Congo. Terra senza infanzia
Il paradosso è che stiamo parlando di uno dei territori più ricchi del pianeta, qui si trovano minerali e pietre preziose, ma non robetta: diamanti, oro, uranio, coltan e chi più ne ha più ne metta. Il terreno è fertile come solo ai tropici può esserlo, in prossimità dell’equatore, e con le abbondanti piogge che cadono frequenti, qualsiasi coltura cresce rigogliosa. L’allevamento di bestiame, poi, potrebbe essere un’altra voce in attivo.
Eppure, qui ci sono i paesi più poveri del mondo. Straziati da guerre e guerriglie a memoria d’uomo, i più elementari diritti umani calpestati ovunque e quotidianamente, e, si sa, in queste condizioni di estrema disumanità, a soffrire maggiormente è l’anello più debole della catena: i bambini.
L’opinione pubblica internazionale, che spesso volta la faccia, o è presa da problemi più effimeri ma più vicini e tangibili, si scandalizza quando si parla dei “soldati bambini”, ma purtroppo questa è solo la testa dell’iceberg. I casi estremi. La “normalità”, invece, è che i bambini lavorino nelle miniere, molto spesso a cielo aperto, delle cave che possono diventare delle pozze di fango. Veri gironi infernali. Oppure, coinvolti in tutti i tipi di traffici. E i bambini, privi ancora della coscienza dell’essere, diventano lavoratori indefessi, sottopagati ovviamente, e crudeli guerrieri, più coraggiosi all’apparenza, ma è solo incoscienza, di quegli adulti che in maniera infame li utilizzano, semplicemente perché non hanno ancora insita nella loro testolina innocente, l’idea, il concetto della morte.
La crudeltà, di casa in questi luoghi, è stata ulteriormente sdoganata dai colonizzatori bianchi. Nel secolo XIX, essendo le zone costiere del Continente già ampiamente “occupate” da stranieri che vi facevano il giorno e la notte, con metodi discutibili ed enormi guadagni, sovrani e trafficanti senza scrupoli, si sono rivolti a questo apparentemente impenetrabile “cuore” del Continente Nero. Ho volutamente parlato di stranieri, e non come comunemente si usa di “uomo bianco”, perché gli Arabi sono arrivati prima, i Cinesi dopo, ma fatto sta che l’Africa è stata ed è ancora l’eldorado di tutti i cosiddetti Paesi civilizzati. Tornando alla parte di cui stavamo parlando, bisogna ricordare che il più crudele di tutti fu Leopoldo II, re del Belgio, che si servì per questo scopo di un esploratore noto ai più per lo storico incontro con il dottor Livingstone, sir Harry Morton Stanley, ma dagli Africani, più tristemente con il nomignolo di Bum-bum.
Costui si faceva strada con la dinamite, passando su tutto e tutti, pur di raggiungere i suoi, e del suo datore di lavoro, sporchi obiettivi. Qui trovarono terreno fertile, è vero, perché già vigeva, da sempre, l’odio tribale ed etnie diverse erano atavicamente in lotta tra loro, ma non si fecero amare, prova ne è il fatto, che dietro di loro hanno lasciato un’eredità di sangue che dura fino ai giorni nostri, basti ricordare il Katanga, e più recentemente le stragi tra Tutsi e Hutu.
Stiamo parlando del tristemente noto Congo Belga, e di Rwanda e Burundi. Leopoldo considerava e di fatto trattava, le colonie africane come suoi personali possedimenti, non della nazione Belga, che non aveva né tornaconto, né voce in capitolo su ciò. Diversa fu, in quegli anni ed in quei luoghi, la politica della Francia, che come esploratore e colonizzatore, si servì di Pietro Savorgnan conte di Brazzà, Italiano naturalizzato Francese, che usava metodi totalmente opposti a Stanley Bum-bum, e si faceva strada stipulando accordi commerciali e costruendo ponti e strade, infatti a lui sono state intitolate città ed intere nazioni, come il Congo Brazzaville.
Non ci possiamo meravigliare che nei territori del Parco del Virunga, e più estesamente “dei grandi laghi”, viga ancora oggi, perdonatemi il facile umorismo, la legge della giungla. Territori splendidi, ma dove la parola turismo è sconosciuta, perché gli interessi sono fortissimi, e prepotenza e sopraffazione, sono l’abitudine comune. La più facile. L’Uomo non è buono.
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