“Identikit” di Carlo Ravioli: la trasposizione del virtuale come mezzo di comunicazione nel mondo reale
Domani, venerdì 6 luglio, avrà luogo il vernissage della mostra d’arte contemporanea “Identikit” con le opere di Carlo Ravaioli. L’esposizione, a cura di Marisa Lepore, con allestimento di Maria Manna e catalogo curato e inedito da Il Vicolo Editore, verrà ospitata nelle Sale Espositive di Castel dell’Ovo fino al prossimo 18 luglio.
“Identikit” è realizzata dall’associazione napoletana Giano Bifronte in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, in partenariato con Università degli Studi di Napoli Federico II – Dipartimento di Scienze Sociali e con l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Il testo critico è di Luigi Caramiello, docente di Sociologia dell’Arte e della Letteratura dell’Università di Napoli Federico II, che sarà presente anche al vernissage, ore 17:00.
I lavori di Carlo Ravaioli si presentano come risultato di una ricerca, avviata già nel 2004, dell’artista stesso sull’identità femminile, una ricerca sull’identità dove realtà, desiderio e tecnologia diventano gli elementi di un percorso artistico per un viaggio iperreale, luogo di coniugazione tra la pittura e la materia sociologica. Carlo Ravaioli pone l’accento sulla derealizzazione e sull’iperreale come ibridazione. Reale e virtuale: due mondi integrati, come da sempre avviene nell’ambito dell’arte, il surrealismo ne era un chiaro esempio.
Le opere esposte rappresentano lo specchio di una società multimediale dove reale e virtuale si intersecano ripetutamente, ove vi è un velo sottile tra l’essere e l’apparire, tra occorrenza e sogno, tra vita e gioco, tra identità reali e fittizie, soggetti modellabili e rimodellabili a piacimento. Sul piano concettuale non si può non convenire che il virtuale è uno stato dell’essere, esattamente come il reale.
In questa esposizione alcuni ritratti reali si uniscono ad altri che rappresentano gli identikit che abitano la mente dell’artista, creati come avatar di Second Life. Sul piano comunicativo – emozionale risulta fondamentale il confronto con la costruzione materiale di una propria proiezione identitaria.
Il processo immaginario utilizzato dall’artista allude alla stessa metodologia utilizzata per l’identikit investigativo, strategia utilizzata per la ricomposizione dell’immagine di qualcuno attraverso particolari più o meno attendibili perché basati sulla labilità di un ricordo e sulla fievolezza della memoria. Carlo Ravaioli utilizza questa tecnica per materializzare i ricordi, fotografare i sogni e dare un corpo alle voci senza volto.
L’identità di questi suoi ritratti si veste di ambiguità perché questi non sono solamente la traduzione di volti, di gesti, di sguardi, ma diventano umanizzazioni di sensazioni, ricordi, emozioni, di “pixel” a cui è stata concessa vita reale con la trasposizione cristallizzata nell’opera d’arte.
Proprio parlando dell’opera, in “Identikit” saranno esposti ben 14 ritratti femminili, estremamente realistici, realizzati con gesso, grafite e tracce di colori acrilici su tavola di legno, con un taglio ampiamente americano, a dimensione reale su sfondo scuro e costruzione dell’immagine in apparizione, con la tecnica del levare in più fasi. L’elemento di maggiore rilievo rimane, comunque, il tratto chiaro/scuro della grafite che conferisce la sensazione di pittura graffiata e volutamente contaminata. La grande maestria della tecnica pittorica contemporanea e multimediale si associa ad un segno e disegno di grande valenza.
Ogni donna ritratta è stata rappresentata in posizione frontale, con un proprio gesto delle mani realistico, simbolico o evocativo, con gli occhi dritti, puntati su quelli dello spettatore. Gesti e sguardi delle donne trasmettono un impellente bisogno di comunicazione, un desiderio di indagare e scoprire chi realmente siamo, come ci autorappresentiamo e come appariamo allo sguardo degli altri. Nella predominanza di bianchi e neri, i ritratti insinuano una virtualità realistica che sorprende e sospende lo spettatore.