Il mitico '68
Ricorre quest’anno in cinquantenario del”68”. Il famoso “68” e tutti i settantenni piccolo e medio borghesi hanno le lacrime agli occhi al ricordo della loro ribelle gioventù. Il “68” italiano somiglia più a quello americano che a quello francese.
Difatti quello USA nacque nei “campuses” universitari fondamentalmente come protesta contro la guerra in Vietnam. Una guerra che ripugnava alla parte democratica degli Usa che la riteneva contraria ai principi ed alla storia del Paese. Gli studenti erano l’”intellighenzia” di quella protesta. Come si sa, la guerra finì con una terribile sconfitta militare, diplomatica e politica per gli Usa. Quella contestazione si caratterizzò anche per un certo edonismo data l’importanza attribuita alla libertà sessuale ed al valore ”liberatorio” delle droghe
Anche il “68” italiano fu una vicenda essenzialmente universitaria con scarso coinvolgimento del Movimento operaio che scese in campo l’anno successivo col famoso “Autunno Caldo” dei metalmeccanici e del Sindacato in genere. Tratto distintivo del ”68” italiano fu una feroce ostilità per il PCI, l’origine di quell’anticomunismo “di sinistra” che influenzò la vita del Paese negli anni successivi e le cui estreme conseguenze ancora si avvertono ai nostri giorni con l’atteggiamento verso il PD, anche se questo col PCI ha poco da condividere. L’origine “borghese” di quel movimento era evidente a chi lo osservasse con spirito critico. Basta ricordare la famosa invettiva di Pasolini1 in occasione dei fatti di Villa Giulia: non vi dicono la banale verità: che siete una nuova specie idealista di qualunquisti: come i vostri padri
Questo fu lo stigma politico di quel movimento.
Il movimento del”68” segnò certamente una cesura con la stagnante politica italiana di quegli anni ma, ripeto, il suo impeto di cambiamento non si rivolse contro i governi conservatori dell’epoca ma contro la sinistra tradizionale. Spesso dimentichiamo che il movimento di protesta nacque equivoco e contradditorio. L’elemento di identificazione fu più l’età che le convinzioni politiche. A dimostrazioni, scontri e occupazioni parteciparono in prima istanza anche i GUF ed i ragazzi del MSI. Essi si guadagnarono la scomunica di Almirante ma intanto furono fra i protagonisti della protesta. Quella vicenda ebbe il sostegno del PSI perché incontrò la stagione in cui Craxi tentava di togliere al PCI la leadership della Sinistra. Perciò il suo tratto fondamentale fu l’anticomunismo di “sinistra”. Il movimento era alla ricerca di un suo linguaggio, ignorando, come dice P.P., che in Europa ce n’era già uno, quello del Maggio francese e aggiunge: “Lo ignorate andando con moralismo provinciale più a sinistra”.
Nella contestazione studentesca italiana mentre è presente come tratto distintivo la critica e l’attacco alla sinistra politica e sindacale manca qualsiasi cenno ad una critica ai crimini del fascismo. Manca un’attenzione alla funzione della Resistenza nella conquista della democrazia. In quei giorni ad Avola uno sciopero di braccianti che chiedevano un aumento di 300 lire fu represso nel sangue: 2 morti e 46 ferirti gravi. Non una parola di solidarietà si levò dal movimento studentesco, chiuso nella sua concezione corporativa della protesta
Il Movimento in Francia fu tutt’altra cosa le parole d’ordine della protesta diventarono quelle di tutti i francesi e la solidarietà con le lotte operaie fu effettiva. Centinaia di migliaia di persone sfilarono in numerosi cortei a Parigi a dimostrazione che l’ansia di rinnovamento percorreva tutta la società e non era limitata ai recinti universitari come in Italia e in USA.
Guardate queste immagini per capire la differenza :
Come potete notare non solo il corteo è imponente ma la presenza operaia è massiccia. Questa che segue è una immagine italiana (Milano?) in cui vedete solo studenti.
La differenza fra i due movimenti è qui.
Ecco perché sostengo che nonostante l’enfasi e la dolcezza del ricordo per i settantenni di oggi la diagnosi di Pasolini fu esatta.
Molto simile a quello italiano fu il ’68 tedesco i cui il filosofo Gotz Aly mise in evidenza l’innegabile settarismo e dilettantismo con cui veniva affrontata la critica alla società da parte di giovani inesperti e saccenti Questo tratto comune alla Germania e l’Italia fu accompagnato da un altro tratto comune : l’assenza di ogni critica al nazismo e l’infatuazione per il Maoismo di cui si ignorarono scientemente i crimini. In Italia espressione politica di tale fenomeno fu “Servire il popolo” che insieme a Sinistra proletaria, Avanguardia operaia Lotta continua ed altri gruppuscoli presto degenerò nelle prime forme di terrorismo.
Il movimento del ’68 fu in effetti il primo esempio di globalizzazione delle idee che coinvolse tutto il mondo civilizzato sia pure con differenze profonde fra paese e paese. Il,linguaggio immaginifico del maggio francese fu quello che diede il tono a tutto il movimento mondiale: “Interdit d’interdire, Ce n’est qu’un dèbut! Le combat continue!”. Il movimento francese nobilitò il potere della parola. Diede voce ai muri con le scritte murali. Il reflusso è stato devastante. Il sociologo Hirschmann sostiene che la Storia alterna periodi di passione a periodi di interesse. Oggi nessuno più lotta per interessi generali ma ogni gruppo lotta per i suoi senza tenere conto di quelli altrui. Un sintomo di tale atteggiamento sono gli scioperi senza preavviso nel TPL oppure le continue occupazioni stradali di gruppuscoli minoritari. La storia del’68 è quella di una passione dissoltasi nella difesa del “particulare”. Oggi le rivendicazioni sociali hanno prevalentemente carattere corporativo, categoria per categoria. Di qui le difficoltà dei sindacati confederali ed il proliferare di quelli autonomi chiusi nel corporativismo. Oggi slogan come “Nord e Sud uniti nella lotta “o “Hasta la victoria siempre” non scaldano il cuore di nessuno. A parte quello di qualche vecchio militante sopravvissuto ai suoi tempi. Si militava per rivendicazione e idee generali che andavano oltre il vantaggio personale. Oggi il dato sociale più preoccupante è la mancanza di passione nei giovani persi in un edonismo di corto respiro. Ciò è un problema serio non risolvibile con inascoltate prediche. Solo la politica può affrontare il problema se si dà un progetto più grande e generale. Certo, finché l’attenzione sociale si immeschinisce sulla questione dei vitalizi ci sono poche speranze. Tuttavia un po’di ottimismo ci vuole. Prima o poi la Storia pretenderà il suo prezzo e i giovani ritroveranno, come la trovammo noi, la passione per un impegno che superi gli egoismi personali e di gruppo.