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Balle elettorali: dal Piano Marshall al Ponte sullo Stretto di Messina

Scritto da Mariano D'Antonio Il . Inserito in A gamba tesa

Berlusconi restituisce cose

Avvicinandosi il giorno delle elezioni partiti e movimenti politici diffondono i loro messaggi per catturare consensi e voti. Si va dal programma elettorale meditato e rispettoso dell'intelligenza dei cittadini (è il caso del Partito democratico) alla propaganda rissosa e scomposta della destra di Salvini e Meloni (i cosiddetti sovranisti che intendono restaurare la sovranità nazionale, chiudere le nostre frontiere all'immigrazione e abbandonare l'Europa e la moneta unica), alla luna nel pozzo che è il reddito di cittadinanza decantato dal Movimento Cinque stelle.

Primeggia per demagogia e al tempo stesso per ignoranza della storia un messaggio di Berlusconi. Tre sono gli architravi della proposta dell'ex leader, il quale peraltro personalmente non può votare né essere votato ma deve affidarsi ai suoi luogotenenti sparsi sul territorio.

I tre messaggi berlusconiani sono: 1. riduciamo le tasse; 2. avviamo un forte aumento della spesa pubblica (per finanziare il cosiddetto Piano Marshall in Africa e contrastare l'emigrazione da quest'area del pianeta); 3. rilanciamo per il Mezzogiorno la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina.

Le tasse secondo Berlusconi devono essere ridotte ad una sola, la cosiddetta flat tax, con aliquota unica sui redditi delle famiglie e delle imprese.

Il Piano Marshall è un enorme progetto che dovrebbe essere finanziato dall'Italia insieme con altri paesi europei e con gli Stati Uniti, un progetto da realizzare nell'Africa subsahariana per dare impulso allo sviluppo dell'economia locale e creare laggiù condizioni di vita accettabili. In questo modo, dice Berlusconi, si scoraggia l'emigrazione da quelle aree e anzi si consentirà il rientro in Africa di quanti sono emigrati clandestinamente e sono approdati qui da noi (600mila stranieri che non possono godere in Italia dello status di rifugiati e dovrebbero essere rimpatriati dalle nostre autorità nei Paesi di provenienza).

Nella proposta di un nuovo Piano Marshall Berlusconi ignora che ai nostri giorni le condizioni in Europa e negli Stati Uniti sono assai diverse da quelle che dopo la fine della seconda guerra mondiale indussero gli americani a finanziare la ricostruzione dell'economia europea distrutta dagli eventi di guerra.

Allora gli Stati Uniti dovevano riconvertire la loro industria abbandonando le produzioni di guerra e passando a produrre beni d'investimento d'uso civile e l'Europa doveva riavviare l'industria distrutta dalla guerra. Il piano Marshall fu uno strumento che conciliava la riconversione dell'economia americana con la ripresa dell'Europa.

Oggi invece americani ed europei sono alle prese con un nuovo scenario dell'economia globalizzata che impone ai Paesi più sviluppati di investire nell'innovazione dell'industria e dei servizi privati razionalizzando al tempo stesso la spesa pubblica nell'istruzione e nella sanità. Magari tocca alla Cina (e già lo sta facendo) di rianimare l'economia dell'Africa ma questo non ha niente a che vedere col Piano Marshall bensì rientra negli obiettivi di espansione neocoloniale che i cinesi perseguono forti dei loro surplus di bilancia commerciale e delle riserve di valuta estera che hanno accumulato in questi decenni.

Il terzo pilastro delle proposte di Berlusconi è la riesumazione del Ponte sullo Stretto di Messina, un'ipotesi che da più di trent'anni emerge e poi regolarmente si inabissa.

L'attraversamento stabile del braccio di mare che separa la Sicilia dal Continente è un progetto che urta da sempre contro ostacoli posti dalla natura e dalle vicende umane.

Gli ostacoli naturali sono il vento forte che soffia in quel tratto di mare, le correnti marine e la presenza di scosse sismiche nel sottofondo.

Ingegneri e scienziati si sono di volta in volta ingegnati a prevedere un attraversamento stabile, quali il tunnel in un condotto ancorato oppure tenuto a galla e in alternativa il ponte ad una campata che permetta il transito di autovetture e camion nonché di carrozze ferroviarie. Il costo del ponte è stato stimato di oltre 10 miliardi di euro, il tempo di costruzione supera il decennio.

Anni fa ho partecipato ad una commissione di studio per valutare la fattibilità economica e finanziaria dell'operazione ponte. La commissione esaminò gli scenari della domanda di utenti di questa infrastruttura e concluse che il gioco non valeva la candela: il ponte non era un'alternativa economicamente plausibile e finanziariamente sostenibile ai traghetti che ancora collegano le due sponde della Sicilia e dalla Calabria.

La riproposizione del ponte sullo Stretto è perciò una fantasia, una trovava propagandistica, uno specchietto per le allodole, insomma un espediente buono solo ad attirare l'attenzione distratta di elettori sprovveduti. Non merita d'essere citata in una seria propaganda elettorale.