fbpx

La fuga dei cervelli è per la sopravvivenza

Scritto da Vitaliano Corbi Il . Inserito in A gamba tesa

fuga di cervelli

Negli ultimi dieci anni il numero di espatri di italiani all’estero è triplicato: si è passati da 39mila nel 2008 a 117mila nel 2018, come mostra il rapporto annuale del 2019 sugli Italiani nel mondo, curato dalla fondazione Migrantes.

 

Si tratta di un trend in aumento che porta un numero enorme di giovani, dotati di alte competenze specialistiche, ad abbandonare il nostro bel paese.

Dunque, appare necessario smettere di promulgare la retorica per cui questi giovani risulterebbero colpevoli di un presunto “reato di fuga”. Non sono i giovani a scappare. È l’Italia che ha sempre meno da offrire. È un problema governativo che dura da più di dieci anni, se si pensa che nel 2008 i dati erano già in preoccupante crescita. Insomma, l’Italia da un decennio risulta ostile ai giovani.

Può essere utile riportare un’altra rilevazione, riportata dalla banca dati Eurostat, così da comprendere meglio come funzionano, qui, le recenti politiche economiche: per ogni euro speso in educazione, l’Italia spende tre euro e cinquanta in pensioni, e per ogni euro speso in università, l’Italia ne spende quarantaquattro in pensioni.

Per fare un po’ di ironia, si potrebbe parlare addirittura di “gerontocrazia”: il potere ai vecchi.

Di fatto, iniziano a crescere gli scontri generazionali, proliferano espressioni come “okay boomer” e termini dispregiativi come “dinosauro”, usati dalla generazione Z per rivolgersi alle vecchie generazioni; comincia a farsi sentire la pressione sociale di una classe giovanile che si vuole liberare di un ingombrante classe dirigente.

All’opposto, bisognerebbe cercare l’incontro, non lo scontro. Tuttavia, per avere l’incontro produttivo è necessario che vengano promosse delle politiche attive e funzionanti per il mondo giovanile. Il premier Mario Draghi, ad esempio, sta cercando di avviare un’agevolazione fiscale per i giovani che decidono di accendere un mutuo per la prima casa. C’è un problema fondamentale: è vero, di solito la prima casa è anche il primo passo per raggiungere l’indipendenza, ma nessuno acquista una casa se non c’è lavoro. Nessuno accende un mutuo se prima non ha certezza lavorativa e, purtroppo, la maggior parte dei ragazzi lavora in nero. E se lavori in nero, si sa, non hai sicurezza sociale. E se non hai sicurezza sociale non acquisti una casa. E allora, magari, non ti resta che aspettare di ereditare qualcosa dai tuoi genitori e mentre aspetti, lo fai proprio nella casa dei tuoi genitori, avvilito e senza speranze.