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Una crisi economica oppure un abisso di civiltà?

Scritto da Mariano D'Antonio Il . Inserito in A gamba tesa

Mezzogiorno Sud Italia

Vista dal Mezzogiorno la crisi dell'economia, delle istituzioni pubbliche, del corpo sociale appare una caduta nell'abisso della povertà di massa e dell'emarginazione irrimediabile per interi gruppi sociali (i giovanissimi e gli anziani oltre i 50 anni d'età, i lavoratori espulsi dalla produzione digitalizzata, i professionisti sostituiti con i pacchetti di software).

Ha voglia di invocare "non sprechiamo questa crisi" la brillante economista inglese Mariana Mazzucato nel suo pamphlet recentemente pubblicato dall'editore Laterza, che propone un programma di interventi pubblici di ampio respiro. Se guardiamo il caso italiano e ci soffermiamo in particolare sul Mezzogiorno e ancora più in dettaglio sulla Campania e su Napoli, ci cadono le braccia. Siamo in alto mare, alla ricerca di una via d'uscita dalla pandemia, cioè di sollievi per la popolazione colpita dal corona virus, e siamo speranzosi che nell'arco di pochi mesi l'industria farmaceutica metta in commercio un vaccino capace di stroncare l'infezione virale.

Intanto paghiamo il prezzo dell'incuria e del disordine delle istituzioni. Venuto alla scadenza irrevocabile dopo due mandati, il sindaco di Napoli de Magistris non sembra rassegnato a scomparire dalla scena locale: capeggia ancora una fantomatica associazione con i suoi stretti familiari e lascia intendere che troverà un buco in cui insinuarsi per dare ancora messaggi alla politica locale.

Il suo antagonista locale Vincenzo De Luca si è fatto rieleggere presidente della giunta regionale della Campania e ha assortito una giunta composta per lo più da valenti professionisti ma non ha assegnato gli assessorati più importanti (Sanità, Trasporti) dai quali dipendono le spese d'investimento più rilevanti.

Intanto l'economia locale scivola lungo la china della deindustrializzazione e trova solo nel turismo e nelle attività per l'accoglienza (B&B, ristorazione) un paracadute precario. Sono ormai lontani e irripetibili gli anni della ricostruzione post-terremoto che hanno sorretto la spesa pubblica e hanno trasformato l'economia locale per un ventennio. Nell'epoca della mobilità del capitale finanziario e con l'Europa a guida franco-tedesca i varchi per iniziative locali produttive, capaci di soddisfare il bisogno di lavoro, di civiltà, di innovazione, sono varchi stretti: si aprono soltanto in presenza di progetti d'investimento solidi, capaci di stare sull'arena internazionale.

Agli spacconi che decantano la forza e l'abilità delle loro proposte per Napoli, vale la pena di ripetere il vecchio detto: Qui è Rodi, qui salta!