ART1307: «UN PONTE TRA NAPOLI E LOS ANGELES». QDN INCONTRA CYNTHIA PENNA
«Con ART1307 abbiamo voluto creare un ponte tra Napoli e Los Angeles, abbiamo voluto creare un ponte tra due realtà artistiche (…), perché l’Arte è il solo rimedio e la sola salvezza per un mondo dove valga la pena di vivere; di Arte si può vivere, ma senza di essa certamente si muore!» è quello che emerge dall’intervista esclusiva rilasciata a noi di QdN da Cynthia Penna, art director e curatrice di ART1307, un’istituzione culturale che opera tra Napoli e Los Angeles.
«Durante il lockdown ci siamo rimboccati le maniche». La Curatrice di ART1307 ci parla delle differenze, dei punti di forza e non, delle arti visive di Los Angeles e Napoli.
Un’intervista per conoscere questa realtà attiva – anche - a Napoli: Cynthia Penna ci racconta ART1307.
Come e perché è nata ART1307?
«Abbiamo iniziato, mio marito ed io, come collezionisti di arte contemporanea dalla fine degli anni ’90 e poi nel tempo, conoscendo artisti, galleristi e curatori, abbiamo avuto l’idea di operare nel mondo dell’arte per essere più attivi e presenti. Andando tutti gli anni in California, ci siamo resi conto che gli artisti italiani erano in gran parte sconosciuti laggiù e viceversa. L’arte californiana non era quasi mai stata esposta in Italia; perciò abbiamo pensato di creare un ponte tra le due realtà artistiche per farle conoscere ad un pubblico più vasto.
Abbiamo immaginato di stimolare gli artisti americani invitandoli a Napoli in residenza d’artista per lunghi periodi per la produzione di opere inedite e ispirate dalla città nonché ad essa dedicate. Lo stesso è valso per gli artisti italiani che hanno vissuto l’esperienza di inclusione nel mondo dell’arte californiano e degli artisti locali».
Cosa vi proponete di realizzare?
«Con ART1307 vogliamo creare un interscambio tra diverse realtà artistico/culturali. Pensi che da molti anni lavoriamo anche con il Giappone»
Sul vostro sito internet - – scrivete: «Non fama, ma qualità e talento»: in che modo riconoscete un artista di talento?
«Serietà, costanza nella ricerca e riconoscibilità della produzione; un background culturale di spessore, partecipazione a residenze all’estero perché i contatti col mondo aprono sempre la mente».
Dite di voler dare spazio ai giovani: avete “scovato” giovani artisti di talento?
«Certo che li abbiamo trovati! In 13 anni e più di attività abbiamo lanciato parecchi artisti che adesso fanno parte di gallerie importanti e stanno conducendo una brillante carriera: Abbamondi, Sanzone, Coppeta, Williamson solo per fare alcuni nomi».
Chi sono gli artisti con cui avete lavorato?
«Oltre a quelli già citati, posso dirLe che abbiamo lavorato con personalità massime dell’arte californiana. Le faccio alcuni nomi: Ed Moses, Eric Johnson, Lita Albuquerque, Shane Guffogg, Andy Moses, Laddie John Dill. Per Laddie John Dill abbiamo organizzato nel 2017 una mostra presso il Museo archeologico di Napoli con l’installazione delle sue sculture di neon e argon, accostate alla statuaria greco-romana della collezione Farnese presente nel Museo».
Scrivete di voler «promuovere le arti visive a livello internazionale», in che modo lo fate?
«Organizzando all’estero esposizioni in istituzioni pubbliche e private per gli artisti italiani soprattutto attraverso operazioni di scambi culturali con altri paesi. Siamo stati presenti, con gli artisti italiani, al Metropolitan Museum di Tokyo, al museo MOAH di Lancaster in California, presso le associazioni LAAA e LAArtcore di Los Angeles, presso l’università di California CALSTATE, presso l’istituto italiano di Cultura di Los Angeles e via dicendo. In Italia abbiamo lavorato con musei come il MANN, la Reggia di Caserta, Castel dell’Ovo, il PAN di Napoli e l’Università la Sapienza di Roma».
Chi lavora ad ART1307? Chi sono i vostri partner principali?
«Lavoriamo con istituzioni pubbliche e private in Italia e all’estero: già ho parlato di LAAA e LAArtcore di Los Angeles, ma vi è anche l’Associazione degli artisti di Tokyo con cui abbiamo una corrispondenza costante, il Pio Monte della Misericordia di Napoli, e altre. In questi giorni stiamo dialogando con due entità no profit, una a Milano e una a Los Angeles.
Abbiamo rapporti anche con testate giornalistiche e con riviste on line come la ArtStartweb di Milano e Artillery di Los Angeles».
Lavorate tra Napoli e Los Angeles: le arti visive italiane e americane sono diverse?
«Sono diverse in tutto e per tutto. Cambia l’approccio, il colore e lo stile. Le arti visive in California hanno un loro stile. Uno stile che secondo me subisce l’influenza orientale e non solo, è una cosa di cui nessuno si rende conto. A Los Angeles vi sono grandi comunità coreane, giapponesi, israeliane e iraniane che influenzano grandemente lo stile e l’approccio artistico.
