attrezzate, finanziamenti necessari, né aiutano a capire cosa succede le relazioni che una volta scrivevano i sindacati, ormai quasi scomparsi dalla scena locale, una volta commissariati, un'altra volta privati di dirigenti informati e battaglieri. Per capire cosa succede a chi tra i giovani napoletani cerca un lavoro bisogna guardarsi intorno e farsi un'esperienza diretta.
Volete spostarvi sul territorio senza usare l'auto privata perché l'auto non ce l'avete o perché non sopportate di rimanere bloccati nell'ingorgo del traffico strombazzando inutilmente e inquinando l'aria insieme con gli altri automobilisti imprigionati nelle lamiere? Armatevi di pazienza e aspettate alla fermata un autobus dell'azienda municipale, l'ANM. Aspettate, aspettate e forse arriva un autobus sgangherato con le balestre inesistenti per mettere a dura prova la schiena dei passeggeri, guidato da un autista di mezza età, non un giovane, un autista privo di divisa, vestito in jeans e maglietta, incazzato più degli utenti. Quando l'attesa dell'autobus è lunga, infine decidete di farvela a piedi se le forze vi aiutano e il percorso è praticabile. Il viaggio a piedi vi permette di osservare quanti giovani lavorano come commessi sottopagati e precari nei piccoli negozi di alimentari non ancora spazzati via dalla concorrenza dei supermercati; quanti cercano di guadagnarsi da vivere con lavoretti come la consegna delle merci a domicilio; quanti si sbracciano gestendo le automobili parcheggiate in seconda e terza fila, sui marciapiedi e al centro delle strade, e incassando come parcheggiatori abusivi da uno a tre euro per macchina fuori norma ambientale, sotto lo sguardo indifferente della coppia di occasionali guardie municipali impegnate in fitte conversazioni sulle partite della squadra di calcio del cuore.
Se avete fretta e quattrini da spendere potete però ricorrere a un taxi chiamando col telefonino il centralino di una cooperativa di tassisti (ce ne sono a Napoli di bene organizzate, gestite da personale gentile ed efficiente, specie giovani acculturati). Una corsa all'aeroporto con tariffa prefissata per accompagnare la figlia in partenza per l'estero dove vive e lavora, se siete fortunati vi aiuta a capire che il giovane tassista è un parente del titolare della licenza che gli permette di usarla partecipando agli incassi. Giunti all'aeroporto godetevi la perla della città: un aeroporto bene organizzato dove il personale, specie quello giovane, occupato dalle ditte concessionarie dei servizi, è composto di lavoratori gentili e disponibili e il lavoro si svolge ordinatamente senza le solite resse delle file partenopee.
Benedite col pensiero la decisione presa più di trent'anni fa dal Comune di Napoli di cedere ai privati la gestione dell'aeroporto, che oggi è uno dei pochi servizi pubblici efficienti dove le clientele dei politicanti non hanno cittadinanza, pretese, non soggiacciono a spartizioni da governare.
State insomma sperimentando che il lavoro dei giovani a Napoli però nella maggioranza dei casi è immerso in un ambiente di disordine organizzato, dove si combinano sregolatezza, illegalità e spirito di adattamento (che rappresenta il collante necessario) e dove coesistono nel mare della confusione piccole isole di civiltà, organismi ben funzionanti com'è il caso dell'aeroporto di Capodichino.
Vi turbano invece altri casi in cui la cattiva politica scorazza deturpando servizi comuni e interessi collettivi. Il caso della metropolitana di Napoli dove guasti e interruzioni della linea affliggono i passeggeri serviti da treni obsoleti mentre a suo tempo assessori regionali e dirigenti si pavoneggiavano per l'allestimento di stazioni abbellite con costose opere d'arte. E che dire della Villa comunale devastata dalla costruzione di una fantomatica linea numero 6 della metropolitana, una Villa disseminata di manufatti preziosi come la Cassa armonica, sistematicamente vandalizzata?
L'episodio più recente di amministratori pubblici velleitari e dissipatori è rappresentato dalle cosiddette Universiadi, i giochi della gioventù universitaria. Dovrebbero svolgersi in Campania, specie a Napoli, tra 18 mesi, impegnando migliaia di atleti provenienti da ogni parte del mondo. A tutt'oggi però non è ancora pronta la struttura organizzativa responsabile, non è stato ancora individuato il commissario che dovrà governare il tutto. Esiste solo un'Agenzia regionale per le Universiadi, l'Aru, creata dalla Regione Campania, dotata di personale composto per lo più da salernitani chi sa perchè. Nel vuoto organizzativo si fa comunque strada un barlume di attività come il passaggio della fiaccola di apertura dei giochi dalla città di Taipei, capitale dell'isola cinese di Taiwan, la città dove si sono concluse di recente le Universiadi, a Napoli, sede dei nuovi giochi nel 2019.
Alla cerimonia di passaggio della fiaccola nell'asiatica Taipei hanno partecipato i membri di una delegazione dell'Aru campana, funzionari e burocrati, seguiti dai componenti del corpo di ballo del teatro San Carlo per allietare l'evento. La spesa per questa trasferta asiatica in vista di un evento non ancora ben definito è stata di 198mila euro pagati dalla Regione, cioè con i soldi di noi contribuenti.
Il beneficio economico delle Universiadi non è ancora calcolabile. L'ospitalità di alcune migliaia di atleti provenienti da ogni paese darà sicuramente impulso al lavoro dei nostri concittadini, anche di giovani. E' azzardato però dire che si prosciugherà in buona misura la disoccupazione giovanile che nel frattempo continuerà a trovare per proprio conto sbocchi di lavori occasionali, precari, fortuiti.
Mariano D'Antonio, economista