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Nino Migliori e la poesia del Cristo Velato

Scritto da Rita Felerico e Angela Pascale Il . Inserito in Mostre

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Il gioco artistico intriso di morbida luce e di buio, le sfumature delle ombre, i grigi e i neri che si stagliano come velluti colorati, la straniante accoglienza alla visione. Nasce dall’ emozione il titolo di queste brevi osservazioni, da qui parte il bisogno di focalizzare l’attenzione sulla valenza poetica del progetto Lumen e in particolare della mostra fotografica Lumen Cristo Velato.

Se fare poesia è “ creare spiragli, produrre crepe,segnare filiture dentro il sipario, dentro la Parete Sbarrata” – come scrive il poeta Emilio Villa - il progetto dell’artista/fotografo Nino Migliori è un lavoro poetico, che mira alla scoperta di quella parola - ancora a noi straniera - capace di introdurci alla comprensione di ciò che ad un primo superficiale sguardo non si vede. L’artista batte e ribatte con il suo obiettivo sull’oggetto della visione, utilizzando in vari modi il suo strumento, creando una particolare situazione di contesto, alla ricerca di quell’immagine / parola che, secondo l’insegnamento di Gian Battista Vico, deve rendere l’ “ animo perturbato e commosso”.

La vera arte, infatti, possiede questo comun denominatore, ha fame di questo poetico linguaggio che inquieta, sommuove, coinvolge, trapassa i sentieri nascosti della psiche, racconta di un altrove, intuisce, strappa al segno del destino, narra della fragilità e della forza della creatività.

E ancora più poetico è il lavoro di Migliori in quel proiettarsi a scoprire la parola poetica di altra poesia, di un capolavoro come il Cristo Velato; Migliori è teso a scardinarne la struttura, per svelarne e comprenderne la magica forza e il movimento interno che lo rende poesia. Dell’altra poesia, di quel Cristo, si giunge ad ascoltare il silenzioso ritmo, a captare quell’ultimo respiro che rifugge dal morire: come una poesia il Cristo si può leggere e rileggere infinite volte e scoprire parole e visioni non colte, all’infinito.

Dice Pietro: “All’ingresso i visitatori appaiono confusi, si bloccano, occorre sollevare una tenda per entrare? Ma è proprio lì, in quello spazio intermedio che si apre, in mezzo a lingue di luci, che avviene la magia. Sui loro volti si

disegnano sorrisi, perplessità e tanta curiosità. Occorre sollevare un’altra tenda per ritrovarsi davanti – senza preavviso – la prima foto del Cristo Velato; a quel punto il visitatore viene travolto da una fiumana di emozioni e catapultato nell’atmosfera settecentesca del Sanmartino”.

Osserva Maria Rosaria : “ La maggioranza dei visitatori – provenienti da tutto il mondo e di diversa età – hanno saputo cogliere il senso del lavoro di Migliori. Dietro la ricerca, le capacità tecniche vi è il desiderio di ‘mettere in luce’ più che la perfezione del capolavoro la nostra capacità di osservare, ‘la sua luce’ rimette in asse ‘ occhio – mente – cuore’ (ricordando il pensiero di Bresson ) e veramente trasforma i visitatori, i turisti in “viaggiatori” di un moderno Grand Tour”.

Infine Alessandro : “ Dalla luce nasce l’oscurità, dall’oscurità la luce. L’osservatore, curioso di scrutare le immagini oltre le tende da sollevare,attraversa con animo sospeso lo spazio che lo separa dalla mostra. Ma è questo spazio /prefazione, che accoglie nel gioco di specchi la magia dell’illuminazione moderna e di quella delle candele, come una guida per ritornare al tempo di Raimondo e osservare il Cristo con la giusta misura di ‘Lumen’ “.

Le parole dei giovani collaboratori del Museo Sansevero, che hanno presidiato la Cappella Palatina all’interno del Maschio Angioino, ospite della mostra, confermano la natura poetica del Cristo, il lavoro artistico/poetico di Migliori, ovvero l’esistere della ‘verità poetica’ della quale l’artista è in cerca. Cos’è la verità poetica?

Quella verità che avvolge non tanto l’atto creativo in sé, né quello interpretativo, ma la presenza della poesia nell’attività del pensiero e del sentire , affermazione di quel vero ‘in negativo’ che non è il buio, ma una innegabile presenza accanto a ciò che è creduto pienamente visibile.

Ancora pochi giorni e Lumen Cristo Velato chiuderà i battenti; ospitata dal 3 marzo fino al 2 maggio 2018, la mostra di Nino Migliori è parte di un progetto più ampio che il grande artista bolognese sta realizzando da più di dieci anni. Presente con le sue opere nei più importanti Musei d’arte contemporanea, non solo in Italia (Migliori è al MNAC di Barcellona, al Museum of Modern Art di New York, al Museum of Fine Arts di Houston, alla Bibliothèque Nationale di Parigi, al Museum of Fine Arts di Boston, al Musée Réattu di Arles, al SFMOMA di San Francisco e recentemente gli è stata dedicata una retrospettiva presso la Maison Européenne de la Photographie a Parigi) con il progetto Lumen l’artista elabora un suo personale Grand Tour, un percorso creativo/conoscitivo compiuto considerando la luce lo strumento di elaborazione concettuale e sensoriale.

Sperimentatore, rivoluzionario teorico nel concepire la ‘visione’, l’intuizione di Migliori in Lumen è stata quella di utilizzare come unica fonte luminosa la fiamma delle candele, puntando il suo obiettivo, senza artifici, su particolari opere scultoree, percepite come segni e simboli del suo linguaggio artistico : le formelle dello zooforo del battistero di Parma, i leoni e le metope del duomo di Modena, il Compianto di Niccolò dell’Arca a Bologna,il monumento ad Ilaria del Carretto nel Duomo di Lucca, la Cappella dei Pianeti e dello Zodiaco nel tempio Malatestiano di Rimini e il Cristo Velato di Sansevero a Napoli.

La mostra Lumen Cristo Velato promossa dal Museo Sansevero in collaborazione con il Comune di Napoli, assessorato alla cultura, e la Fondazione Nino Migliori ha registrato fino ad oggi una affluenza di oltre ventimila visitatori.

Impreziosita da una originale installazione di invito, una infinity room di specchi e luci ideata dall’architetto Marita Francescon, vanta anche la pubblicazione di un elegante catalogo edito dal Museo, ricco di magnifiche immagini che rivelano aspetti sconosciuti del capolavoro di Giuseppe Sanmartino. Curato dal Presidente del Museo, Fabrizio Masucci, si avvale delle prefazioni dello stesso Presidente, del critico d’arte Giovanni Fiorentino e dei saluti dell’Assessore Nino Daniele e dell’avvocato Carmine Masucci, amministratore del complesso monumentale Cappella Sansevero.