Caso Fontana, l'accusa è frode in pubbliche forniture
Il presidente della Regione Lombardia è indagato dalla Procura di Milano ed è accusato di “frode in pubbliche forniture” per la vicenda di camici forniti ad aprile alla Regione dall’azienda di suo cognato e di sua moglie, la Dama Spa.
La vicenda riguarda un contratto di fornitura di 75.000 camici sanitari, tra la società Dama Spa ed Aria, centrale d'acquisto della Regione Lombardia. il prezzo iniziale era di 513.000 euro, l'accordo sarebbe stato poi trasformato in un secondo momento in donazione, per rimediare al "pasticcio" venuto a galla per via del conflitto di interessi tra la società del cognato ed il governatore.
Dama Spa, società che produce il marchio di abbigliamento Paul & Shark, è di proprietà del cognato di Fontana, Andrea Dini e (per il 10 per cento) della moglie di Fontana, Roberta Dini.
Le questioni su cui sta indagando la procura di Milano sono almeno due: l’assegnazione senza gara della fornitura a Dama Spa, in violazione delle regole sul conflitto di interessi e la questione del contratto iniziale di fornitura non rispettato da Andrea Dini.
Il 20 maggio Dini avrebbe trasformato la fornitura a titolo oneroso in donazione, con una mail indirizzata ad Aria, rinunciando ai pagamenti e stornando le relative fatture. I pm affermano adesso che il passaggio di contratto in realtà non è mai stato registrato dagli uffici del Pirellone, anzi, stando a quanto risulta dalle indagini, sarebbero stati proprio gli avvocati di Aria a dare parere negativo alla donazione, per questioni procedurali e per il presunto conflitto di interessi alla base di tutta la vicenda. L'entità della donazione, secondo il codice, necessita dell'atto pubblico notarile e della presenza di due testimoni. In ogni caso certo non bastava una mail per revocare il contratto di fornitura.
Di fatto, non si trova alcuna delibera con la quale la Regione Lombardia abbia accettato la donazione che veniva comunicata nella mail. Dunque, ad oggi, senza quell'atto l'ordine al centro dell'inchiesta resta ancora operativo e sarebbe ancora in vigore quel rapporto commerciale che vincolerebbe Dama spa a fornire altri 25.000 camici mancanti alla Regione Lombardia.
I 25.000 camici mancanti, sarebbero stati infine trovati e sequestrati dai finanzieri, nel corso di una perquisizione condotta ieri, 28 luglio, nella sede della Dama. Secondo quanto si apprende da fonti investigative il lotto di camici sequestrati avrebbe fatto parte dell'ordine da 75.000 pezzi commissionato il 16 aprile 2020 e rappresenta tecnicamente il corpo del reato ipotizzato, ovvero la frode in pubbliche forniture.
Al momento sono in corso gli accertamenti per confermare che i camici sequestrati facciano davvero parte del lotto non consegnato alla Regione. Non è escluso che i pm consentiranno un nulla osta per il dissequestro degli indumenti e per una reale donazione, vista la loro necessità in questo periodo di emergenza sanitaria.
La frode nelle pubbliche forniture, il reato che gli viene contestato, è disciplinato dall’articolo 356 del Codice penale ed è punito con la reclusione da 1 a 5 anni.
Il governatore è intervenuto in Consiglio Regionale dicendosi “convinto che la verità verrà a galla“.
Intanto altre verità sembrano venire a galla nelle ultime ore. In seguito alle perquisizioni e dalle ultime indagini, Fontana avrebbe cercato di fare un bonifico di 250.000 euro a Dama spa, probabilmente, per risarcire la società del cognato per il mancato incasso. Il pagamento, proveniente da un conto Svizzero riconducibile a Fontana, è stato poi bloccato dall'unità antiriciclaggio della Banca d'Italia. Sul conto svizzero di Fontana sarebbe confluito un patrimonio di oltre 5 milioni di euro, proveniente da un precedente trust costituito alle Bahamas e poi ritornato in Europa con lo "scudo fiscale".
Il governatore smentisce che quel patrimonio sia frutto di evasione fiscale.