Il MAV di Ercolano riapre al pubblico esponendo la personale di Nicholas Tolosa, “Pompei 79 d.C.”
Lo scorso 30 aprile il MAV, Museo Archeologico Virtuale di Ercolano, ha ripreso le attività aprendosi al pubblico dal venerdì alla domenica. Per festeggiare la ripresa l’8 maggio è stata inaugurata in loco la mostra personale di arte contemporanea “Pompei 79 d.C.” dell’artista Nicholas Tolosa, a cura di Roberto Sottile con testi critici di Luca Ricci, Davide Silvioli e Roberto Sottile, un percorso narrativo fatto di suggerimenti pittorici che comunicano con l’intelletto e l’emotività di ognuno.
Dopo questa lunga chiusura finalmente si riparte nel racconto di quella che fu la grande civiltà delle città romane adagiate alle pendici del Vesuvio prima della tragica e devastante eruzione del 79 d.C. che ne cancellò per sempre la bellezza ricoprendo tutto il territorio circostante di lava, cenere e fango.
Quella del MAV di Ercolano è una narrazione nel segno dell’innovazione tecnologica multimediale applicata ai Beni culturali, narrazione che il MAV continua a portare avanti per la valorizzazione delle eccellenze archeologiche del territorio vesuviano e campano, per mostrare al grande pubblico la fedele ricostruzione, più volte validata scientificamente, della magnificenza delle città e delle dimore romane della Campania.
Attraverso la tecnica dei calchi è stato possibile riempire i vuoti lasciati dai corpi durante la seconda colata piro plastica del Vesuvio. Questo luogo è il teatro di una catastrofe. In “Pompei 79 d.C.” Nicholas Tolosa ritrae l’impronta del dolore e della disperazione sulla tela. Riproduce le sagome di donne, uomini e bambini sorpresi nell’istante in cui cercavano di mettersi in fuga. La cenere li ha imprigionati per secoli nel loro ultimo respiro. I volti e le braccia pietrificati.
L’artista li illumina mettendo in risalto la violenza con cui la natura li ha uccisi e sepolti. Sembrano sospesi tra passato e presente. Riesce a immergersi nella tecnica di rilevamento degli archeologi. Osserva queste figure che ancora una volta prendono forma dopo gli scavi. Il contrasto del bianco e del nero che utilizza, allude all’antagonismo della vita e la morte che sovraintendono i destini dell’uomo. E’ una poesia mortuaria ambientata a Pompei nel 79 D.C. Queste opere sono la testimonianza di vite interrotte, sono ombre che vengono dal passato.
La pittura dell’artista è silenziosa, ma di consistenza formosa. Il segno concreto diventa agli occhi dello spettatore linguaggio non più da interpretare e tradurre, ma semplicemente da leggere in maniera immediata. Quei calchi in gesso, che oggi rappresentano una testimonianza storica importante, ritornano nei lavori in mostra carichi di nuovi stimoli espressivi.