Andrea Casella: “Questo periodo ha messo in luce quanto sia fragile il mondo dello sport”
Andrea Casella, 29 anni, cestista in forza al Kleb Ferrara in A2 girone Est racconta in questa lunga intervista quanto per uno sportivo, professionista di fatto ma non sulla carta, sia problematico questo periodo.
Tu, insieme a tantissimi colleghi, pochi giorni fa hai pubblicato un post sui tuoi profili social dove chiedevi rispetto per la tua categoria: vuoi spiegarci com'è nata questa presa di posizione tua e di moltissimi atleti impegnati in A2 e B?
“Qualche giorno fa noi giocatori abbiamo deciso di far sentire la nostra voce perché ultimamente con tutto quello che è successo a causa del covid-19 è passato un po’ in secondo piano l’aspetto professionale e lavorativo che svolgiamo quotidianamente.
Siamo perfettamente a conoscenza della gravità della situazione economica di moltissime aziende e sponsor che investono nel mondo dello sport, e sappiamo che senza di loro è pressoché impossibile affrontare una stagione. Questo cigno nero ha messo in luce quanto siano fragili alcune società e il mondo dello sport in generale, ma ha anche creato una catena di eventi che ci hanno penalizzato enormemente a livello professionale.
La ragione principale per cui abbiamo deciso di fare quei post è stata che è passato totalmente in secondo piano che chi gioca a pallacanestro in serie A e A2 (e molto spesso anche in serie B) lo fa come lavoro. Ok, è un’attività che si ama fare e non è visto come un “lavoro normale”, ma la maggior parte dei giocatori con quei soldi che percepisce riesce a vivere e mandare avanti la famiglia (per chi la ha).
Ultimamente se ne sono sentite di ogni tipo, ma niente a riguardo del fatto che questa attività che ci tiene lontani da casa è quello che permette alla maggior parte di noi di vivere è una professione.
A livello lavorativo siamo i “re dei precari”, dato che è sempre più difficile vedere giocatori (ma anche membri dello staff) rimanere per più anni nella stessa realtà, e non godiamo di quasi nessuna agevolazione.
Purtroppo quando si pensa a uno “sportivo” viene in mente il calciatore, ma nel nostro mondo non girano quei soldi là. La maggior parte dei ragazzi (e ragazze) che gioca a livello professionistico (cioè come prima fonte di reddito) spesso si ritrova in difficoltà durante l’estate, a causa di molteplici motivi… Pensa adesso che le società di punto in bianco non potranno pagare (o non pagheranno) neanche più l’ottavo, il nono e il decimo stipendio (per non parlare dei premi… ma questa, è un’altra storia).”
In queste settimane molti atleti hanno visto interrompersi la stagione proprio quando si iniziava a fare sul serio. Insieme alla stagione però, molti hanno visto interrompersi anche i pagamenti: tu da giocatore di basket militante in A2, la prima categoria dilettantistica italiana, come hai reagito al riguardo?
“È una situazione molto particolare; ti dico solo che, al momento in cui scrivo, negli ultimi 11 mesi ho ricevuto poco più di due stipendi. È una situazione abbastanza delicata. Io ho iniziato già da diversi anni a investire, portare avanti anche altri progetti al di fuori del basket e a educarmi in modo da non “appoggiarmi” solamente su una sola fonte di reddito (la pallacanestro). Questo processo non è nato e cresciuto dall’oggi al domani bensì si è evoluto negli anni e mi ha permesso di non sentirmi alle corde con l’arrivo di questa pandemia, come sta succedendo con la maggior parte degli sportivi. Anzi, in questo periodo di stop forzato ho potuto dedicarmi a pieno proprio a quelle attività che prima reputavo secondarie, in modo da rafforzarle e, in alcuni casi, farle esplodere.”
Questa pandemia mondiale era impossibile da pronosticare. Ma nel basket, purtroppo, situazioni che portano alla scomparsa di stipendi ci sono: come fa un giocatore, nel tuo caso, a costruirsi una vita propria?
“Ottima domanda. In passato mi sono ritrovato in situazioni veramente difficoltose a causa di società insolventi e so benissimo cosa si prova. La prima, primissima cosa che mi sento di dire è che per potersi creare una vita propria è necessario investire su sé stessi.
La vita dello sportivo professionista non dura in eterno e spesso si tende a spendere il proprio stipendio (quando e se ci viene dato) come se questo venisse percepito per sempre. Ma nella realtà non è così, inevitabilmente dovrai smettere di giocare e, soprattutto, ti accorgerai che il tuo valore come giocatore tenderà a diminuire nel tempo, insieme al tuo stipendio.
Quello che puoi fare è di lavorare sulle competenze che ti permetteranno di non “sentire il colpo”.
L’altra cosa che mi sento di dire è quella che è fondamentale imparare a gestire in prima persona i propri soldi. Non ci si devono inventare le cose, bensì si deve investire del tempo per imparare come creare cash flow da persone che lo sanno fare.
Se non lo farai sarai costretto a stare alle regole degli altri, e non è detto che la tua prossima professione ti piacerà come ti è piaciuta la pallacanestro, quindi impara dagli altri e dai valore.”
Cosa intendi con “dare valore”?
“Intendo permettere anche ad altri di vedere ciò che ancora non vedono, come quando consigli a un amico un buon ristorante dove sei andato a mangiare e che ancora lui non conosce. Ecco, questo è un esempio di dare valore gratuitamente, ma oggigiorno i social ci permettono di farlo e di monetizzarlo anche un po’. L’ultima cosa che mi sento di dire è di cogliere le opportunità. Non si può giocare a basket in questo momento, ma si può lanciare un business in Europa come stiamo facendo con i ragazzi del mio gruppo. Si può imparare come impostare il proprio portafoglio o, perché no, spendere anche del tempo in cantina ad allenarsi a livello fisico per il prossimo anno.
Quello che però mi sento di dire è che in ogni caso il primo passo che si deve fare è quello di investire su se stessi.”
Tu hai tantissime passioni: la musica, gli animali e la finanza. Sei riuscito con queste passioni a costruirti un percorso che come i binari di una ferrovia procede di pari passo con la tua carriera cestistica: vuoi spiegarci come hai fatto?
“Certo, molto volentieri. Come ho già accennato sopra questo è un percorso che è nato da una forte curiosità e da una situazione di estrema difficoltà. Negli anni sono riuscito a coltivare sempre più il mio lato poliedrico in un processo che mi piace e mi da gusto.
Quello che faccio fuori dal campo è qualcosa che mi permette di crescere come persona e come competenze che poi posso anche sfruttare sul parquet.
Mi piacerebbe molto aiutare anche altri miei colleghi a sviluppare questi “binari” e non ti nego che con qualcuno abbiamo già iniziato dei percorsi assieme. Io ho sfruttato quello che il basket mi ha sempre dato, ossia lavoro quotidiano volto a migliorarmi, curiosità e voglia di spingermi oltre quello che sapevo già fare e, soprattutto, costruirmi attorno una squadra di persone che avessero i miei stessi obiettivi e passioni, affidandomi a coloro che avessero già raggiunto risultati importanti.
Ovviamente ho anche sudato e lavorato tanto da solo, ma come nel basket, non si arriva da nessuna parte senza qualcuno che ti guida e dei compagni di viaggio!”