Coronavirus, la parola al virologo Giulio Tarro
«Non vorrei che questa psicosi di massa faccia più danni dell’ormai famigerato Covid-19» Il coronavirus si trasmette come il virus influenzale. Possibile che il virus italiano sia diverso da quello cinese. Tutto colpa dei concimi industriali?
«Un virus può mutare in appena cinque giorni. Sulla sostanziale differenza del virus presente qui da noi con quello di Wuhan- l’oramai famoso coronavirus dei pipistrelli – c’è già uno studio riportato anche nella dichiarazione del dottor D’Anna, che evidenzia come ben cinque nucleotidi siano differenti. Un po' troppi per i pochi mesi intercorsi tra la segnalazione dei primi casi in Cina e oggi. Il fatto che i focolai di coronavirus italiano si trovino in Lombardia e Veneto potrebbe dipendere da fattori ecologici, come alcuni tipi di concime industriale.
Questi potrebbero aver alterato l’ecosistema vegetale e, quindi, animale nel quale uno dei tanti coronavirus normalmente in circolazione può aver avuto una inaspettata evoluzione. Sarebbe opportuno analizzare se in passato particolari forme di faringiti o sindromi influenzali siano state registrate in quei territori». Giulio Tarro, virologo di fama internazionale, in poche frasi riesce a disegnare un quadro d’insieme chiaro e dettagliato. Con risposte e ipotesi fa chiarezza e aggiunge che «oggi l’ansia di una intera popolazione si sta concentrando su come uccidere o tenersi alla larga da questo maledetto virus. Nessuno o quasi riflette che noi, in ogni momento, siamo immersi in un ambiente saturo di innumerevoli virus, germi, e altri agenti potenzialmente patogeni. E in questi giorni, quasi nessuno ci dice che se non ci ammaliamo è grazie al nostro sistema immunitario il quale può essere compromesso, - oltre che da una inadeguata alimentazione e da uno sbagliato stile di vita- dallo stress. Stress che può nascere anche dalla spasmodica attenzione di ogni notizia sul Coronavirus regalataci dalla TV».
Il Covid-19 è una malattia infettiva respiratoria causata dal virus SARS-CoV -2 appartenente alla famiglia dei coronavirus. Durante il periodo invernale da anni i coronavirus causano dal 10 al 30% dei raffreddori. I coronavirus, quindi, non sono una novità. Tuttavia, nel 2019, in un mercato cittadino di Wuhan, Huanan, il nuovo coronavirus, COVID-19 dal pangolino è arrivato all’uomo. In breve tempo il Covid-19 è riuscito a creare una vera e propria psicosi che è giunta persino in Vaticano.
A nulla sono servite le misure volte a ridurre i casi di contagio: il cercare di isolare i portatori del virus, perlopiù cinesi e l’intensificarsi dei controlli negli aeroporti, non rappresentano una strategia efficace per contenere la malattia, dal momento che il virus si trasmette come quello influenzale: infatti, come dichiara Giulio Tarro, «è una ipotesi che spiegherebbe il perché mai tante persone che dichiarano di non aver avuto alcun contatto, anche indiretto, con persone provenienti dalla Cina o che, addirittura, sono rimaste confinate nelle loro case, siano risultate positive ai tamponi».
Delucidazione in merito al Coronavirus
Care Mamme e cari Papà,
la sintomatologia di questa sindrome respiratoria da coronavirus viene considerata moderata per la maggior parte dei casi come un semplice raffreddore, che può però approfondirsi a livello bronco polmonare e dare una polmonite "mite", secondo il centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, dichiarazione effettuata a fine febbraio dopo l’osservazione di circa 90mila casi.
Il rischio rappresentato dal COVID-19 è sostanzialmente uguale a quello delle tante epidemie influenzali che si registrano ogni anno senza per questo provocare scalpore.
Veramente, nel 1973, quando scoppiò il colera a Napoli, al di là di qualche folkloristica “barricata”, notai soprattutto confusione che avveniva in una città certamente preoccupata, ma che non vedeva l’attuale arrembaggio dei supermercati da parte di persone che, evidentemente, temono di dover morire di fame. Panico generalizzato invece nel 1978 durante la malattia che colpì per lo più i bambini tra uno e due anni di vita affetti da bronchiolite, anche per sciagurate diagnosi e terapie, che cominciò a trasformarsi sui giornali in una epidemia di male oscuro che terrorizzò la popolazione finchè io scoprii il virus respiratorio sinciziale che la provocava.
Adesso facciamo un esempio. Ogni anno muoiono in Italia circa diecimila persone (per lo più anziane o affette da qualche patologia pregressa) per virus influenzale. La cosa non fa notizia, soprattutto perché queste morti sono disseminate in tutto il territorio nazionale. Immaginiamo ora che tutte le persone a rischio vengano ricoverate in un paio di posti, magari circondati da giornalisti alla ricerca di qualche scoop. La conseguente “epidemia di influenza che può causare la morte” spingerà innumerevoli persone (ogni anno sono colpiti da sindrome influenzale circa sei milioni di Italiani) a pretendere analisi ed una assistenza impossibile ad ottenere.
Intanto dobbiamo staccare la spina ad una “informazione” ansiogena e ipocritamente intrisa di appelli a “non farsi prendere dal panico”. E questo, soprattutto, per permettere alle strutture sanitarie interventi mirati. Quali questi debbano essere non mi permetto qui di suggerirli in quanto, nonostante lo sfascio del Sistema Sanitario Nazionale, abbiamo ancora in Italia ottimi esperti. L’importante è che siano lasciati in grado di lavorare.
Bisogna considerare che oltre il 99% delle persone che vengono contagiati dalla malattia guariscono ed i loro anticorpi neutralizzano il virus e possono pertanto essere utilizzati per i contagiati più gravi.
Come prevenzione si suggerisce quanto già conosciamo per raffreddore ed influenza: frequente ed approfondito lavaggio delle mani e del viso, coprirsi con il gomito da tosse e starnuti, anche con mascherine ad hoc, stare a casa se ammalati, richiedendo l’immediato intervento sanitario se intervengono difficoltà respiratorie.
Le prospettive a questo punto dipendono dal comportamento epidemiologico tipo prima SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome), esaurendosi e rimanendo una zoonosi nella provincia di origine oppure dando luogo ad epidemie sporadiche come la MERS (Middle East Respiratory Syndrome) e l’influenza aviaria relativamente per pochi individui ovvero, infine, diventando una virosi respiratoria umana stagionale come nel caso dell’ultimo virus influenzale della suina 2009 o degli altri coronavirus regionali meno aggressivi.
Da medico virologo una ultima considerazione: Oggi l’ansia di una intera popolazione si sta concentrando su come tenersi alla larga da questo maledetto virus. Nessuno o quasi riflette che noi, in ogni momento, siamo immersi in un ambiente saturo di innumerevoli virus, germi e altri agenti potenzialmente patogeni. E in questi giorni, quasi nessuno ci dice che se non ci ammaliamo è grazie al nostro sistema immunitario il quale può essere compromesso, - oltre che da una inadeguata alimentazione e da uno sbagliato stile di vita - dallo stress, che può nascere anche dallo stare in spasmodica attenzione di ogni “notizia” sul Coronavirus regalataci dal web e TV. Non vorrei quindi che questa psicosi di massa faccia più danni dell’ormai famigerato Covid-19. Care mamme e cari papà confido nel vostro buon senso e nel vostro amore per i figli.
Giulio Tarro