Portici Science Cafè: “Tutte le lingue del mondo – Come comunicano le persone sordocieche”.
“Se non è stato nelle mani e nel corpo, non può essere nel cervello” Bev Bos
Inserito come sempre nel programma dedicato alla divulgazione scientifica di Villa Fernandes, che abitualmente ospita gli incontri in presenza, il secondo evento del ciclo di incontri 2020/2021 del Portici Science Cafè – svoltosi in streaming a causa dell'emergenza pandemica – ha affrontato il tema della comunicazione per le persone sordocieche.
In particolare, guidati da Rosa Giovannetti, educatore professionale presso la Lega del Filo d’Oro della Sede di Napoli, ci si è addentrati sulle tecnologie e relative metodologie per l'insegnamento semplificato di strategie comunicative personalizzate in situazione di handicap grave.
Se infatti la realtà delle persone affette da sordocecità è complessa, quella delle persone sordocieche pluriminorate psicosensoriali lo è ancor di più.
Ciò nonostante, significativi possono essere i traguardi che si raggiungono: fondamentale in tal senso è il lavoro che da più di cinquanta anni svolge la Lega del Filo d’Oro che già nel nome racchiude il senso dell’unione, del legame esistente tra i vari attori coinvolti – specialisti, volontari, familiari –, e che è alla base di ogni azione messa in atto in favore di queste persone per aiutarle a ottenere il massimo dalla vita.
Solo attraverso il lavoro di un’equipe interdisciplinare composta da molteplici figure professionali che lavorano insieme e attivamente con la persona sordocieca, infatti, è possibile individuare un piano di intervento educativo-riabilitativo individualizzato in grado di far conseguire graduali progressi e acquisire crescenti autonomie.
Ma relativamente ad una patologia di tale portata, cosa si intende esattamente per comunicazione?
Premesso che comunicare è un bisogno di tutti gli individui, nella persona sordocieca spesso questa necessità è compromessa dalle condizioni neurologiche e dalla presenza di patologie organiche.
La comunicazione soggettiva, dunque, dipende dai sensi residui dalla persona e di conseguenza sono le differenze individuali come ad esempio il livello cognitivo, quello emozionale e l’età di insorgenza della disabilità che stabiliscono quale o quali sistemi comunicativi sono più idonei.
Le persone sordocieche si servono, solitamente, di più modalità di linguaggio e di comunicazione. Il corpo, difatti, può parlare non solo tramite l’espressione del viso ed i movimenti del corpo, ma anche attraverso il calore e il sudore delle mani, la tensione e il rilassamento muscolare. Le persone sordocieche dipendono dai sensi vicari: tatto, movimento, odorato, gusto, se usati come canali, predispongono al contatto e quindi possono essere usati per farsi capire e ricevere informazioni sule persone e l’ambiente circostante.
Nel dettaglio, i sistemi di comunicazioni utilizzati sono i seguenti:
*Comunicazione oggettuale, Pittografica, comportamentale;
*LIS (lingua italiana dei segni);
*LIS tattile;
*Dattilogia;
*Malossi;
*Braille (metodo di lettura e scrittura);
*Stampatello.
E affinché possa iniziare o si possa sviluppare una buona comunicazione intenzionale, decisivo è tenere in considerazione la gestualità spontanea come nel bambino. Questa poi, associata a una forza motivazionale, una facile riproduzione e comprensione e all’uso frequente condiviso con le figure di riferimento fa si che l’apprendimento sia più facilitato e che la barriera dell’incomprensione progressivamente si frantumi.
Ma giunti a questo punto possiamo noi volontari, dall’esterno, dare un apporto alla costruzione di questo dialogo? La risposta è si, e per sensibilizzare in tal senso chi vuole iniziare un percorso di avvicinamento alla tematica, proprio nel corso dell’incontro è nata, su sollecitazione dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti, tra i partner del progetto Villa Fernandes, l’idea di istituire un corso di approfondimento del metodo Malossi, da realizzare appena sarà possibile ritornare ad abitare, in sicurezza, i luoghi comuni.
Incrociamo le dita!