Un lungo viaggio da Depretis ad Ancelotti: ecco il nascente "trasformismo calcistico" partenopeo
Due personaggi così lontani nel tempo eppure così simili nel pensiero nel loro ambito di appartenenza possono davvero esistere? Analizzando l'operato politico di Agostino Depretis nella seconda metà dell'800 italiano e quanto sta costruendo Carlo Ancelotti con il Napoli nel 2018 la risposta alla nostra precedente domanda non può che essere affermativa.
D'altra parte se l'otto volte Presidente del Consiglio fu il fautore dello sviluppo della pratica politica del cosiddetto "trasformismo", il paragone con il "trasformismo calcistico" attuato da mister Ancelotti da quando siede sulla panchina azzurra viene spontaneo. Sembra quasi una forzatura eppure non lo è affatto. Se, infatti, la pratica politica promulgata dal buon Depretis aveva come obiettivo quello di riunire in modo utilitaristico deputati (anche di fazioni opposte) in un unico schieramento al fine di raggiungere dei risultati nel minor tempo possibile e senza troppi dissidi, lo stesso discorso vale anche per l'idea calcistica del tecnico di Reggiolo. Non a caso anche l'allenatore azzurro fa le proprie scelte (siano esse di uomini, modulo ed atteggiamento tattico) in base alla loro utilitá e al fine di raggiungere uno scopo nel modo più pragmatico possibile. Pragmatismo che per inciso non si era mai visto prima d'ora alle pendici del Vesuvio.
La prova lampante di quanto stiamo dicendo è la partita giocata dal Napoli martedi sera contro la corazzata del Psg. Una partita che ai più sarà apparsa lenta, tattica e in parte frenata dal clamoroso risultato maturato in quel di Belgrado ma che in realtà è stata un vero e proprio inno all'intelligenza e alla sagacia tattica di un allenatore che non ha eguali al mondo. D'altronde non è affatto casuale se il Napoli, a due giornate dalla fine del girone di Champions League, sia primo in classifica e si stia giocando seriamente la qualificazione contro due squadre che ai nastri di partenza erano date da tutti come due tra le potenziali detentrici al titolo finale: Liverpool e Psg. Dietro a tutto questo c'è un grande lavoro fatto dal mister e dai suoi ragazzi che lo seguono alla perfezione ma soprattutto c'è la voglia di un gruppo di far capire a tutti il proprio valore.
Non sempre i soldi fanno la felicità e le recenti sfide tra gli azzurri e le corazzate inglesi e francesi ne sono la prova concreta. Questo cosa significa? Significa che il Napoli è lì e sta dimostrando di potersela giocare anche con chi ha la possibilità di spendere almeno il triplo se non il quadruplo sul mercato. Sta soprattutto dimostrando che forse, da fin troppe persone, questa squadra era stata sottovalutata in estate dove venivano previsti scenari prettamente negativi. Il detto napoletano “o' napulitano se fa sicc, ma nun 'more...” ci torna quanto mai utile in questo caso, qualcuno avrebbe dovuto ricordarlo prima di sparare sentenze affrettate. Detto questo non ci reste che elogiare dunque la crescita di questo Napoli, un Napoli che adesso non gioca più soltanto bene ma al gioco fa seguire i fatti. Non si vuole con questo
sminuire il recente passato Sarriano (o Sarrista che dir si voglia) ma semplicemente si vuole analizzare una crescita mentale che sta avvenendo in maniera oggettiva grazie ad un allenatore vincitore per bene tre volte in Champions League, non certo l'ultimo arrivato. All'ubriacatura europea però adesso dovrà seguire un repentino ritorno sulla terra per affrontare una sempre temibile trasferta come quella di Marassi contro un Genoa in cerca di riscatto. Quanto il Napoli sia pronto a qualificarsi davvero agli ottavi di Champions e a giocarsela in campionato lo si capirà anche da questa partita.