Pietrabbondante: il Santuario Italico
Questo sito è probabilmente la miglior testimonianza della civiltà sannita arrivato ai giorni nostri. Ubicato nelle immediate vicinanze del paesino di Pietrabbondante in Molise, è fuori dagli itinerari turistici e commerciali, oggigiorno, come 2000 anni fa, quando fu abbandonato dai Romani, perché ritenuto senza importanza, relegato in questa regione aspra e fuori da ogni rotta commerciale.
Alla fine della “guerra sociale”, quando i Sanniti furono definitivamente sconfitti, ed essendosi schierati con Mario, Silla dette questo luogo alla famiglia dei Socelli, che dopo averlo brevemente usato per delle sepolture, lo abbandonarono, senza apportarvi significative modifiche. È per questo motivo che, rimasto ignorato fino ad epoca contemporanea, quando si iniziò a recuperare la zona archeologica con degli scavi, nel 1857, ci racconta direttamente di questo popolo italico, fatto di rudi guerrieri di discendenza Osca, che così tanto avevano assimilato della cultura Etrusca e Greca.
Al contrario della cittadina di Sepino (vedi Q.di N. del 15/07/2020), che trovandosi sul Grande Tratturo che dall’Abbruzzo portava le greggi fino alle Puglie, rivestendo una grande importanza strategica, fu lungamente colonizzato ed abitato dai Romani, il sito di Pietrabbondante sorge, non lontano dal fiume Trigno, del tutto isolato.
Costruito dai Pentri, tribù sannita che avendo giurato fedeltà a Roma godeva di una certa libertà, attorno al IV secolo a. C., fu poi arricchito a cavallo tra il II ed il I secolo a. C.. Nel tempio maggiore è stata ritrovata una lastra in bronzo con dedica alla dea Vittoria, quindi si pensa che ad essa fosse dedicato, avendo i Sanniti l’abitudine di onorare un solo dio per tempio, ma la presenza di tre celle per la statua votiva, fa dedurre che sia l’unico esempio di tempio italico dedicato ad una triade. I luoghi furono saccheggiati e distrutti da Annibale prima della battaglia di Canne, quindi non si è ancora riuscito a capire se il complesso fosse a se stante, o dipendente da un centro abitato non ritrovato.
Una lunga inscrizione nella pietra riporta il nome del suo costruttore, il magistrato sannita Statiis Klar, appartenente alla ricca famiglia degli Statii, e quindi si suppone che a loro appartenesse tutta l’area. Sul lato orientale sorge il Tempio minore, del quale resta solo il “podio”, essendo stato saccheggiato interamente, e le pietre con cui era stato costruito impiegate in altri edifici. Il vero capolavoro di questo sito, che lo rende unico e gli da la sua particolare connotazione, è il Teatro. Di chiara ispirazione greca, non è stato però edificato sul declivio, ma su di un basamento, ed ha comunque tutta la vallata del Trigno dietro il proscenio.
La cavea è interamente in roccia “calcarea dura”, mentre i templi sono in “calcare tenero” di importazione, ed è questa una pietra locale, presente in abbondanza nei luoghi, a non smentire il nome stesso del vicino paese. La particolarità di questo Teatro è che non era esclusivamente usato per rappresentazioni sceniche, ma ospitava anche dei “concilia”, le adunanze del senato, tenute in particolari occasioni. Abbandonato in tempi antichi, non presenta quegli interventi effettuati dai Romani su tutti i teatri Greci o Italici giunti sino a noi, ed è quindi, come già accennato in precedenza, un esempio di “pura” architettura sannita. Salta agli occhi l’”opera poligonale”, un particolare modo di costruire i muri a secco, classica dell’Italia centrale, in contrapposizione al classico “bugnato” romano a cui ci hanno abituato i nostri siti archeologici.
Sono presenti numerosi resti di ambienti, che potevano essere sia botteghe, che delle abitazioni destinate ai visitatori dei Templi, ed in quest’area in particolare, ed un po’ sparse ovunque, sono state ritrovate numerose monete, di cui 256 in bronzo sono conservate nel Museo Archeologico di Napoli.
Il sito è conservato e mantenuto magnificamente, e mi ha colpito la stradina che introduce alle rovine, lastricata di “sanpietrini” in legno, appositamente fabbricati.
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