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Cara salute psicologica, per il Sistema Sanitario Nazionale non esisti

Scritto da Fabiola Liguori Il . Inserito in A gamba tesa

salute psicologica

Cara salute psicologica,

vengo io, con questa mia, a dirti che non esisti.

È strano rivolgermi a te in questi termini, ma questa sembrerebbe la conclusione più “ragionevole” di una situazione estremamente delicata, dalle caratteristiche paradossali.

Faccio un passo indietro per descrivere a come sia arrivata a questo epilogo.

Nel mese di marzo 2020 il mondo si è trovato immerso in una pandemia, che ha stravolto le nostre vite da punti di vista diversi, tra di loro interconnessi: umano, personale, collettivo, emotivo, razionale, familiare. Ne elenco giusto qualcuno senza inseguire la pretesa di una lista in grado di contenere la realtà complessa che, in quel momento, tutti noi stavamo vivendo. La diffusione di questa epidemia era già in atto da prima, e abbiamo percepito la pericolosità e la minaccia di questo virus nell’attimo precedente la disperazione e la concreta paura di un collasso definitivo del sistema: i morti e i contagi aumentavano rapidamente, il sistema medico ospedaliero era saturo, la paura saliva esponenzialmente. Il nostro Paese si è trovato all’improvviso a entrare in un periodo di isolamento, ad adottare condotte di distanziamento fisico per evitare il contatto con un virus (il COVID-19) che non convive pacificamente con la nostra specie, che ha lasciato dietro di sé una quantità di morti che a ricordarli si sente forte il dolore.

Da quel momento ci siamo trovati tutti a fare i conti con il virus a vari livelli di esposizione: il nostro corpo, la nostra casa, le nostre abitudini, le nostre relazioni hanno subìto cambiamenti significativi.

Si è iniziato così a parlare di te: il Corona Virus aveva un impatto, in un rapporto reciproco che ricorda l’interdipendenza tra il fisico, lo psichico e l’aspetto relazionale insiti nel concetto stesso di salute.

Sono iniziate le ricerche, sono state formulate le prime ipotesi sulle forme che avresti potuto assumere perché non c’era (e non c’è tutt’ora) un quadro di ricerca scientifica solido a cui potersi affidare: la Psicologia dell’Emergenza e la ricerca si erano confrontate con altre epidemie ed esperienze di quarantena, ma nessuna con una pandemia.

La ricerca psicologica si muove su un canale scientifico, dove la possibilità di poter comprendere le caratteristiche di un fenomeno psicologico passa attraverso l’analisi di un campione di riferimento significativo e l’adozione di una metodologia attendibile e valida, che tiene conto anche di variabili secondarie che potrebbero influenzare il costrutto con cui si entra in contatto. Il dialogo tra il singolo e ciò che stava accadendo nella collettività aveva creato un terreno fertile per una rinnovata complessità, e il confronto sulle strategie di gestione per uscire da questa crisi, mutuati da modelli consolidati di intervento, aveva dato origine a un pensiero su ciò che stava succedendo e sui possibili cambiamenti a breve e a lungo termine che avresti potuto manifestare.

Sono comparsi i primi rapporti scientifici provenienti da altri Paesi (come quello pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet[1]), in Italia vengono raccolti i primi dati di ricerca (Istituto Piepoli, 2020[2]; il “Barometro della Salute Mentale[3]). La ricerca andava avanti, ma qualcosa non registrava lo stesso andamento: a livello nazionale l’offerta del Sistema Sanitario per la salute psicologica era rimasta invariata, in alcuni casi limitata e non sostenuta. Il CNOP, il Consiglio Nazionale degli Psicologi, ha fornito negli ultimi giorni alcuni dati per definire meglio il contesto della Sanità Pubblica Psicologica: “Gli Psicologi dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale sono circa 6.000. Di questi: 1/3, circa 2.000, sono inseriti nelle articolazioni dei Dipartimenti di Salute Mentale, con prevalenza dei CSM. 1.000 psicologi sono inseriti nelle strutture ospedaliere, e gli altri 3.000 sono presenti in tutte le articolazioni delle Aziende Sanitarie (consultori familiari, dipendenze, distretti ecc.)”[4]. Partendo da questi dati si può capire l’insufficienza dell’offerta rispetto alla popolazione a cui si rivolge: 6 mila psicologi pubblici del Servizio Sanitario per 60 milioni di abitanti corrispondono a un rapporto di 1 psicologo per un gruppo di 10.000 persone.

Mentre l’emergenza epidemiologica richiedeva ragionevolmente l’assunzione di nuove forze in campo in ambito medico, la richiesta psicologica, e la necessità di garantire uno spazio di ascolto, espressione e accoglienza delle tue parole, non incontrava altrettanta attenzione da parte delle Autorità Pubbliche.

La comunità professionale psicologica in modo autonomo, indipendente e libero, aveva deciso di offrire parallelamente e a breve termine una rete di solidarietà, aderendo in questi mesi a oltre un centinaio di iniziative locali e nazionali. Dal 27 aprile il Ministero della Salute e la Protezione Civile aveva attivato un numero verde di sostegno psicologico, pubblicizzato anche sui mezzi di comunicazione. Un documento delle Nazioni Unite - reso pubblico lo scorso 14 maggio - sosteneva l’urgenza di aumentare gli investimenti nei servizi per la salute mentale, per non assistere a un’esplosione di disturbi di questa natura nei prossimi mesi durante e dopo questi mesi di pandemia[5].

E arriviamo a oggi.

Siamo quasi alla fine del mese di maggio 2020 e il lockdown è finito da più di una settimana, e con sé la prima fase dell’emergenza. Il 19 maggio 2020 viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il “Decreto Rilancio” recante "Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19". Il Decreto, che stanzia 3,25 miliardi alla Sanità Pubblica, non prevede alcun investimento sulla salute psicologica dei cittadini, né in termini di assunzione di nuovi psicologi nel Sistema Sanitario Nazionale, né di altre forme di investimento sulla psicologia professionale in generale.

Si rafforza ancora una volta l’idea che tu non faccia parte della salute e del benessere delle persone, sia da un punto di vista epistemologico che pratico.

Quindi, no: tu, salute psicologica, non puoi esistere. E a quanto pare, non esiste il riconoscimento costituzionalmente sancito del diritto alla nostra salute.

 


[1] https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)30460-8/fulltext

[2] https://www.istitutopiepoli.it/2020/03/covid-19-la-psiche-a-dura-prova/

[3] https://salutementaleitalia.it/

[4]https://www.psy.it/il-paese-ha-bisogno-di-competenze-psicologiche-un-importante-documento-delle-associazioni-di-psicologia-dellemergenza-e-delle-societa-scientifiche-di-area-psicologica.html

[5] https://www.un.org/sites/un2.un.org/files/un_policy_brief-covid_and_mental_health_final.pdf