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Cosa ci dice il rapporto SVIMEZ 2019

Scritto da Giovanni Oliviero Il . Inserito in A gamba tesa

mezzogiorno

È di qualche giorno fa la presentazione del Rapporto Svimez 2019. L'istituto, che si occupa di studiare le condizioni economiche del Mezzogiorno, ha presentato un quadro dai tratti inquietanti sui quali la politica e la società dovranno assolutamente interrogarsi.

Il primo dato è che torna ad allargarsi il gap occupazionale tra Sud e Centro-Nord comportando che i posti di lavoro da creare per raggiungere i livelli del Centro-Nord sono circa 3 milioni, segnalando che dal 2000 ad oggi circa 2 milioni di giovani, di cui un quinto laureati, hanno lasciato il Mezzogiorno.

Sempre dal rapporto emerge che in Italia nel 2018 si è raggiunto «un nuovo minimo storico delle nascite» sottolineando che al Sud sono nati circa 157 mila bambini, 6 mila in meno del 2017. La novità, spiega il direttore Bianchi, è «che il contributo garantito dalle donne straniere non è più sufficiente a compensare la bassa propensione delle italiane a fare figli».

Il direttore dell'istituto, Luca Bianchi, invita a vedere nel «Green New Deal un’opportunità di rinascita economica del Mezzogiorno», che può fare da «piattaforma green del Paese», stimando che «La bioeconomia meridionale si può valutare tra i 50 e i 60 miliardi di euro, equivalenti a un peso tra il 15% e il 18% di quello nazionale». È quanto stima la Svimez in occasione del suo ultimo Rapporto.

Svimez sottolinea poi «l'urgenza di rendere cogente la clausola del 34% degli investimenti ordinari al Sud» che determinerebbe un’accelerazione della crescita del Pil meridionale riportandolo ai livelli di crescita del Centro- Nord.

La Svimez giudica utile il Reddito di cittadinanza ma sostiene che «la povertà non si combatte solo con un contributo monetario: occorre ridefinire le politiche di welfare ed estendere a tutti in egual misura i diritti di cittadinanza», anche se l'impatto sul mercato del lavoro è nullo, in quanto la misura, invece di richiamare persone in cerca di occupazione, le sta allontanando dal mercato del lavoro.

Infine, viene segnalato che nel 2018 il PIL del Mezzogiorno è ancora oltre 10 punti al di sotto dei livelli del 2008 e senza un’inversione di tendenza «nel 2065 la popolazione in età da lavoro diminuirà del 15% nel Centro-Nord (-3,9 milioni) e del 40% nel Mezzogiorno (-5,2 milioni)».Uno scenario insostenibile viste anche le conseguenze economiche: tra meno di cinquant'anni «con i livelli attuali di occupazione, produttività e di saldo migratorio, l’Italia perderà quasi un quarto del Pil, il Sud oltre un terzo». Per Svimez «le possibilità di contenere tali effetti sono legate ad un significativo incremento del tasso di occupazione, in particolare di quello femminile».

Mettendo da parte i grandi numeri e ragionando nel politico, il mantra "se riparte il Sud, riparte l'Italia" è alquanto antiquato e bistrattato, se non addirittura offensivo nei confronti di una terra bellissima ma povera di reali opportunità. Ed è proprio questo che dovrà fare la politica: creare le opportunità affinchè il Mezzogiorno d'Italia diventi la terra in cui restare e non la terra da cui partire.