Piera Aiello, storie di donne, di mafia e di coraggio
Parlare di mafia e di criminalità è sempre attuale. Ma non dobbiamo dimenticarci che è altrettanto attuale parlare dei percorsi di legalità e solidarietà intrapresi da coloro che si sono ribellati a questo sistema malato.
Si tratta di un male che si propaga nelle nostre realtà sotto forma di fiume carsico, che si alimenta grazie alle tetre voragini sottostanti. In superficie, però, si possono trovare persone portatrici di messaggi di speranza, e soprattutto testimoni di giustizia, che si sono impegnate a diffondere l’idea di un mondo che può cambiare.
Non è un caso che tra le 100 donne più influenti del 2019, nella lista proposta dalla BBC, figuri anche Piera Aiello, la prima deputata nella storia della Repubblica ad avere lo status di “testimone di giustizia”.
Il testimone di giustizia è una figura riconosciuta e tutelata dal nostro ordinamento che si riferisce a tutti quei cittadini incensurati che abbiano fornito una testimonianza di fatti delittuosi, il cui intervento sia stato d’ausilio a trovare i colpevoli e ristabilire la legalità. Per questo preciso motivo è accordata loro una particolare protezione da parte dello Stato.
Piera Aiello, insieme alla cognata Rita Atria, è diventata uno dei simboli della lotta alla criminalità organizzata.
Costretta a sposare il figlio di un boss di Partanna, piccolo centro nella valle del Belice, a soli 18 anni, Piera apprende da suo marito, Nicola Atria, una buona parte dei segreti e delle faccende criminose in cui erano invischiati i mafiosi dell’epoca, fra i quali compariva anche il vicesindaco Vincenzo Culicchia.
Quando nel ’91 Nicola Atria venne ucciso, Piera e sua cognata Rita, appena diciasettenne, decidono di denunciare gli assassini e nel collaborare con la magistratura, incontrano il giudice Paolo Borsellino, che soprattutto per Rita ,diventerà una figura molto importante.
A partire da quel momento, Piera e Rita hanno dovuto cambiare la loro identità e allontanarsi dalle loro famiglie. Hanno scelto di continuare a percorrere il cammino della legalità e della speranza.
Dopo la strage in via D’Amelio che costò la vita al giudice Borsellino, Rita, ancora giovanissima, si tolse la vita.
Tuttavia, la sua lotta e la sua testimonianza hanno lasciato un segno indelebile, che ancora oggi anima i cuori di chi ancora crede che, usando le sue parole, << l’unico sistema per eliminare la mafia è rendere coscienti i ragazzi che vivono tra la mafia, che al di fuori c’è un altro mondo fatto di cose semplici, ma belle, di purezza. Un mondo deve sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di questa o quella persona o perché hai pagato un pizzo per farti fare quel favore>>.