Esistono differenze negli stessi Stati Uniti: Los Angeles e New York, cosa cambia? Due mondi completamente diversi: uno quello di New York molto più vicino e influenzato dall’Europa, dall’arte europea con la quale c’è stato tradizionalmente e storicamente uno scambio costante e continuo fin dalle origini della presenza inglese nel Nord degli Stati Uniti. Per Los Angeles pensiamo alla sua nascita come colonia spagnola, influenzata dalla sua origine messicana, e poi dai contatti con l’estremo oriente dopo la Seconda guerra mondiale. La realtà del West degli USA è culturalmente molto lontana da quella dell’Est americano; pensiamo ai pionieri che sono partiti dalla costa Est, hanno attraversato tutta l’America in condizioni estreme di sopravvivenza e sono arrivati sulla costa Ovest con la promessa della caccia all’oro o della creazione di una nuova esistenza in spazi immensi e vergini. Tutto questo non è accaduto a New York dove invece vi è stata una forte immigrazione irlandese, italiana, cecoslovacca e comunque europea che ha influenzato rapporti, atteggiamenti e, ovviamente l’arte.
Beh, diciamo che le differenze ci sono e si vedono».
Cosa unisce e cosa divide il contesto culturale di Napoli e di Los Angeles? Pregi e difetti di entrambi i contesti culturali.
«Interessante sia il paragone, sia le differenze. Partiamo da ciò che le unisce: due città multietniche che hanno accettato storicamente la diversità delle culture. Pensiamo alle dominazioni straniere subite da Napoli nel corso dei secoli che la hanno resa aperta ad accadimenti e culture diverse, aperta alle “possibilità”, agli eventi di qualsiasi genere. Come molto spesso affermo: Napoli accoglie indiscriminatamente tutti, ma poi fagocita tutti nella sua cultura e nella sua specificità. Los Angeles ha la specificità di una origine tra la messicana e la spagnola, quindi assolutamente “Latina”, con una sovrapposizione di “British” che le conferisce un ordine formale che altrimenti non avrebbe. Entrambe le città sono assolutamente “folli” nel senso della fantasia, della vivacità e dell’energia produttiva di qualsiasi cosa. Miniere di idee e di creazione.
Difetti? tanti in entrambe: Napoli a volte sconfina nel caos e nel disordine che le impedisce un vero sviluppo proiettato nel futuro accompagnato da una classe borghese quasi inesistente o che comunque guarda più al passato che al futuro. Los Angeles è una città che non si ferma mai e con la quale è difficile restare al passo: troppo veloci i tempi di creazione e distruzione di qualsiasi cosa; neanche il tempo di scoprire ad esempio un negozio, che questo ha già finito il suo ciclo di vita ed ha chiuso. Questo conduce gli “angelini” a volte ad un affaticamento lavorativo eccessivo per restare al passo con la produttività e l’invenzione».
Come avete vissuto i mesi del lockdown?
«Noi siamo stati bloccati a Los Angeles per cinque mesi. Come tutti abbiamo vissuto l’evento con tanta iniziale sofferenza per la repentina modifica di abitudini quotidiane, soprattutto nei rapporti con gli altri. Ci siamo supportati tutti molto a vicenda attraverso telefono e computer. Poi ci siamo rimboccati le maniche e da remoto col computer abbiamo iniziato a lanciare profili autobiografici degli artisti; abbiamo creato un fantastico progetto a fini benefici che si è concretizzato in un libro di ben 172 pagine con la partecipazione di 93 artisti e curatori da tutto il mondo che hanno lavorato da remoto sul tema della “percezione del fattore Tempo al tempo della clausura” : un tempo modificato o distorto di cui gli artisti si sono fatti carico con opere o scritti.
Attualmente è in vendita a fini benefici sulla piattaforma BLURB e speriamo di presentarlo a breve a Napoli»
Nuovi progetti? Cosa si propone di fare ART1307 nei prossimi mesi?
«Come tutte le realtà artistiche stiamo ricominciando a vivere e abbiamo in progetto di aprire il nostro studio anche come sede espositiva per piccole mostre, tanto più che attualmente le regole anti-Covid non permettono grandi assembramenti di persone. Abbiamo in mente tante novità e sicuramente torneremo a lavorare a tutti i progetti sospesi e rinviati come quello della fotografa tedesca Miessner presso il Pio Monte della Misericordia, che è attualmente fissato agli inizi di dicembre; i due progetti degli artisti Boyko e Nakagomi, presso la Stazione di Alta velocità di Afragola; un progetto internazionale dal titolo The Circle of Truth partito dagli USA e attualmente in giro per l’Europa, di grande impatto e spessore artistico-culturale».
Pensate di aprire altre sedi in giro per il mondo?
«No, allo stato attuale è impossibile in quanto già dividiamo le nostre vite tra Napoli, Milano e Los Angeles. Siamo dei perfezionisti e curiamo TUTTO personalmente, senza delegare ad altri i nostri impegni».
Gli uffici di ART1307 si trovano presso le Rampe S. Antonio a Posillipo, 104; mentre lo spazio espositivo è a Villa Di Donato a Piazza Sant’Eframo Vecchio a Napoli.
Consulta i siti web per saperne di più:
- www.cynthiapenna.com