Berardo Impegno a colloquio con Attilio Belli in vista dell’iniziativa “Per Napoli”
BI: Parto da un’affermazione radicale di cui mi prendo io la responsabilità: è da molto tempo, da decenni, che Napoli soffre della mancanza di un rapporto fra progetto e amministrazione. Non vorrei forzare il tuo pensiero, ma mi sembra che questa mia opinione è analoga a quella che tu sostieni nel libro pubblicato di recente da Guida Editori e che si intitola: “Napoli. Cronaca di un’implosione annunciata”.
Nella storia recente di Napoli si possono individuare molte occasioni mancate, in particolare il non avere realizzato la Napoli-Metropoli, per la miopia delle classi dirigenti della nostra città.
AB: Sono totalmente d’accordo. Mi sono deciso a pubblicare questa raccolta di articoli, da me scritti per il Corriere del Mezzogiorno, pur non essendo convinto di questo tipo di operazione editoriale, che segnala spesso la mancanza di un pensiero compiuto e organico. E spesso l’autore si rifugia, quasi a “grattare le briciole” di pensieri sparsi. Però, rileggendo questi cinquanta editoriali, mi è parso che un senso della riflessione ci fosse. Mi è sembrato che il testo potesse essere uno stimolo a superare proprio il divario tra il progetto e l’azione. La cui mancanza è stata la mia disperazione. Nelle due volte in cui la mia modesta competenza mi è sembrato che potesse contribuire a superare proprio il divario fra progetto e amministrazione concreta si sono dimostrate un fallimento. Una volta alla Regione Campania col Piano Regionale di Urbanistica e la seconda volta al Comune di Napoli col Piano Strategico di Napoli. Ho verificato che quando cerchi di impegnare un’Istituzione locale a essere coerente con una visione di intervento di carattere generale, “vai a sbattere contro il muro”. O il percorso viene considerato lungo, tortuoso, incomprensibile, o che il “protagonismo delle competenze” possa intralciare il “protagonismo dei politici”.
BI: Io penso che c’è qualcosa di più. L’ultimo episodio “scritto” di un progetto per Napoli è stata “la Variante al PRG” redatta da Vezio De Lucia per conto del sindaco Bassolino. Nel progetto è prevalsa una visione ideologica di tipo “sovietico” di governo del territorio. Da allora in poi, tutti i tentativi di ripensare il governo del territorio urbano napoletano, compreso il tuo, si son dovuti scontrare con questa pesante eredità. In effetti, la classe politica che ha diretto la città in questo tempo o è stata “figlia” di quella concezione, o è stata debole nel tentativo di superarla. In fondo l’ideologia è stata un macigno durissimo da superare. Politicamente, il consenso resta ancora dentro quelle scorie ideologiche del passato, di cui De Magistris è l’estremo epigono. La modernità è ancora il problema non risolto nella cultura prevalente napoletana.
AB: Condivido questa tua valutazione. In quella impostazione Bassolino – De Lucia c’era, da un lato l’insufficienza culturale di passare da una cultura industrialista a una cultura aperta all’ambientalismo, ma che non fosse sopraffatta da quella che io chiamo “paleo-ambientalismo”, cioè un ambientalismo incapace di pensare proposte che tenessero insieme sviluppo e tutela dell’ambiente. Invece è prevalsa la visione del “risarcimento ambientale” combinata con la rivendicazione di essere portatori di una “diversità” nei confronti di quanti avevano ferito Napoli con “le mani sulla città”. Pur di affermare la propria “diversità” si è perso il treno della modernità. Si è ritenuto che lo Stato potesse “prescrivere” e la società doveva seguire. Ma le cose non vanno così. Nelle più avanzate città europee, la fine della fase industriale si è coniugata con l’inizio di una foltissima innovazione in cui sviluppo e ambiente si combinavano senza contraddirsi. Porto a mo’ di esempio ciò che è stato fatto in Costa Azzurra (Costa Azzurra!), con il Parco di Sophia-Antipolis, nell’entroterra di Antibes, fra Nizza e Cannes. Né si può dire che io sia stato tenero verso “i poteri forti”. la mia storia professionale tutto attesta tranne quella di essere stato “docile” nei confronti del “sistema affaristico”. Perciò, mi sono ancora più dolorose le ferite che sento ancora aperte nel mio rapporto con la politica istituzionale. In una ricerca di un’agenzia che ha come acronimo OPAL, segnalata recentemente dal Sole Ventiquattrore, si dice: nelle città italiane non c’è nessun dato che attesti il censimento delle aree industriali dismesse, per cui gli investitori stranieri, che nel 2017 erano il 3%, quest’anno si sono ridotti all’1%.Ecco, chiederei all’Unione industriale di Napoli perché non fa per la nostra area una ricerca di questo tipo e la mette a disposizione degli investitori?
BI: Ho già detto come De Magistris rappresenti l’estremizzazione di un modo di intendere l’amministrazione che ha i suoi precedenti nel passato nostro prossimo. Ma le cose, nella sostanza, non sono cambiate neanche col Governo Renzi. Renzi commissariò Bagnoli, proprio per operare un’inversione politica rispetto a come si era pensata quell’area nel PRG. Ma, poi, si è arreso, ridefinendo il piano di intervento che finiva col ripetere, nella sostanza, le idee di De Lucia. E temo che la storia continui con il commissario targato Cinque Stelle. D’altra parte nulla si è fatto, né si poteva fare con quella impostazione, per l’area orientale della città. Ancor di meno per il centro storico. E nulla per la città Metropolitana di Napoli.
Ora stiamo provando a mettere in campo iniziative diverse, per smuovere questa situazione stagnante. C’è l’appello “Per Napoli” firmato da molti giovani e da alcuni “senatori” tra cui tu ed io, con l’impegno di vederci insieme il prossimo 14 dicembre al Pozzo e il Pendolo. C’è l’iniziativa da te preannunciata, alla presentazione del tuo libro, di un appuntamento per illustrare alcune proposte per l’area metropolitana di Napoli. E poi ci sono le tante presenze artistiche e culturali, con manifestazioni che testimoniano la vivacità presente in città. Ma tutto questo, e voglio la tua opinione, va messo a sistema. Come possiamo fare?
AB: Ritengo che gli sforzi, anche minuscoli, che ciascuno di noi ha fatto nel passato, non hanno avuto alcun esito. In ogni caso rimane importante questo primo “passetto” che stiamo cercando di fare. Se a un appello sostanzialmente di uomini di partito si aggiunge un’iniziativa più di carattere civile, nell’autonomia delle reciproche sfere d’azione, si possono verificare le condizioni per un superamento delle difficoltà attuali. Proprio perché siamo in grave difficoltà, paradossalmente, io sono “ostinato nella speranza”, che questo può essere il momento giusto per reagire, una speranza non vittimistica, da ultima spiaggia, ma “ostinata” a non mollare la presa.
L’ostinazione ci unisce. Del resto la malattia professionale del politico è quella di essere per forza ottimista. Ma noi decidiamo di esserlo senza rinunciare ad una spietata analisi realistica di come stanno le cose.
Per saperne di più: ATTILIO BELLI: NAPOLI UN’IMPLOSIONE ANNUNCIATA