I “comunisti“ fra nostalgia e realtà
Immancabili, regolari come i monsoni e gli alisei, spuntano in occasioni di elezioni quelli che non voteranno PD “perché loro sono comunisti” e il PD non lo è. Cosa del tutto ovvia. Osservazione che trascura la realtà che in Italia non sono comunisti nemmeno quei partiti(!?) che nello stemma tengono 44 falci e martelli.
Distinguiamo fra nostalgia e politica. Per me, ad esempio, gli anni che ricordo con nostalgia sono quelli fra il 1947 ed il 1957. Da quando mi iscrissi al PCI a quando entrai in Ferrovia.
La mia iscrizione non nacque da poderosi studi sul marxismo (d’altronde impossibili perché avevo 16 anni) ma dalle osservazioni sulle miserie e le ingiustizie che vedevo nei vicoli e nelle quali ero coinvolto in prima persona. Andavo al liceo e dovevo aspettare che qualche compagno mi prestasse i libri visto che mio padre non ce la faceva a comprarli. Allora non c’erano i buoni libro. Abitavo al Vomero e mi facevo a piedi andata e ritorno da casa al Liceo. Nonostante le difficoltà furono anni bellissimi perché mi aprirono la mente nella comprensione della società e mi insegnarono come parlare e relazionarsi con le persone. La povertà non la sopportavo. Non per me ma perché era la condizione ingiusta di tutte le persone che conoscevo.
In quei giorni il PCI era l’unico strumento per lottare. Lo sapevano anche i suoi avversari. Il popolo dei vicoli, a volte ferocemente monarchico, si aspettava che i comunisti fossero sempre onesti. In ogni occasione. Era un impegno che sentivamo e che tentavamo sempre di rispettare. Queste erano le questioni che sentivo mie. Allora il partito faceva intensa opera di educazione degli iscritti ma io, lo confesso, non sono mai riuscito a interessarmi delle lotte fra le fazioni del PC(b) dell’URSS negli anni ‘20. Quando andai a Frattocchie nel 1954 (che le anime oneste e fiere dei compagni Foco e Giachetti, i direttori, mi perdonino) ho sospeso la lettura del “Saggio sulla linguistica “ di Stalin dopo poche pagine e ho messo da parte “Le questioni del leninismo “dello stesso autore perché proprio non riuscivo a capire che ci azzeccassero con la mia condizione di giovane militante meridionale. Tutt’altro discorso col saggio “La questione meridionale “ di Gramsci e gli scritti di Emilio Sereni e Ruggero Grieco sulla economia meridionale. Quelli sì che erano scritti da seguire, leggere e fare propri con passione.
Scusatemi la lunga digressione. Lo so è un mio difetto capitale al quale non riesco a sottrarmi.
Torniamo alla politica per dire ai miei compagni “ comunisti for ever” che in Italia c’era un Partito comunista solo nel nome. Esso in effetti era il partito social-democratico di cui l’Italia aveva ed ha bisogno. Come sanno quelli più istruiti il Comunismo si basa sul principio: Da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”. La realizzazione dell’uguaglianza assoluta fra gli uomini in un sistema in cui la proprietà dei mezzi di produzione era collettiva. Secondo i dettami bolscevichi un partito simile doveva essere per forza un partito di quadri, l’avanguardia cosciente delle masse proletarie e contadine. Difatti il PC(b) dell’URSS su 300 milioni di abitanti aveva circa 300mila iscritti.
Il PCI era invece un partito di massa. Su 54 milioni di abitanti aveva un milione e mezzo di iscritti e aveva una sezione per ogni campanile. Era un partito escluso dal governo per ragioni internazionali che garantiva la sua presenza e realizzava la sua funzione amministrando comuni,province e regioni Un PCI che in questa opera “socialdemocratica” poteva contare anche sulla massiccia presenza di quadri comunisti nel sindacato.
Edmondo de Amicis scrive in un saggio del 1907: “Tra poco non ci saranno in Italia che tre partiti: I socialisti, i loro avversari intransigenti e gli iniziatori audaci di riforme pratiche a vantaggio dei lavoratori”. Il PCI era esattamente questo: Il partito degli audaci iniziatori ed assertori di riforme “PRATICHE” a vantaggio dei lavoratori. Con in più aggiungo una forte connotazione politica :l’amore per la libertà e il sostegno alla Costituzione. I comunisti sapevano bene, negli anni ‘50 e’60 , pieni di pulsioni e tentativi reazionari (il golpe Borghese, i massacri nelle piazze, il “tintinnar di sciabole” negli alti comandi) che solo la Costituzione garantiva la loro sopravvivenza e che in questa azione l’incontro e l’accordo con la sinistra DC era essenziale.
Il Pd è figlio di questa storia. La direzione Renzi si era allontanata da questi principi. Perciò è stata sconfitta. Adesso, in un momento in cui il sovranismo populista con le sue pulsioni fasciste in evidenza è una minaccia reale, i democratici di tutti i tipi hanno due doveri : Salvare l’Europa e sconfiggere i fascismi emergenti. Ciò è possibile in Italia solo raccogliendosi intorno all’asse dell’alleanza democratica che è il PD. Non si tratta di “turarsi il naso” Si tratta di fare politica qui ed ora, in questa situazione e con le forze disponibili. Il nuovo corso del PD, l’attenzione verso i sindacati e le organizzazioni di massa sono un segnale chiaro :Il vento è cambiato O preferite che in attesa che sorga “Il sol dell’avvenire” sui popoli europei, sui lavoratori si addensino i nembi di una feroce reazione, colorata di fascismo?
Ovviamente ognuno fa come crede purché si faccia carico delle proprie responsabilità. Il settarismo è dannoso. A chi ricorda la storia voglio dire : Vi ricordate i disastri e a cui ci condusse la scellerata definizione di “social-fascismo “ che impedì l’alleanza con i socialisti per scongiurare la guerra?
Pensateci e auguri.