Lecce – Il trionfo del Barocco
Tra la fine del XVI secolo ed il XVIII, in epoca di dominazione Spagnola, nel Salento, che finalmente cominciava al sentirsi al sicuro dalle incursioni dei Turchi, ci fu un momento di gran benessere e si diede inizio alla costruzione di monumenti ecclesiastici e palazzi nobiliari, in quello che era all’epoca lo stile in voga, usato soprattutto in Spagna ed a Roma: il Barocco.
Qui, grazie al materiale locale più comune, la “pietra leccese”, di colore chiaro, morbida e facilmente intagliabile con lo scalpello, il Barocco trova il suo tripudio, tanto da prendere il nome di “Barocco leccese”.
Il centro storico della città è una vera bomboniera. Scrive Gianbattista Vico agli inizi del ‘700: - La città di Lecce, la quale dopo Napoli, capitale di questo regno, e per magnificenza di edifici e per frequenza di abitatori e per isplendore di civili costumi e per ricchezza di marittimi traffichi è la più riputata-.
La leggenda narra che fu fondata da Malennio, eroe troiano, fuggito come Enea dall’omerica disfatta, attorno al 1200 a.C., ma sono state trovate tracce molto più antiche, risalenti al III millennio prima di Cristo, di stanziamenti Illirici, in epoca così detta “messapica”. La città si chiamava Sybar, e vi si parlava il”griko salentino”, antica lingua di origine ellenica, di cui ancora sono visibili le tracce, scolpite in alcuni monumenti. In seguito alla conquista romana, mutò il nome in Lupiae, per poi diventare nel medioevo Lipiae, e per assonanza, in dialetto locale Licce, ed infine Lecce.
Subì numerosi domini, offuscata dalla vicina Otranto, capitale bizantina, prima, poi Saraceni, Longobardi e Slavi, fino ai Normanni, che si stanziarono nel Sud-Italia, e le diedero un nuovo impulso ed una nuova grandezza. L’ultimo re Normanno, Tancredi di Altavilla nacque a Lecce, infatti era anche conosciuto come Tancredi di Lecce. Seguirono gli Svevi, che con l’imperatore Federico II lasciarono la loro impronta immortale, e gli Angioini. Quindi passarono sotto il Regno di Napoli, e gli Spagnoli, che come detto in apertura, costruirono quelli che sono i monumenti più caratteristici della città. Carlo V fece erigere le nuove mura che oggi cingono idealmente il centro storico, sebbene quasi del tutto sparite, ed un Castello fortificato, per difendere il territorio dalle incursioni ottomane ancora frequenti.
Nel 1756 una violenta epidemia di peste colpì Lecce mietendo numerose vittime, cessò, a detta del popolo, per intercessione di Sant’Oronzo, già patrizio romano, vescovo e martire dal I secolo, che da quel giorno divenne patrono della città, sostituendo la pur venerata santa Irene.
Dalla piazza che gli fu dedicata, piazza Sant’Oronzo, ideale centro della città antica, può partire, a mio parere, un giro turistico-culturale di Lecce.
Qui sono presenti varie delle culture che sono state nei secoli la linfa vitale della città: i resti dell’anfiteatro romano sono a vista, sotto gli occhi dei visitatori incantati dalla bellezza e dalla suggestione del luogo, circondati da palazzi di epoca fascista e dalla chiesa di Santa Maria della Grazia.
La colonna di Sant’Oronzo, al centro, mentre io sono a Lecce, è purtroppo racchiusa dai tubolari dell’impalcatura montata per restaurarla, e posso ammirarla solo in fotografia, ma poco male, perché come si suol dire, “c’è tanta roba”. Per noi Italiani non è poi così strano trovarsi di fronte rovine romane, magari in pieno centro, ma l’anfiteatro di Lecce ha comunque qualcosa di magico. Ritrovato solo all’inizio del secolo scorso, durante la costruzione della Banca d’Italia, è visibile per un terzo, la restante parte resta sepolta sotto altri edifici, tra cui la splendida chiesa di Santa Maria della Grazia. Di epoca Augustea, poteva contenere circa 25mila spettatori, più o meno la capacità dell’odierno stadio di calcio.
Camminando per un centinaio di metri verso est, si incontra il castello di Carlo V, maestoso come tutti i castelli Aragonesi, ma questo è completamente chiaro, quasi bianco, e riflette la luce abbagliante del sole salentino, dandogli un aspetto meno truce dei suoi simili. Sono sempre presenti mostre ed esposizioni, ma la vera meraviglia è il castello stesso. Ogni porta, ogni soffitto, ogni angolo è un capolavoro che ingentilisce una costruzione nata per scopi militari.
Continuando la passeggiata verso nord, Porta Napoli, una delle quattro porte volute dal re Aragonese, si incontrano, fuse in un unico blocco, come se fossero una sola cosa, la Basilica di Santa Croce, quello che è universalmente conosciuto come il più significativo esempio di Barocco leccese, ed il Palazzo dei Celestini, che al suo fianco pare quasi sobrio. In realtà la facciata è piena di intarsi floreali e ghirigori in pietra, anche se non paragonabile con la Basilica, costruita per commemorare la battaglia di Lepanto, dove tra colonne e puttini, angeli e motivi allegorici, non si sa dove posare gli occhi. Ed è questa l’impressione che si ha in tutto il centro storico, palazzi monumentali dove ogni portone ed ogni balcone sono così magnifici ed affascinanti, che ogni angolo è una storia a se.
Voglio ricordare, andando verso Porta Rudiae, uno slargo, costantemente occupato da artisti di strada, tra cui giocolieri ed uno scrittore che vende i suoi libri urlando slogan, come uno ”strillone” i suoi quotidiani; tra la chiesa di santa Irene, il corso Vittorio Emanuele ed la “Corte della Cicala”, dove anche le balaustrate in pietra hanno la loro storia. L’ultima colonna del balcone, appartenuto ad un poeta locale, che come amuleto contro il malocchio, è scolpita con la forma di un nano che mostra la lingua in una irridente boccaccia. E poi la piazza del Duomo, una piazza incantata, che ha due facce, una diurna ed una notturna.
Di giorno, quando la canicola è al suo culmine, con il sole allo zenit, sembra inquietantemente deserta; ogni passante cerca la sua dose d’ombra sotto le mura, schiacciati conto le pareti chiare. Ma di notte, la folla la riempie, come se finalmente la tregua dal calore, incessante a tal punto da essere stancante, permettesse la presenza di vita umana, ed il brusio diventa colonna sonora di tanto magnificente spettacolo. Sono ancora tanti i monumenti e gli scorci magici di questa città che sono costretto a fermarmi qui, per non rendermi prolisso e ripetitivo, ma con un certo imbarazzo devo confessare che non conoscevo Lecce fino alla settimana scorsa, e sono felice di aver colmato questa lacuna.