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TEN THOUSAND NAME di Arash Radpour alla DAFNa gallery

Scritto da Luca Murolo Il . Inserito in Mostre

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La DAFNa è una home gallery, tra le più accorsate della nostra città. Il nome è l’acronimo, con un pizzico di fantasia ed estro, dei fondatori della galleria, Danilo Ambrosino e Anna Fresa.

È ubicata in un antico palazzo nobiliare di via Santa Teresa degli Scalzi, la salita che porta dal Museo Nazionale a Capodimonte. Si accede all’appartamento che ospita la galleria, tramite una splendida scala a doppia rampa, che avvolge chi sale in un preludio di magia, che esplode immediatamente nella grande sala che ospita sempre le opere di maggior impatto visivo ed emozionale.

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Dal 14 marzo al 14 maggio la DAFNa ospita la mostra Ten Thousand Names dell’artista Arash Radpour, e appena si entra, si viene immediatamente assaliti dall’intrigante e misterioso leviatano rosso che occupa la maggior parte della sala principale. Un Utero gigante. È la prima volta che Arash si cimenta, nel suo percorso artistico, con la terza dimensione, e con questa grande istallazione, composta di frammenti di vetro rosso tenuti insieme da fili, sospesa nell’aria, ci racconta la Madre.

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La Madre primordiale, la Donna, non quella succube nata da una costola, ma la creatrice e Madre di tutto. Quella presente in tanti miti ed in tante religioni, indipendentemente dai confini geografici e temporali, che sia chiamata Afrodite, Amaterasu, Astarte, Iside o Cibele, la Grande Dea e Maria Vergine,e da qui il nome della mostra, Ten Thousand Names ( diecimila nomi ). La vita, la sua generatrice, la sua catarsi. L’esposizione continua nelle altre sale, con trittici che riproducono lo stesso tema in forme grafiche differenti. L’artista ci racconta il proprio vissuto, il suo rapporto con il mondo femminile,le sue esperienze, dalle prime donne della sua vita. Una madre campionessa di back-gammon, una sorella, Demetra,che lo aiuta nell’istallazione dell’opera e ricorda con tenerezza quando da bambino, nonostante il terrore per l’acqua alta, si lanciasse a salvarla mentre lei fingeva di annegare. È l’utero che Radpour ci continua a rappresentare. L’utero come simbolo di nascita e di vita, dai primordi all’infinito, nel protendersi verso l’infinito delle ali del grande Utero universale. La grande istallazione, rossa sul bianco delle pareti, giganteggia su tutto e incombe sullo spettatore senza lasciargli fiato e distrazione, nella sua prepotenza di Madre onnipresente e onnipotente.

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Arash Radpour nasce nel 1976 a Teheran, ma dall’età di 4 anni si trasferisce a Roma con la famiglia, dove completa gli studi e si diploma in fotografia all’istituto Rossellini. Artisticamente nasce come fotografo, lavora nel campo della pubblicità, dove miete i primi successi, e si specializza come ritrattista. Maestro del bianco e nero, sono famosi i suoi ritratti di personaggi noti, come Nicolas Cage, Tinto Brass e Toni Servillo.

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Espone in Italia, in India, a Buenos Aires ed a New York. Qui prepara il libro “New York, a photographer’s city”, edito da Rizzoli, che nel 2011 gli procurerà la selezione tra i migliori cento fotografi del mondo. Dal 2014 vive a Napoli, dove prepara l’esposizione che Danilo Ambrosino e Anna Fresa, in collaborazione con Carla Travierso, presentano alla DAFNa Gallery.

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