I centosessant'anni dall'assedio di Gaeta (terza parte)
La descrizione delle ultime fasi dei combattimenti, dell'agonia di Gaeta ormai prossima alla conclusione è affidata da Alianello di nuovo alla penna del Buttà: “Erano già stipulate le condizioni della resa di Gaeta, solo mancava la trascrizione del lungo testo.
Non pertanto la mattina del 13 febbraio, il nemico smascherò nuove batterie, le quali, unite alle altre bersagliavano orribilmente la piazza. Gaeta, per onorare la difesa, rispondeva con eguale furore, e spesso faceva tacere quelle batterie vicine. Milon -il plenipotenziario borbonico presso Cialdini- fece sentire più volte a Cialdini di darsi fine a quella lotta crudele e insensata; costui, sordo, proseguì a bombardare con maggior furore... Quando i patti della capitolazione erano firmati da ambo le parti, sulle tre pomeridiane, un proiettile nemico diede fuoco alla polveriera della batteria Transilvania, e mandò per aria muraviglie, cannoni e quanti si trovavano colà. Un denso fumo coprì tutta la piazza e si vedevano cadere sopra Gaeta e al mare a grande distanza, pietre, legna, ferro, frammisti a membra umane...!
Appena scoppiò la polveriera della batteria Transilvania, il nemico converse tutti i suoi tiri sul luogo del disastro, per togliere qualunque soccorso agli infelici sepolti sotto le rovine... I soldati, tra un nembo di proiettili nemici, si slanciarono al soccorso dei sotterrati; si compirono incredibili azioni generose con disperato valore e sublime abnegazione. Si salvò un artigliere gettato sopra uno scoglio, sporgente dal mare e si salvarono molti soldati e cittadini che richiedevano un pronto soccorso. Mentre si soccorrevano i sotterrati vivi, cadevano molti generosi accolti in loro aiuto”.
Per saperne di più:
I centosessant'anni dall'assedio di Gaeta (prima parte)
I centosessant'anni dall'assedio di Gaeta (seconda parte parte)