Ein deutsches Requiem
Nella quinta partita del girone del gruppo F, ieri sera gli inglesi dell’Arsenal hanno ottenuto una vittoria quasi scontata in casa con il Marisglia. Forse, a qualche tifoso del Napoli che un orecchio tendeva speranzoso anche sul campo londinese, nello scoprire che la curva del Bourussia è nota in terra tedesca con il soprannome de “il muro”, sarà risuonata nella mente quella “Another brick in the wall” dei britannici Pink Floyd.
Di sicuro, dopo aver assistito all’intervento del direttore di gara, lo spagnolo Velasco Carballo, che al decimo minuto assegnava a Lewandowski un rigore più che generoso, poi trasformato da Reus, quegli stessi tifosi avranno pensato che quel famoso altro mattone del muro, che oltre a rappresentare il titolo della canzone è anche il cuore del ritornello, dovesse essere proprio l’arbitro iberico. Alcuni forse all’ennesima ammonizione, a voler essere buoni, troppo severa, del primo fischietto, potrebbero anche esser caduti nella tentazione di intonare mentalmente una celebre strofa del brano così modificata: “Hey, Referee, leave the kids alone”.
Tuttavia, quando con lo scorrere dei minuti all’Emirates la partita prendeva una piega ben precisa, e a Dortmund in rapida successione: Callejon si vedeva negare la gioia del gol da un palo esterno, Gonzalo Higuain sciupava clamorosamente l’occasione del possibile pareggio, e Blaszczykowski infine consolidava il vantaggio finalizzando un contropiede nato proprio dall’errore del numero 9 azzurro, la suggestione musicale made in UK sarà definitivamente tramontata. Molti avranno forse pensato che se c’era una colonna sonora per questa partita non andava cercata in terra inglese sui ritmi psichedelici del progressive rock, bensì in quella stessa Germania che ospitava il match. Deve essere allora che a qualcuno sarà venuto in mente il compositore amburghese Johannes Brahms (7 maggio 1833 - 3 aprile 1897) e quel suo spirito improntato alla riflessione e al ripiegamento, che ha trovato la sua massima espressione in quella solenne e luttuosa opera sinfonica che è l’ “Ein deutsches Requiem”.
Il gol, al settantesimo circa, di Lorenzo Insigne avrà rappresentato alle loro orecchie, quel secondo movimento, da partitura musicalmente identificato come: allegro ma non troppo. Con quel testo carico di quell’afflato di speranza riassunto in quel “Siate dunque pazienti Fratelli”. Un invito alla speranza che ha lasciato rapidamente posto alla disperazione solo dieci minuti dopo, quando il terzino colombiano del Napoli Pablo Armero, ha maldestramente regalato l’ennesimo contropiede ai padroni di casa. Il tiro ravvicinato di Aubameyang che ha visto battuto un incolpevole Pepe Reina per la terza volta, sarà stato allora accompagnato nella mente di questi nostri tifosi così sensibili alle suggestioni musicali, da quel solenne settimo, ed ultimo movimento, dell’opera tedesca. Con le tristi parole del coro “Selig sind die Toten…daß sie ruhen von ihrer Arbeit” (Beati coloro che sono morti… riposano dalle loro fatiche) a fare da epitaffio a questo match e all’esperienza europea degli azzurri tutta.
All’indomani del requiem tedesco non rimane infatti altra possibilità al Napoli che un miracolo lazzariano (vincere tre a zero in casa contro la corazzata dei Gunners) per sperare in una resurrezione che si traduca, fuor di metafora, in un passaggio del turno. Nell’attesa di quest’ultima, seppur remota, speranza, nelle orecchie di questi nostri strani tifosi appassionati di musica, non rimane ora altro che un lungo silenzio. Un silenzio che da sempre è simbolo della fine: sia essa la fine di una partita, la fine di una competizione, la fine di una suggestione musicale, o la fine di quest’articolo stesso.