I tre problemi scottanti di Napoli: trasporti, sanità, lavoro
Discutendo con alcuni amici abbiamo convenuto che i nostri concittadini, i napoletani, si trovano ogni giorno a fronteggiare i seguenti problemi (in ordine d'importanza): trasporti collettivi, servizi sanitari, lavoro. Sono problemi che chiamano in causa le amministrazioni pubbliche locali direttamente (i trasporti e la sanità) o indirettamente (il lavoro).
I trasporti ovvero i mezzi pubblici su gomma o su rotaia sono a Napoli in condizione disastrosa. Le corse sono rare e specie quelle di prima mattina o di tardo pomeriggio avvengono in autobus e treni della metropolitana affollati in stile giapponese, cioè con la pressione dei corpi dei passeggeri sopportabile appena da giovani in buona salute e da anziani ancora sufficientemente forzuti. Donne, anziani, disabili e bambini non possono gareggiare nell'affrontare una corsa nelle ore di punta. Gli utenti talvolta esasperati scaricano la loro insoddisfazione sui poveri addetti, controllori, autisti, manovratori, che sono vittime incolpevoli del disagio dei cittadini. Non sono rari i casi di dipendenti delle aziende di trasporto pubblico costretti a farsi medicare in ospedale per ferite ricevute da facinorosi, esasperati utenti.
Le responsabilità politiche e amministratrive di mezzi di trasporto rari e fatiscenti si ripartiscono tra il Comune e la Regione Campania, cioè tra il sindaco de Magistris e il governatore De Luca. Il sindaco non è in grado di organizzare attraverso i suoi fiduciari il servizio in maniera decente. Invoca a sua giustificazione la mancanza di quattrini, cioè un bilancio municipale ormai all'asciutto ma dimentica di dire che ha evitato per anni la resa dei conti, cioè la dichiarazione di dissesto e il passaggio dei poteri ad uno o più commissari al bilancio nominati dal governo. Il governatore De Luca che invece dispone di risorse finanziarie, ha acquistato gli unici mezzi pubblici decorosi che da qualche tempo circolano per Napoli ma l'ha fatto centellinando i finanziamenti e poi essendo il De Luca un accentratore, sospettoso di allevare potenziali concorrenti alla successione nella presidenza regionale, ha concentrato nelle sue mani anche la funzione di assessore regionale ai trasporti. Insomma i trasporti pubblici sono governati da due uomini politici ambiziosi al di là delle loro capacità personali di amministratori.
I servizi sanitari che sulla carta dipendono dalla Regione, sono stati sottoposti in Campania per oltre dieci anni ad un regime commissariale vigilato dal Ministero della salute che li ha costretti ad un continuo salasso finanziario. Il risultato è che oggi la sanità in Campania è priva di personale. I pochi, tra medici e infermieri che non sono ancora andati in pensione, non sono in numero sufficiente a prestare le cure necessarie ai malati. Le liste di attesa dei malati che vorrebbero essere curati, sono perciò scandalosamente lunghe e chi ha mezzi personali si fa curare privatamente oppure si trasferisce in ospedali attivi altrove, specie in Lombardia e in Emilia-Romagna. Insomma dalla Campania i cittadini emigrano non solo per trovare altrove un lavoro ma anche per farsi curare in ospedali pubblici dove il personale se non ha le competenze e l'esperienza dei medici napoletani, almeno ti assiste decorosamente rispettando i tempi di una civile degenza.
Il terzo problema che affligge i napoletani, è la mancanza di lavoro ovvero, a dir meglio, lo squilibrio tra il numero di persone che potrebbero lavorare e le occasioni che si offrono loro localmente, occasioni scarse, insufficienti oppure inferiori non diciamo alle aspettative di chi cerca un lavoro ma inadeguate a utilizzare le loro capacità. Negli ultimi otto anni, da quando si è avviata anche a Napoli la recessione dell'economia, il mercato del lavoro locale è stato stravolto. Per mancanza di clienti che fossero in grado di acquistare beni e servizi hanno perduto il lavoro migliaia di impiegati nei negozi e negli uffici, i quali sono stati costretti a diventare lavoratori autonomi, quelli con la partita Iva. Molti giovani a loro volta hanno dovuto accettare lavori sottopagati, irregolari, come prima occupazione. Gli studenti poi ottenuto il diploma si sono trasferiti al Nord oppure all'estero – sono i cosiddetti cervelli in fuga, espressione che trascura di dire che l'alternativa di chi sarebbe rimasto sarebbe stata di fare a Napoli il cervello sprecato.
Le statistiche dicono che nel mercato del lavoro locale è grande il numero dei giovani che non lavorano e non sono impegnati in un'attività formativa, ad imparare un mestiere. Ma le statistiche ingannano. Molti di questi giovani svolgono per necessità lavoretti sottopagati e pochi lo fanno per scelta autonoma mentre pochissimi amano il dolce far niente, in attesa di tempi migliori. Alcuni di questi rari giovani fannulloni alimentano la nuova favola metropolitana di gente che aspira a ottenere il reddito di cittadinanza promesso da Luigi Di Maio, il leader dei 5 Stelle. Se si comportassero così, farebbero il gioco degli alleati/antagonisti di Di Maio, cioè dei leghisti di Salvini, i quali coltivano lo stereotipo del napoletano sdraiato sul divano in attesa dell'assegno assistenziale che ogni mese gli sarebbe pagato dal Ministero del lavoro, anzi del non-lavoro.