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LENTAMENTE IN ITALIA STA MORENDO LA GIUSTIZIA

Scritto da Nicola Pezzullo Il . Inserito in A gamba tesa

sergio mattarella 3

È passato un anno dall’inizio della pandemia da Covid 19 ed il mondo non sarà mai più come lo ricordavamo e tutto quello che sta intorno a noi sta inevitabilmente cambiando, solo la giustizia penale rimane immutata.


Qualcuno potrebbe vederla come un fatto positivo, come un simulacro degli antichi splendori ed invece non è assolutamente così.
Chi vive quotidianamente le aule dei tribunali sa bene che non è così.

Il procedimento penale in quest’ultimo anno è rimasto ancorato al principio di oralità ed all’obbligo di svolgersi l’udienza all’interno dei tribunali.
Il risultato è stato nefasto, non solo per la salute di giudici, avvocati, personale amministrativo e di tutti gli avventori costretti a recarsi in tribunale.
Il prezzo più alto lo hanno pagato imputati e persone offese dal reato.

La giustizia si è totalmente fermata, rinvio dopo rinvio, come se il mondo si fosse totalmente fermato e fossimo ancora nel febbraio del 2020.
Invece, ahinoi, è passato un anno, un anno dove chi pretendeva e meritava giustizia non ha visto il suo legittimo diritto realizzarsi e dove chi era imputato non ha conosciuto la fine del suo calvario, senza poter conoscere il suo destino giudiziario.

Stiamo viaggiando, come direbbe Cervantes, per strade senza strade e per sentieri senza traccia?

Al momento sembrerebbe di si, il Governo Conte non si è preoccupato del problema ed in più i due precedenti Ministri della Giustizia, Orlando e Bonafede con le loro riforme hanno solo allungato i tempi dei processi.

In questi giorni, si sta insediando il nuovo governo presieduto da Mario Draghi ed il nuovo Ministro della Giustizia sarà Marta Cartabia, ex presidente della Corte Costituzionale e professoressa di diritto costituzionale in alcune tra le più famose università italiane.

Saprà la professoressa Cartabia a risolvere gli annosi problemi della giustizia penale italiana?

Non sta di certo a me rispondere a questa domanda.
Come modesto operatore del diritto però mi permetto di sottolineare tre temi.
Primo tra tutti la riforma dei distretti di Corte di Appello.

Nella Corte di Appello di Napoli pendono procedimenti la cui notizia di reato risale ad oltre dieci anni fa, è una situazione vergognosa ed inaccettabile in un Paese che si definisce civile.
Il legislatore deve dare tempi certi per il secondo grado di giudizio, è inconcepibile che un appello venga discusso dieci anni dopo che sia stato promosso.
Il sottoscritto reputa che un appello debba essere discusso entro e non oltre 24 mesi dal giorno in cui è stato promosso, sicuramente il legislatore saprà far meglio ma finchè non vi sarà una riforma in tal senso, le Corti di Appello continueranno a perpetrare il sistema attuale che nei fatti uccide la giustizia.

Secondo tema in discussione l’esercizio obbligatorio dell’azione penale.
L’azione penale è pubblica e il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitarla in conformità della legge, senza poterne sospendere o ritardare l’esercizio per ragioni di convenienza”. Così recitava l’articolo 8 della relazione redatta da Piero Calamandrei per la II sottocommissione (sul potere giudiziario) della Commissione per la Costituzione.
Questo principio poi sancito definitivamente dall’art. 112 della Costituzione in realtà non è mai esistito ed ogni anno in Italia si prescrivono circa 400.000 (quattrocentomila!!!) procedimenti.

Procedimenti, in realtà, totalmente abbandonati dai pubblici ministeri, i quali discrezionalmente decidono quali indagini portare avanti e quali abbandonare.
Questo mare magnum di procedimenti ingolfa completamente il sistema giustizia e parliamoci chiaramente deresponsabilizza i magistrati, così non si può andare più avanti.
Non sarebbe molto meglio che i pubblici ministeri scegliessero loro quali procedimenti portare avanti motivando le proprie scelte in un report semestrale?

Ultimo tema sull’ipotesi di estendere il patteggiamento della pena fino a dieci anni.

Premesso che nel breve periodo questa modifica inciderebbe poco sugli enormi ritardi del sistema giustizia dato che in Italia l’idea di “concordare” la pena non ha ancora fatto breccia nei cuori di magistrati e avvocati, reputo che nel medio termine invece questa riforma possa portare un enorme giovamento al nostro sistema penale.
Vi sono procedimenti, ad esempio quelli di bancarotta fraudolenta, che per loro stessa natura prevedono lunghe escussioni dibattimentali.

Gioverebbe di gran lunga al sistema giustizia evitare processi lunghi e dispendiosi e di certo ne trarrebbero giovamento gli stessi imputati, i quali sarebbero liberi dal calvario del processo e conoscerebbero fin da subito la loro pena.

Per concludere, dobbiamo dire che la giustizia non è morta ma è un paziente ferito gravemente che ha bisogno di un dottore esperto per essere salvato.

Saprà la Professoressa Cartabia essere all’altezza della situazione?

Ai posteri l’ardua sentenza.