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I mosaici di Piazza Armerina

Scritto da Luca Murolo Il . Inserito in Port'Alba

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Così universalmente conosciuti, Patrimonio dell’Umanità, si trovano nella Villa romana del Casale, a pochi chilometri dalla bella cittadina siciliana. Scoperta nel 1950, in seguito alle indicazioni di contadini della zona, dall’archeologo Gino Gentili, fu immediatamente datata attorno ai primi anni del IV secolo d. C., quindi nel periodo della Tetrarchia di Diocleziano, quando suddivise la gestione del potere in quattro. Due Augusti e due Cesari: Diocleziano stesso, Galerio, Costanzo Cloro e Massimiano.

Quest’ultimo governava sull’Italia, sull’Africa e sulla Spagna, quindi inizialmente gli si attribuì la proprietà della Villa, dando per scontato, data la magnificenza e l’opulenza di questa, che si trattasse di una Villa Imperiale. Ci si dovette ricredere immediatamente, perché numerose documentazioni attestavano che Massimiano, dopo essersi dimesso, passò i suoi ultimi giorni, ritirato a vita privata, in Campania e non in Sicilia. Il proprietario fu quindi identificato in Massenzio, suo figlio, ma dopo poco anche questa ipotesi fu messa in discussione. A quei tempi vi erano numerose ville patrizie di quelle dimensioni e di quel lusso, quindi si fece strada l’idea che la Villa non fosse necessariamente “Imperiale”, e la sua appartenenza continuò ad essere un mistero.

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L’ipotesi più accreditata fu che il suo vero proprietario fosse Lucio Aradio Valerio Proculo Populonio, in quei tempi governatore della Sicilia, ma già Pretore a Roma, dove indisse dei giochi talmente sfarzosi, che potrebbero essere quelli riprodotti dai mosaici siti nel “corridoio” della Villa, e chiamati “della Grande Caccia”, perché ad osservarli bene, le belve in essi raffigurate, non vengono uccise, ma sembra tutta una grande manifestazione. Sono anche altri i nomi di personaggi illustri dell’epoca a cui viene attribuita la proprietà della Villa, ma se questa resta un’incognita, la sua magnificenza è una realtà.

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La prima cosa che si osserva entrando sono le Terme, e già l’occhio si posa su di un mosaico raffigurante la padrona di casa con le figlie e le ancelle, poi si passa al “frigidarium”, dove i mosaici cominciano ad essere spettacolari, con la rappresentazione del Circo Massimo, e tutta una serie di creature marine fantastiche, come Tritoni e Nereidi, cavallucci marini e mostri immaginari. Continuando la visita i mosaici diventano sempre più elaborati ed intriganti, scene di caccia si alternano a scene di pesca, animali esotici a figure mitologiche. Il “ratto delle Sabine” si confonde con danze campestri, elefanti fatti salire su navi da guerra evocano guerre e glorie della capitale dell’Impero, la celebrazione di Roma ed i suoi miti è ovunque.

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Negli appartamenti Nord è raffigurata la scena di Ulisse che con l’astuzia batte Polifemo, e lo vediamo inginocchiato nell’atto di offrire un “kantharos” ricolmo di vino ad un ciclope con tre occhi, ed ovunque si guardi si è rapiti e affascinati dallo splendore di questi splendidi mosaici, sui quali sono stati scritti svariati libri, ed ancora se ne scriveranno, quindi invece di proseguire con un elenco che risulterebbe comunque manchevole, se non noioso, mi vorrei soffermare su di un mosaico in particolare.

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Negli ambienti posti a sud del grande peristilio, c’è il mosaico detto “delle fanciulle in bikini”, che raffigura dieci giovani donne dal corpo snello ed atletico, nell’atto di compire esercizi ginnici, abbigliate in bikini. Bikini! Stiamo parlando di un’opera realizzata 1700 anni fa, e se non ci è dato di sapere se le ragazze sono ospiti della villa, ancelle o ginnaste che si allenano per qualche gioco dedicato a Diana o a Giunone, i costumi ci stupiscono non poco.

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Comodi per l’attività fisica, e pratici per il clima torrido di quei luoghi, denotano un senso estetico di una modernità sconcertante. Per secoli, superando anche l’oscurantismo del Medio-evo, costumi simili diventano impensabili. Religioni di qualsiasi latitudine condannano un abbigliamento simile, se non addirittura lo fustigano con pene anche di morte. Mille anni dopo donne vengono messe al rogo per molto meno, oggi, in paesi non lontani da noi, lapidate.

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Se è vero che per secoli l’Umanità non ha avuto tempo né voglia di pensare al senso estetico, tormentata da guerre e carestie, e bisogna arrivare al Rinascimento, perché la bellezza torni ad occupare un posto di risalto nella società, è anche vero che per rivedere un bikini, si dovrà attendere gli anni ’50 del secolo scorso. È stato un ben lungo e duro periodo per le donne. La libertà e la bellezza.