Campania segreta: Trebula Balliensis
I resti di quest’antica città, prima Sannita e poi Romana, si trovano oggi nel territorio di Treglia, frazione del comune di Pontelatone, in provincia di Caserta.
Arrivarci non è difficile, ma per chi ama la Storia, e questo genere di avventure è emozionante.
Il sito è ancora allo stato selvaggio, cioè, permettetemi questo aggettivo inusuale per delle rovine, intendo dire che non è recintato, né segnalato, se non vagamente.
Tutti sanno che è lì, in zona, e basta chiedere dove sono le rovine, l’area archeologica, e vi indicheranno vagamente: “lassù”, o qualcuno più preciso, “sempre dritto dopo Treglia, e ci siete”.
Non ci sono cartelli, né frecce, ma continuando la strada, con un sentimento di ottimismo e fiducia, al primo bivio che si raggiunge, guardandosi attorno per capire dove andare, si scorge, proprio lì, qualche metro oltre il bivio, un rudere. Osservando meglio, si riconosce il muro romano: ci siamo!
Sono le Terme, si può riconoscere qualche elemento caratteristico, ma il pezzo forte di Trebula, quello che ci ha portato su questi monti del Casertano, alle spalle di Capua e Sant’Angelo in Formis, la Porta megalitica, ancora non si vede. Ma è questione di poco, perché continuando in quella che ormai abbiamo dedotto essere la direzione giusta, si scorgono delle pietre enormi, una sorta di muro a secco gigantesco.
Come già detto, il sito non è recintato, si cammina per un centinaio di metri, e la porta è lì, bellissima, alla fine di un corridoio scavato nel terreno, tra due muri di massi di roccia chiara.
Trebula prese l’attributo di Balliensis, come ci racconta Plinio il vecchio, per non confondersi con altre due città che portavano lo stesso nome. Il suo primo nucleo abitato risale al IX secolo a.C., i suoi fondatori furono gli Osci, uno dei primi popoli italici, e fu poi, dal VI secolo a.C., occupata dai Sanniti, a cui si deve la costruzione della Porta megalitica.
Datata attorno al IV secolo a.C., del tipo “a tenaglia”, ricorda per struttura e mole quella di Micene, la Porta Saracena di Segni, e quella ogivale di Arpino. Potrebbe essere, nel suo genere, la porta megalitica più grande d’Europa.
La città seguì le sorti di molti centri della zona, e durante la II guerra Punica, quando Annibale conquistò tutto quel territorio, passò dalla parte del generale cartaginese; subendone poi, alla sua sconfitta, le conseguenze. Le ritorsioni di Roma, qui, furono meno esose e sanguinarie che a Cales, come vedemmo nell’ articolo pubblicato su Qualcosa di Napoli del 21/9/2017, probabilmente dovute al fatto che Trebula non ricoprisse una grande importanza strategica, nei piani dei Romani.
Fatto sta, che all’epoca di quel grande conflitto, entrambe gli eserciti passarono da qui, e si può quindi supporre che sia Annibale, che Fabio Massimo “il temporeggiatore”, percorsero questo corridoio, passando sotto questa Porta.
Gli scavi archeologici sono avvenuti a più riprese, nei secoli passati. Uno dei primi ad occuparsene, fu l’ambasciatore inglese a Napoli William Hamilton, in due distinte campagne, nel 1758 e nel 1766. Come ci racconta Susan Sontag nel suo bel romanzo “Sotto il vulcano”, questi era un noto predatore di tombe e saccheggiatore di antichità, per cui molti dei reperti trovati nella necropoli, sono scomparsi.
Nel secolo scorso si è recuperato l’edificio delle terme, il teatro e molte tombe ipogee hanno dato alla luce vasellame e statue, ma è solo nel 2007 che viene scoperta la Porta. Del tutto ricoperta da vegetazione e terreno, è nuovamente necessario scavare, ed il tutto è documentato dagli scritti di Domenico Caiazza.
Mi piace ricordare, e mi sembra anche doveroso, che a finanziare queste ultime opere, sono state delle piccole aziende locali: l’Azienda agricola Raffaele Caputo, l’Agriturismo Fontanelle, l’Agriturismo Marinella, il B&B Cristina e il caseificio La Baronia.
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