In Campania ritorna l’immagine di Terra dei Fuochi
Ritorna l’allarme in Campania sui rifiuti, anche se questo è un problema che riguarda l’intero territorio nazionale, per la mancata scelta di un modello di smaltimento e la mancanza d’impianti, con un continuo movimento inter-regionale di tonnellate di spazzatura verso impianti di trattamento, tramite Tir che inquinano forse più dei rifiuti che portano.
Il fenomeno del loro smaltimento in Campania è assurto a caso Nazionale nel 2013, quando, un rapporto di Legambiente, lanciò l’allarme sull’incendio di rifiuti, costituiti, secondo i rapporti dei Vigili del fuoco, prevalentemente da scarti di lavorazioni industriali (plastica, pellami e tessuti). La popolazione delle province di Caserta e Napoli, insorse denunciando un’accentuazione, in alcune delle loro aree, dell’incidenza da neoplasie, poi confermata dalle analisi dell’Istituto Superiore di Sanità, affermando però di non essere in grado di stabilire un nesso di casualità tra inquinamento e insorgere di tali patologie. Il danno d’immagine per le attività agroalimentari e il loro commercio è stato notevole. Le loro esportazioni dalla Campania diminuirono, nel primo semestre 2014 del 5,8% per poi chiudere con una crescita dell’1,9% vs il + 5% dell’anno precedente. Il crollo maggiore fu nell’export dei prodotti lattiero-caseari che calarono del 31%. Le analisi condotte su verdure e frutta smentirono ogni forma d’inquinamento, ma il danno d’immagine era compiuto. L’inquinamento era limitato nei terreni e non raggiungeva i frutti a causa di un terreno di origine vulcanica, ricco di minerali, che impediva alle piante di assorbire le polveri sottili che ricadevano sul terreno, ma non di respirarle. Da qui a produrre malattie respiratorie e neoplasie, il passo era ed è breve.
Chi era responsabile dei roghi?
Prevalentemente imprese locali dedite alla contraffazione o che usavano lavoro nero e che, ricorrendo allo smaltimento regolare, si sarebbero autodenunciate. Ma anche imprese regolari che miglioravano la loro redditività abbassando i costi di smaltimento dei rifiuti. Era ed è ancora un problema da affrontare con politiche industriali mirate, per elevarne, con investimenti innovativi, produttività e redditività. Invece si è puntato solo sulla repressione, dando la caccia ai piromani, senza purtroppo grandi risultati.
Cos’è oggi la ripresa dei fuochi?
Anche se gli incendi di rifiuti industriali non sono stati debellati, siamo di fronte ad un altro fenomeno aggiuntivo. Pur essendo cresciuta la raccolta differenziata abbiamo pochi impianti di trattamento e ricorriamo all’esportazione, verso altri Paesi o regioni, degli stessi rifiuti differenziati. Solo che la Cina, principale importatore, ha chiuso le sue porte. La plastica che differenziamo è di bassa qualità e la Cina non l’accetta più. La chiusura di questo sbocco ha provocato la chiusura di altri impianti di destinazione in paesi europei, poiché senza esportazioni, quegli impianti sono saturi dei loro rifiuti. Anche i pochi impianti italiani sono orami saturi e così i nostri centri di stoccaggio si riempiono oltre il limite possibile. Così in Campania, i fuochi non avvengono più in aperta campagna, ma dentro questi centri, con l’effetto benefico, per i gestori, di liberare spazio e poter continuare a raccogliere e guadagnare. Certo anche i cittadini esasperati dai cumuli di spazzatura, contribuiscono con altri roghi, ma questo è un problema d’incoscienza e scarso senso civico.
Il governo intende affrontare tutta questa problematica con inasprimento della repressione, senza mai andare all’origine dei problemi, che sono di natura industriale per i rifiuti speciali e di una riorganizzazione efficace del ciclo dei rifiuti per quelli urbani. Per questi ultimi è necessario una chiusura del ciclo, una volta differenziati, creando impianti di trattamento dei diversi materiali per ricondurli a nuova vita. Andare a caccia degli incendiari non ha finora dato risultati rilevanti ed esportali è oggi difficile, oltre che molto costoso.