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Aron Demetz al MANN

Scritto da Rita Felerico e Angela Pascale Il . Inserito in Mostre

Aron Demetz al MANN

Aron Demetz scultore altoatesino – classe 1972 – abiterà con le sue opere fino al 29 luglio alcuni spazi del nostro MANN, uno dei Musei più visitati d’Italia, un luogo che oggi, grazie al dialogo intrecciato con il territorio e le presenze culturali più attive del contemporaneo dal suo direttore Paolo Giulierini, rappresenta in pieno la cifra e il senso della ricerca estetica.

"Il MANN è un istituto culturale che osserva, con curiosità, le tendenze più all'avanguardia dell'arte contemporanea - spiega Paolo Giulierini - e programmare la mostra di Demetz al Museo ha significato incontrare uno dei profili più interessanti del panorama internazionale”, non solo, ma significativa è la collaborazione intrapresa con le Regioni Toscana e Trentino Alto Adige, preannuncio di nuovi percorsi di ricerca e studio per quello che l’Artribune nel 2017 ha definito il miglior Museo d’Italia.

Il curatore dell’evento, Alessandro Romanini punta, nel descrivere il focus della mostra, sul confronto fra materia e concetti, sempre perseguito e rincorso da un artista particolarmente sensibile nel descrivere il tema dell’humanus, dell’humanitas, della ‘lotta’ fra contemporaneo e antico, una lotta che assume i caratteri più di una sfida al dialogo che di contrapposizione: “Anche nei greci si stratificavano nei prodotti artistici concetti e tracce di secoli – vedi il Partenone – ; ma nessuna epoca veniva sostituita da un’altra, si leggevano tutte. Accade così anche nel contemporaneo, dove l’antico si incardina e le cui tracce si leggono”. Per Aron entrare come artista al Mann è stata un’esperienza ricca di emozioni, con passione dichiara : “E’ un luogo sacro, dove la tradizione è alimentata dal fuoco della dialettica fra etica ed estetica”. Il titolo della mostra AUTARCHIA sta a designare un momento di libera espressività, slegata da qualsiasi vincolo ideologico, un termine quasi di equilibrio che fuoriesce dal flusso della storia, dove fantasia/creatività dell’artista e uso dei materiali -il fare dell’artista- dialogano senza prevaricazioni, il materiale rispecchiando il fare, l’etica del lavoro, la fantasia /creatività il perché, la motivazione dell’essere artista.

Nel trasformare la materia in ‘vegetale’( uno dei modi espressivi ) il rapporto di Aron con la natura si inserisce nelle pieghe del tempo, nel gesto che rimette insieme i frammenti di antico e moderno. Incastrate fra le mitiche sculture classiche, prendono contorno e forma una grande testa in legno di cedro, che riporta alla storia del ritratto, un attimo fuggente in legno bruciato, a ricordare i calchi vesuviani e quindi a rappresentare la fragilità del corpo. Un’opera in bronzo e argilla posta fra i visi scultorei di pensatori e filosofi ci ammonisce che l’opera non è tanto il prodotto finale nel quale prende forma, ma il ‘processo di creazione e in questo caso di fusione, con tutti i suoi passaggi’. Il bronzo fuoriesce dalle forme, si smaterializza, come in alcune delle opere poste nell’atrio del Museo, dove chiodi e fili di ferro con una ibridazione tecnica di processi lavorativi segnano l’effetto della fusione e delineano lo studio delle figure, come nella scultura detta ‘dei continenti di migrazione’.

Ciò che emerge dal linguaggio di Aron e dalle figure poste nel giardino è quella che lui stesso definisce la ‘tragedia dell’univocità’ ; sono sculture intese come nucleo di riflessione sull’elemento naturale, come possibilità di mutamento. Il legno non è un elemento statico, il regno vegetale si rimoltiplica, al contrario di quello umano e zoologico. Aron è alla ricerca di una collaborazione con la natura, di uno spiraglio di sopravvivenza, che si staglia lungo tutta la traiettoria delle sue figure, studio di equilibri, anche e nonostante le bruciature, dove a volte, umanamente, la resina rimargina le ferite.