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I centosessant'anni dall'assedio di Gaeta (seconda parte parte)

Scritto da Antonio Capotosto Il . Inserito in Port'Alba

Assedio di Gaeta 1

Dopo il racconto del cappellano Buttà, Alianello riporta la narrazione che di quegli avvenimenti ha fatto, negli anni Trenta, un ufficiale dell'esercito italiano, Battaglini, autore di un libro intitolato 'Il crollo militare del Regno delle Due Sicilie': ciò allo scopo di conferire maggiore imparzialità alla sua ricostruzione.

“Il giorno 11 febbraio dalla batterie assedianti furono sparati 4397 colpi, producendo nove morti e una decina di feriti tra i difensori; quelle borboniche risposero con mille e cinquecento colpi. Nella mattina il direttore generale degli ospedali di Gaeta riferisce al ministero della Guerra che non sapeva come rimediare alla mancanza di neve e di medicine indispensabili per fronteggiare la febbre tifoidea, che infieriva più che mai nella guarigione, e alla penuria di carne fresca. Francesco II, nella stessa giornata, decise di riunire un consiglio supremo di Stato, a cui parteciparono la Regina, i principi reali, il conte di Trani e il conte di Caserta, tutte le personalità più alte, militari e politiche, che, dopo breve discussione, riconobbero, senza opposizione alcuna, all'unanimità, la necessità di una pronta e onorevole capitolazione.

Il Re conferì allora al Ritucci pieni poteri al riguardo. Il Delli Franci fu incaricato di iniziare le trattative; e subito, malgrado il mare procelloso, si recò dal Ciardini, latore d'una lettera del Ritucci, in cui questi diceva che, mosso da ragioni umanitarie e per porre fine allo spargimento reciproco di sangue, chiedeva una sospensione d'armi di quindici giorni per intavolare le trattative di resa.

Al che il Ciardini, in quello stato d'animo in cui si trovava, rispose con dura decisione che, mentre era disposto alla trattative, non desiderava affatto sospendere le ostilità, 'visto che il cannone non guasta mai gli affari', come telegrafò al Cavour, nel riferire la proposta borbonica; e aggiungeva nel telegramma, parlando del Ritucci e dei suoi collaboratori borbonici: 'I signori sono astuti, ma io non amo perdere tempo'. Il Cavour, in risposta, approvò ed elogiò l'opera del Ciardini... Fu giuocoforza da parte borbonica sottostare alla volontà del Ciardini pur di iniziare le trattative della resa al più presto.

Nella notte tra l'11 e il 12 si nominò in Gaeta la commissione incaricata per recarisi nel quartier generale dell'assediante, munita dei poteri necessari per le trattative...”.

Per saperne di più:

I centosessant'anni dall'assedio di Gaeta (prima parte)