La meritata sconfitta elettorale del PD nel Mezzogiorno
Se volessimo dire in sintesi qual è il segnale più vistoso del disastro elettorale del Partito Democratico nel Mezzogiorno, diremmo semplicemente: la bocciatura alle urne del ministro Claudio De Vincenti. La bocciatura era prevedibile data la bizzarra presentazione di De Vincenti, voluta da Renzi e dai suoi collaboratori, nel collegio di Sassuolo dove, come candidato alla Camera dei deputati, De Vincenti alle elezioni si è collocato al terzo posto, superato da una esponente della Lega e da un candidato del Movimento 5 Stelle.
Eppure De Vincenti per cinque anni è stato prima sottosegretario, poi viceministro e infine ministro per la coesione sociale e per il Mezzogiorno e in quest'ultima sua funzione si è speso intensamente per assicurare adeguati finanziamenti pubblici all'economia meridionale, in particolare perché fosse approvata la legge "Resto al Sud" e infine per sostenere la cabina di regia dedicata all'area di Bagnoli. Ma evidentemente agli occhi di Renzi e del suo cosiddetto cerchio magico, il Mezzogiorno non vale bene una messa come si direbbe parafrasando la celebre frase pronunciata da Enrico IV di Francia. Non merita cioè neppure lo sforzo di assicurare l'elezione alla Camera dei deputati di una persona seria e professionalmente preparata com'è l'economista Claudio De Vincenti, ministro uscente per il Mezzogiorno.
C'è poi un altro episodio, questo più vistoso del caso De Vincenti, che testimonia quanto sia stata meritata la batosta subìta dal Partito Democratico alle ultime elezioni. E' il caso della Puglia dove il governatore Michele Emiliano ha raccolto i frutti della sua insana politica locale fatta, tra le altre sue mosse deliberate, del corteggiamento del Movimento 5 Stelle e del tentato sabotaggio della soluzione per l'Ilva di Taranto, soluzione sostenuta dal ministro dello sviluppo economico del governo Gentiloni, Carlo Calenda.
Emiliano a suo tempo aveva benevolmente considerato la mozione, presentata dai grillini al Consiglio regionale della Puglia nel febbraio dell'anno scorso, di una "giornata della memoria" di stampo neoborbonico, una manifestazione ostile all'Unità d'Italia, piena di rancore per il cosiddetto sfruttamento a cui i piemontesi avrebbero sottoposto le popolazioni meridionali dal 1860 in poi.
Lo stesso Emiliano infine aveva sfidato nell'aprile dello scorso anno Renzi alle elezioni primarie per la segreteria del PD ottenendo l'11% dei voti e collocandosi al terzo posto dopo Andrea Orlando (20%) e il vincitore Matteo Renzi (69%).
Con questi precedenti politici del PD pugliese e con i quasi tre anni di governo pallido della Campania gestita da Vincenzo De Luca impegnato nell'affannoso rattoppo della sanità e del trasporto pubblico locale, nonchè nella promozione politica dei suoi due figlioli, come si poteva immaginare che il Partito Democratico arginasse nel Mezzogiorno continentale l'ondata di protesta dei cittadini?
Adesso che la frittata è fatta, si tratta di discutere come uscire dal vicolo stretto in cui è stato portato il PD nel Mezzogiorno grazie a De Luca, a Emiliano, a Renzi e ai suoi stretti collaboratori che hanno sostenuto l'operato dei dirigenti locali del PD.
I grillini stanno facendo le loro mosse per arrivare al governo. Una contromossa efficace, a nostro avviso, Renzi l'ha fatta affermando che il PD ammette la sconfitta e si colloca all'opposizione tanto dei 5 Stelle quanto della Lega.
Il leader del Movimento 5 Stelle Di Maio con il beneplacito delle guide neppure tanto occulte del Movimento, cioè Grillo e Casaleggio, controbatte invocando i voti in Parlamento su una lista di impegni programmatici, voti che vengano dal PD purchè si sia intanto liberato di Renzi.
Se c'è una strategia di medio periodo nella posizione dei 5 Stelle, questa si articola in tre mosse: un governo sostenuto anche dal PD ovvero dai suoi frammenti sparsi, governo che impegni almeno metà della legislatura per realizzare poche misure (una nuova legge elettorale e uno stralcio del reddito sociale per i più poveri); lo scioglimento delle Camere; nuove elezioni che assegnino ai 5 Stelle la maggioranza di deputati e senatori in un successivo Parlamento.
Riusciranno gli ambiziosi populisti del Movimento 5 Stelle a realizzare questo smisurato sogno?
Mariano D'Antonio, economista