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Un altro attentato ad una chiesa cattolica nel Sud-est asiatico

Scritto da Luca Murolo Il . Inserito in Napoli IN & OUT

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La “domenica delle palme”, mentre da noi si festeggiava la ricorrenza, seppur sottotono a causa della pandemia da COVID, in Indonesia, all’altro capo del pianeta, era già avvenuto il vigliacco attentato, e si stavano contando i feriti. Una ventina, e per fortuna, per il momento si parla solamente di feriti, perché pare che le uniche due vittime siano proprio gli attentatori.    

                                          

Succedeva a Makassar, oggi chiamata Ujangpadang, sull’isola di Sulawesi, appartenente all’Indonesia, il paese con il maggior numero di Islamici sulla Terra. Le autorità tutte, dal presidente dello Stato sua eccellenza Joko Widoto, al sindaco della cittadina insulare, hanno duramente condannato l’atto di violenza, che non è stato ancora rivendicato, ma tutti i sospetti indicano Jamaah Ansharut Daulah, movimento estremista vicino all’Isis.                                                                                                                                                                

Se non fosse stato per l’intuizione di un poliziotto che ha bloccato l’ingresso laterale alla moto dei due kamikaze, costringendoli a dirigersi verso quello principale, dove hanno trovato molta più resistenza, sarebbero riusciti ad entrare in Chiesa, e i danni sarebbero stati enormemente maggiori.

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Sulawesi, una volta Celebes, è uno dei territori più selvaggi di tutta l’Indonesia e dell’intero pianeta, e nonostante le forze governative lo neghino, non è sotto il controllo totale delle autorità. La punta estrema sud-occidentale, dove sorge Makassar, importante porto per il commercio con le isole vicine, è una città tranquilla, prevalentemente musulmana, come il resto del paese, ma solamente un centinaio di chilometri più a Nord, si entra in territorio Toraja, che non sono propriamente i Dayaki, i tagliatori di teste del Borneo, ma restano un popolo di fieri guerrieri, con le loro tradizioni, alle volte non consone all’epoca in cui viviamo. I primi villaggi che si incontrano, con le loro affascinanti e variopinte case di legno, sono amichevoli, e totalmente votati al turismo, apprezzano notevolmente i visitatori stranieri, ai quali cercano di vendere ogni tipo di gadget. Ma continuando verso Nord ed il centro dell’Isola, la situazione cambia radicalmente, ed è sconsigliato a chiunque addentrarvisi.   

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L’Isola ha una strana forma di Y capovolta, con insenature accattivanti ed una fauna unica al mondo, ma non bisogna assolutamente prenderla alla leggera, perché predoni di tutti i tipi, si mescolano a tribù ataviche e dagli usi antichi e selvatici. Nel golfo formato dal braccio principale dell’ipotetica Y, pare vivano specie endemiche di oloturie e poseidonie uniche al mondo. La curiosità e l’interesse scientifico furono fatali per un gruppo di subacquei italiani, che una quindicina di anni fa non ne fecero più ritorno. 

L’altro polo di civiltà “moderna”, sulla punta estrema nord-orientale, è la città di Manado, appartenente in teoria alla Repubblica indonesiana, ma di fatto ai Cinesi ed alla loro nuova religione “money-money” (perdonatemi ma non sono riuscito a trattenermi). In sostanza un posto antropologicamente molto interessante, ma da prendere con le pinze.

Nella parte Sud dell’Isola, Makassar e dintorni, nel 2018 vi furono già altri attacchi terroristici a chiese cattoliche, ma all’epoca vi furono 30 morti. A mio parere non si tratta solo di odio religioso, in un paese dove sono ancora presenti credenze “animiste”, con infiniti riti dai mille colori e dalle mille sfaccettature, che non offendono Maometto ed i suoi seguaci più violenti ed intransigenti, ma la paura che la Chiesa possa avere, come in epoca coloniale, una importanza troppo grande.