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Adriana, diritto allo studio, sogni da inseguire ed altre storie Fuori Fuoco

Scritto da Claudia Coppola Il . Inserito in A gamba tesa

adriana palumbo

Aspetto all’ingresso di un bar di Fuorigrotta a due passi dall’università. Mentre penso agli appunti lasciati in biblioteca e all’imminente esame da preparare, quasi non mi accorgo dell’ombrello colorato che viene verso di me. Sopra, un cielo plumbeo carico di nuvole; sotto, Adriana che con un sorriso mi tende la mano.

Adriana Palumbo è come me una studentessa. Oggi però non siamo qui come colleghe, ma in veste di intervistata ed intervistatrice.
Qualche tempo fa, infatti, in redazione è arrivata una mail in cui Adriana cercava una voce che potesse raccontare la sua storia, per dare visibilità a chi, come lei, spesso rimane inascoltato, in quelle che lei definisce “zone grigie” della società.

Trentatrè anni, una laurea con lode in Scienze Biotecnologiche ed un anno di studi integrativi di Chimica alla Federico II.
Poi a ventisei anni la notizia inaspettata del Test di Medicina provato ed insperabilmente superato e la scelta consapevole di mollare tutto e ricominciare da capo, all’Università della Campania Luigi Vanvitelli, per inseguire il suo sogno di sempre di diventare medico.

Adriana è quasi alla fine di un lungo percorso ad ostacoli, ma adesso, a nove esami dal traguardo, si trova ad una battuta d’arresto.
Con voce risoluta e un po’ incazzata mi spiega il suo problema: a causa di un mutuo ed una serie di finanziamenti, la sua dichiarazione ISEE calcolata in automatico sul sito dell’INPS, in base alla quale viene stabilito l’importo delle tasse universitarie da versare, la colloca in una fascia media di contribuzione, che non corrisponde però alla sua reale disponibilità economica.

Nulla sono valsi i tentativi di chiarire questo malinteso burocratico al CAF e alla segreteria dell’università, e Adriana, sola con una nonna anziana ed un padre assente, ha visto accumularsi le more e i debiti, che le impediscono di registrare gli ultimi esami e completare gli studi.

Adriana però, che fin da piccola ha imparato da sola a far fronte ai problemi, non si è certo data per vinta, ed un mese fa ha deciso di rivolgersi alla moltitudine di Internet, creando una personale campagna di crowdfunding su gofundme.com (qui il link: https://www.gofundme.com/f/c2yf3-a), con l’obiettivo di raccogliere la cifra necessaria per pagare le tasse arretrate e future e completare così gli studi in tranquillità.

L’ispirazione è scaturita dalla storia di un ragazzo che, come lei, a causa di una variazione ISEE aveva perso la borsa di studio al San Raffaele di Milano e che grazie ad una campagna di raccolta fondi sullo stesso sito era riuscito a laurearsi in Medicina.

Adriana parla con gratitudine dell’aiuto ricevuto da famiglia, amici e qualche sconosciuto, ma questo da solo non basta: il successo di un’attività di crowdfunding, spiega, sta tutto nella visibilità e nel numero di persone che si riesce a raggiungere e, nonostante lo studio di modelli di condivisione e marketing, Adriana si sente ancora invisibile e inascoltata.

Così, assieme alla campagna su GoFundMe, Adriana ha creato una pagina Facebook chiamata Fuori Fuoco(https://www.facebook.com/FuoriFuocoNapoli/). Il nome è una metafora di tutte quelle situazioni che, nella fotografia della nostra società, si trovano ai margini; quelle che si preferisce vedere da lontano, sfocate in secondo piano, per poi inquadrarle brevemente soltanto quando fa comodo.

La pagina è nata per dare a tutti gli studenti come lei, e in generale a chi è in difficoltà, la possibilità di condividere la propria storia, con l’obiettivo di costruire una rete di supporto che possa estendersi nel tempo.

Molti studenti come lei l’hanno contattata in privato, ma pochi hanno voluto “metterci la faccia” e condividere pubblicamente la propria esperienza. Questo, dice Adriana, è un altro problema: la vergogna di “mostrarsi poveri” e di chiedere aiuto, la mancanza di fiducia, l’inconscia convinzione che il livello sociale definisca il valore della persona, frutto di un retaggio culturale antico ma quanto mai diffuso.

“Anche la mia famiglia all’inizio non voleva che avviassi la campagna per questi motivi”, racconta, “ma io so di valere come persona in quanto tale, e il reddito non c’entra nulla”.

Il vero problema è che di ragazzi come Adriana ce ne sono tanti, e non tutti con il suo coraggio e la sua determinazione. Tanti altri studenti come lei, non meno meritevoli e competenti dei colleghi “di buona famiglia”, sono costretti ad arrendersi, fermi ed invisibili in un sistema universitario dove, in barba al diritto allo studio, va avanti solo chi se lo può permettere, e dove è fortunato chi riesce a scappare dall’Italia, lontano dagli affetti e dalla propria terra.

Molti non credono più nelle istituzioni e nello Stato, percepiti come entità astratte e lontane, ma hanno fiducia nelle persone e nel reciproco sostegno fra singoli: quello che Adriana definisce “welfare dal basso”.

Questo è di certo un buon punto di partenza, ma da solo, per cambiare davvero le cose, non è sufficiente.
Nel passaggio di scala dalla piccola e accogliente comunità di quartiere allo Stato inteso come espressione organizzata della vita civile della nazione, fra le trame del potere, dell’avidità e della corruzione, intrecciate con i tentacoli delle reti criminali, qualcosa si è perso.

Nella corsa sfrenata contro il tempo e contro tutti gli altri, ciascuno immerso nel proprio microcosmo ed accecato da un arrivismo innestatosi sulla base di una mentalità antica e perbenista, molti sono quelli che si perdono o accettano compromessi.

Adriana insiste su questo, e ci tiene che lo scriva: vale sempre la pena lottare per i propri sogni e per ciò in cui si crede, perché anche se può rivelarsi più difficile, seguire la propria strada con i propri tempi e a modo proprio e fare ciò che si ama, rende più felici.

Ed una società di persone felici, realizzate e soddisfatte di sé, per quanto utopica e lontana, è un possibile esempio di società che funziona.

Adriana ha finito da un pezzo il suo caffè ed io il mio the, finiamo di mangiare i biscotti che ci hanno portato e usciamo. Ci salutiamo con la promessa di risentirci presto e rivederci in aula studio, poi ci separiamo. Lungo il marciapiede ora inondato dalla pioggia, vedo il suo ombrello colorato allontanarsi e, gradualmente, tornare fuori fuoco.