Avvocatura: professione obsoleta o lavoro del futuro? Intervista all’ Avvocato Claudio Esposito Scalzo
È noto che la professione forense stia attraversando, ormai da qualche decennio, una profonda crisi, che si è ripercossa, nel corso degli anni su tutti coloro che si apprestano ad affrontare l’esame di stato.
Gli studenti e i neolaureati in Giurisprudenza, si trovano sempre più spesso a dover affrontare veri e propri salti nel vuoto, dovuti anche ad una generalizzata tendenza, degli stessi operatori del Foro, a scoraggiare i futuri professionisti rispetto all’idea di intraprendere la strada dell’avvocatura.
Il giovanissimo Avvocato Claudio Esposito Scalzo, classe 1991, in questa stimolante intervista, ha rappresentato una voce fuori dal coro, evidenziando gli aspetti positivi della professione, i motivi per cui un giovane studente o neolaureato dovrebbe scegliere questa strada e ci ha fornito consigli pratici su come affrontare il percorso che dalla pratica forense porta al conseguimento dell’Abilitazione, anche alla luce della legge professionale forense n.247/2012.
Come influiranno le recenti riforme apportate alla disciplina per l’esame da avvocato sulla formazione dei futuri professionisti?
Come sappiamo la l.247/2012, di riforma alla professione forense, ha comportato profondi cambiamenti all’esame di Stato. Tuttavia, con il cd. “decreto milleproroghe”, gli effetti di questi cambiamenti sono stati rinviati di 8 anni e probabilmente si riverbereranno addirittura sui candidati del 2022. Il vero fulcro di questa riforma risiede nel fatto che non sarà più possibile utilizzare i codici annotati, comportando un considerevole aumento nella difficoltà delle prove scritte. È poi molto importante non confondere i codici annotati con i codici commentati. Mentre i primi sono testi nei quali sono riportate le massime giurisprudenziali delle più recenti sentenze della Corte di Cassazione, dalle quali ricavare i principi di diritto più utili al tema trattato nella traccia, il cui utilizzo è fino ad ora consentito; i secondi sono, invece, testi nei quali gli esperti di diritto commentano dettagliatamente i vari istituti giuridici e dunque, non sono consentiti in sede di Esame di Stato.
In ogni caso, è importante svolgere una buona pratica di 18 mesi, al fine di poter comprendere a fondo delle operazioni che in linea teorica possono sembrare complicate, ma che nella pratica si rivelano molto semplici. Tutto ciò sicuramente è fondamentale, non solo ai fini dell’Esame, ma per il futuro.
Inoltre, giova ricordare che gli effetti che la legge professionale forense può avere sulle statistiche circa il numero di candidati, rappresentano ancora un punto interrogativo. Dunque, è necessario prepararsi al meglio, non solo dal punto di vista teorico, quanto soprattutto nella pratica.
Nel testo da Lei recentemente pubblicato, “Manuale di preparazione all’esame da avvocato 2020”, ha inserito una serie di consigli pratici per affrontare al meglio questo momento di formazione. Può indicarne qualcuno?
È fondamentale partire da una buona pratica forense. Spesso, per esigenze di tempo, la si tende a trascurare e/o arronzare. Ma è proprio questa che fornisce a colui che vuole conseguire l’abilitazione quell’elasticità nell’attività concreta che non potrebbe essere raggiunta con il solo studio teorico.
La scuola forense, se sapientemente abbinata a studio e applicazione pratica, è a mio avviso un momento costruttivo di confronto soprattutto per ciò che attiene alla stesura e poi successivamente la correzione degli atti e dei pareri, che costituiscono prova d’esame.
Infine, è importante affrontare le prove in maniera serena e consapevole del fatto che la promozione o meno non determina la bravura del candidato. Chiaramente bisogna dare il massimo cercando di partire da uno schema e da questo elaborare e argomentare la traccia d’esame.
Cosa auspicabile è non cambiare idea sulla traccia in corso d’opera e soprattutto ripartire correttamente il tempo a disposizione senza tralasciare l’atto del ricopiare in bella copia, per agevolare la correzione senza costringere chi valuta ad interpretare ciò che è stato scritto.
Ad oggi Lei è uno dei pochi che consiglia la strada della professione forense e si pone in controtendenza con l’opinione pubblica. Come mai?
Mi sento di consigliare caldamente questo percorso proprio perché soprattutto di questi tempi è una professione che fornisce una concreta possibilità di lavorare. La facoltà di Giurisprudenza apre una molteplicità di percorsi per il post laurea, ma è l’idea di poter decidere da me stesso il mio futuro e non aspettare di vincere un concorso pubblico che mi ha spronato a scegliere il cammino dell’avvocatura. È una professione che in prospettiva garantisce, se chi la esercita lo fa in maniera seria, delle reali entrate. Certo, la libera professione prevede onori e oneri, ma avere la possibilità di “crearsi” il lavoro da soli è un privilegio che non hanno tutti.
Inoltre, ciò che molti non considerano è che c’è un trend di decrescita di coloro che si presentano a fare l’esame notevole. Questo comporta conseguentemente la riduzione degli avvocati di qui a dieci anni.
In conclusione, ciò che ci tengo sempre a sottolineare è che la professione forense, posta a difesa della democrazia, consente a chi la esercita di far valere sempre i propri diritti e questa è la soddisfazione più grande.